Lui, il pastrugno, è un po' combattuto: gli dispiace salutare dopo tre anni la sua Sabry, la maestra della scuola materna, però è anche felice di poter poi imparare tante cose... A lui e a tutti i bambini che a settembre inizieranno una nuova piccola grande avventura della loro vita dedico questa storia.
Anselmo va a scuola
Questo è Anselmo. Ha cinque anni e nove mesi, come me.
Siamo nati lo stesso giorno.
Ad Anselmo piacciono le carote, ma soprattutto, quando andiamo in automobile, gli piace viaggiare sul ripiano di dietro, perché si vede meglio che dal finestrino e si possono salutare i cani e i gatti nelle altre macchine.
Una settimana fa, ho dato ad Anselmo la notizia: "Dopo l'estate, cominceremo la scuola". Lui non ha detto niente: ha solo tirato su con il naso e si è aggiustato i pantaloni.
Anselmo è un coniglio di poche parole: io e lui ci intendiamo benissimo a sguardi.
Però, poi, ha piegato l'orecchio sinistro, come quando è un po' agitato.
E io ho capito che c'era bisogno di fare qualcosa.
La nonna ha cucito un vestito nuovo per Anselmo. Giacca e pantaloni rosso fiammante: un completo che sognava da tempo. "Per il tuo primo giorno di scuola" gli ho detto, mentre scartava il pacco regalo. Ha fatto un gran sorriso. E non finiva più di guardarsi allo specchio. Però, poi, mi sono accorto che anche la punta dell'orecchio destro aveva cominciato a piegarsi.
Ho chiesto alla mamma di fare la torta di carote: Anselmo davanti a una torta di carote ritrova coraggio, salute e buon umore.
Una volta, dopo averne mangiate due fette, ha raccontato una barzelletta. Ora non la ricordo: parlava di due scarabei che si incontrano ...
Le barzellette dei conigli sono molto strane. Ma noi abbiamo riso tutti perché eravamo contenti per lui.
La torta, però, non è servita a niente. Cioè, Anselmo l'ha mangiata, e gli è piaciuta, come sempre.
E siccome, come tutti i conigli, è educatissimo, ha fatto anche i complimenti alla cuoca.
Ma si capiva bene che i suoi pensieri erano tristi. Infatti non erano lì, con noi. Ma da un'altra parte. E a giudicare dall'espressione, non doveva proprio essere un bel posto.
Così, di sera, a letto, ho deciso di parlargli: "Anselmo" gli ho detto. "Da qualche giorno mi sembri triste. Ho fatto qualcosa che non va? Ho detto qualcosa che ti ha offeso?"
Lui si è girato verso di me, mi ha stretto e mi ha chiesto se è proprio necessario che ci venga anche lui, a scuola. Aveva i piedi gelati! Così ho pensato: "Un bel viaggio, io e lui da soli: ecco quello che ci vuole". Così, quando tutti se ne sono andati a dormire, siamo sgattaiolati fuori di casa.
Il pomeriggio avevo parcheggiato la mia auto in giardino, davanti alla porta della cucina.
E via! Siamo partiti. Anselmo all'inizio mi pregava di guidare piano. E si è spaventato un po' quando la macchina è decollata. "Perché non mi hai mai detto che la tua macchina vola?" ha protestato. "Mica bisogna dire sempre tutto..." ho risposto io. Infatti, che gusto ci sarebbe?
Poi, però, quando ha visto la città dall'alto con tutte le luci accese, "Guarda!" ha esclamato. "Quella laggiù è casa nostra". Alla fine, è apparsa la scuola. E Anselmo ha ricominciato a tremare.
Adesso è estate, e la sera fa fresco. Così siamo entrati nella scuola attraverso le finestre aperte. Le aule erano tutte blu, per la luce della luna. Volevo mostrare ad Anselmo che posto tranquillo può essere, una scuola.
Con piccoli banchi e bei disegni di animali appesi ai muri. Animali come lui, ma di tutte le parti del mondo.
Ma poi mi sono accorto di una cosa: i banchi non erano vuoti. C'erano sedute delle lettere dell'alfabeto. "Presto comincerà il nuovo anno" ha detto una di loro. "Speriamo che quest'anno non ci capiti un bambino come quel Francesco di prima E" ha detto l'altra. "Dimenticava sempre di mettermi. E non sai che guaio tornare a casa per una lettera perduta: treni, autobus, tram ,,,"
In un'altra aula, due libri confabulavano fra loro. "A pagina 10 ho ancora una ditata di cioccolato dell'anno scorso" si lamentava uno.
"Sei stato fortunato: io sono rimasto un'intera giornata in una cartella con un barattolo di colla" ha detto un altro.
Allora è intervenuto un dizionario. "E io? La pagina del verbo essere non so ancora dove sia finita. Un righello dice che è diventata una barchetta di carta. Chissà ora dove sta navigando".
"Sono bambini, cosa pretendete?" è intervenuto un mappamondo. "Avete idea di quante volte, cascando di mano a uno di loro, dallo spavento mi si è fulminata la lampadina?"
In quel momento, qualcosa ha richiamato la mia attenzione. "Guarda!" ho esclamato.
In mezzo al corridoio fluttuava una luce fioca. "Seguiamola ..." ha sussurrato Anselmo.
In certe occasioni, i conigli possono diventare molto coraggiosi. Così, siamo arrivati nell'aula dei computer. Tutti gli schermi erano accesi.
"Ah, i bambini!" si lamentava un modello nuovo fiammante. "L'altr'anno a mio zio hanno fatto saltare quattro tasti. Quello della A, della B, del 5 e quello del punto e virgola".
E il suo vicino, per consolarlo: "Su, fatti forza. I bambini non lo fanno apposta, sono solo pieni di vita".
"Appunto ..." ha ribattuto l'altro. "E io sono così fragile!"
Ad Anselmo quel computer ha fatto una pena terribile. "Bisogna fare qualcosa" ha mormorato.
Mentre parcheggiavo l'auto, gli si è avvicinato. "Senti, non ti devi preoccupare" ha detto. "E' vero, i bambini sono vivaci. Ma anche molto gentili. Pensa a me: c'è qualcosa di più delicato di un coniglio? E guarda: neanche una scucitura!"
A quelle parole il computer è sembrato rinascere.
E non la finiva più di ringraziare.
In quel momento, però, mi sono accorto di quanto fosse tardi.
Così siamo risaliti in automobile.
Anselmo era più tranquillo che all'andata.
Ha voluto fare due giri capovolti intorno al campanile.
E poi ha cantato la nostra canzone preferita.
E' venuta bene perché in sottofondo si sentivano i grilli.
Stamattina, dopo colazione, con Anselmo siamo andati in giardino a giocare.
Era veramente di buon umore.
L'ho capito dalle orecchie: tutte e due dritte.
Ogni tanto mi schiacciava l'occhio: niente può fare più felice un coniglio di un segreto da mantenere.
Poi, sull'altalena mi ha chiesto se ho già pensato a cosa mettermi il primo giorno di scuola.
A me è venuto un po' da ridere. Ma mi sono trattenuto. Ad Anselmo piace tantissimo parlare di vestiti. Guai, offenderlo.
(Giovanna Zoboli, Simona Mulazzani)