Ti ho amato dal primo istante...

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lunedì 29 febbraio 2016

LA FAVOLA DI MAMMA NATURA

In questi giorni di freddo non freddo, umido e influenze  e raffreddori vari, ci si coccola un po' con un pochino di miele. Ma... cari bambini, sapete chi produce il miele? Lo produce la figlia più piccola di Mamma Natura. 

OGGI MAMMA NATURA NON SI SENTE TANTO BENE: HA UN PO' DI MAL DI TESTA. PERCIO' DECIDE DI MANDARE UN RAGAZZINO IN RIVA AL FIUME A CHIAMARE SUA FIGLIA PIU' GRANDE, TARTARUGA.
«TARTARUGA, TARTARUGA! MAMMA NATURA NON STA BENE! VIENI DA LEI!»
MA TARTARUGA, TUTTA INDAFFARATA, RISPONDE: «RAGAZZINO, NON VEDI CHE HO UNA MONTAGNA DI PANNI SPORCHI DA LAVARE? VERRO' SOLTANTO QUANDO AVRO' FINITO».
IL RAGAZZINO TORNA DA MAMMA NATURA E LE RIFERISCE LA RISPOSTA DI TARTARUGA. 
MAMMA NATURA PENSA CHE TARTARUGA SIA DAVVERO EGOISTA, PERCHE' NON SI OCCUPA DEGLI ALTRI. «CHE LA BACINELLA CON CUI TRASPORTA I PANNI LE RICOPRA LA SCHIENA PER SEMPRE!» DICE MAMMA NATURA FRA SE' E SE'.
ADESSO A MAMMA NATURA E' VENUTA ANCHE LA TOSSE! ALLORA MANDA IL RAGAZZINO NEL BOSCO A CHIAMARE RICCIO, IL SUO SECONDO FIGLIO.
«RICCIO, RICCIO! MAMMA NATURA SI E' AMMALATA! VAI DA LEI!»
MA RICCIO E' COSI' OCCUPATO! INFATTI, STA RACCOGLIENDO DELLE SPINE PER SISTEMARE IL CANCELLO DI CASA. PERCIO' RISPONDE: «RAGAZZINO, NON VEDI CHE HO ANCORA TUTTE QUESTE SPINE DA RACCOGLIERE? DEVO FINIRE PRIMA DI SERA!»
DOPO AVER SENTITO LA RISPOSTA DI RICCIO, MAMMA NATURA E' ANCOR PIU' DISPIACIUTA. NEPPURE RICCIO SI PREOCCUPA PER LEI!
«CHE QUELLE SPINE GLI RICOPRANO IL CORPO PER SEMPRE!» DICE MAMMA NATURA FRA SE' E SE'.
ADESSO LE E' VENUTA ANCHE UN PO' DI FEBBRE! PERCIO' MANDA IL RAGAZZINO IN CAMPAGNA A CHIAMARE RAGNO, IL TERZO FIGLIO, ALLE PRESE CON AGO E FILO: «RAGNO, RAGNO, MAMMA NATURA SI E' AMMALATA! TI PREGO, CORRI DA LEI!»
MA ANCHE RAGNO RISPONDE: «RAGAZZINO, NON VEDI CHE MI STO CUCENDO UNA GIACCA? DEVO FINIRLA PRIMA CHE ARRIVI LA STAGIONE DELLE PIOGGE! POI VERRO'».
MAMMA NATURA INTANTO, ASPETTA LA RISPOSTA DI RAGNO, PERCHE' SENTE CHE LE E' VENUTO PROPRIO UN GRAN FEBBRONE. MA IL RAGAZZINO DEVE RIPETERE LA SOLITA RISPOSTA: «RAGNO E' MOLTO OCCUPATO. HA DETTO CHE VERRA' SOLTANTO QUANDO AVRA' FINITO IL SUO LAVORO!»
MAMMA NATURA ADESSO E' DAVVERO INFELICE: POSSIBILE CHE TUTTI I SUOI FIGLI SIANO COSI' INGRATI? 
«CHE IL FILO DI RAGNO DA ADESSO IN POI SIA COSI' FRAGILE E SOTTILE DA NON POTER PIU' CUCIRE NULLA!»
A QUESTO PUNTO, IL RAGAZZINO HA UN'IDEA: «MAMMA NATURA, PERCHE' NON CHIAMI APE, LA PIU' PICCOLA DELLE TUE FIGLIE? FORSE LEI VERRA'!»
APE E' TUTTA PRESA DAL SUO LAVORO. NELL'INCAVO DI UN ALBERO, CON LA SUA COLLA DORATA, STA UNENDO LE CELLETTE DEL SUO ALVEARE. 
PERO', APPENA SENTE CHE MAMMA NATURA E' AMMALATA, LASCIA TUTTO E CORRE SUBITO DA LEI.
GRAZIE ALLE SUE CURE, MAMMA NATURA GUARISCE PRESTO.
PERCIO' LE DICE: «APE, PICCOLA MIA, TU SI' CHE SEI DAVVERO GENEROSA! ERI MOLTO IMPEGNATA QUANDO TI HO FATTO CHIAMARE, MA HAI LASCIATO IL TUO LAVORO SENZA NEANCHE PENSARCI UN ATTIMO E SEI CORSA DA ME! VEDRAI LA TUA COLLA DIVENTERA' UN MIELE SQUISITO CHE TUTTI I BAMBINI DELLA TERRA VORRANNO, PER CURARSI QUANDO AVRANNO UN PO' DI TOSSE, PER ADDOLCIRE I LORO CIBI PREFERITI E PER ADDORMENTARSI LA SERA, QUANDO SARANNO STANCHI».
E' PER QUESTO, BAMBINI DI TUTTO IL MONDO, CHE VI PIACE TANTO IL MIELE!

sabato 27 febbraio 2016

AMICI NEL MARE

IL PESCE PEDRO E BERNARDO IL PAGURO SONO AMICI. BERNARDO NON SI MUOVE MAI DAL VECCHIO FOSSO, PEDRO INVECE VIVE VICINO ALLO SCOGLIO VERDE.

BERNARDO STA CHIUSO NELLA SUA CONCHIGLIA E PEDRO, CHE UNA VERA CASA NON CE L’HA, ABITA IN UNA GROTTA STRETTA STRETTA. E’ COSI’ PICCOLA CHE C’E’ SPAZIO SOLO PER LUI. ANCHE NELLA CONCHIGLIA DI BERNARDO NON C’E’ POSTO PER NESSUNO.
COSI’ I DUE AMICI NON POSSONO INCONTRARSI PER GIOCARE A CASA DI UNO O DELL’ALTRO. CI VORREBBE UNA CONCHIGLIA PIU’ GRANDE, OPPURE UNA GROTTA DOVE SI POSSA STARE COMODI IN DUE. MA E’ DIFFICILE LA VITA NEL MARE: PUO’ SEMPRE ARRIVARE UN PESCECANE CHE S’INFILA NELLA TANA E TI MANGIA IN UN BOCCONE! PERCIO’ PEDRO E BERNARDO, ANCHE SE SONO GRANDI AMICI, NON S’INCONTRANO MAI: HANNO COSI’ PAURA DEI PESCICANI CHE NON METTONO MAI LA TESTA FUORI DALLA CONCHIGLIA O DALLA TANA. SI SCRIVONO CARTOLINE, E QUALCHE VOLTA UNA LETTERA.
A PORTARLE A DESTINAZIONE CI PENSA PESCE POSTINO, CHE HA UNA DIVISA BELLISSIMA GIALLA E BLU. PESCE POSTINO NON HA PAURA DI ATTRAVERSARE LE STRADE DEL MARE, PERCHE’ CONSEGNA ANCHE LE LETTERE CHE SCRIVONO I PESCICANI, E TUTTI LO LASCIANO PASSARE.
SCRIVE PEDRO: «CARO BERNARDO, OGGI HO FATTO UN PO’ DI PULIZIE, MA NON CI HO MESSO MOLTO PERCHE’ NELLA MIA GROTTA OCCUPO IO TUTTO LO SPAZIO. PERO’ MI SONO GIRATO CON LA CODA AL POSTO DELLA TESTA E LA TESTA AL POSTO DELLA CODA, E LA MIA TANA MI SEMBRA MOLTO PIU’ ORDINATA. TI SALUTO AFFETTUOSAMENTE, TUO PEDRO».
PESCE POSTINO BUSSA ALLA CONCHIGLIA DI BERNARDO IL PAGURO.
-        -  CHI E’?
-         - POSTA!
E CONSEGNA LA LETTERA.
SCRIVE BERNARDO: «CARO PEDRO, SEI MOLTO FORTUNATO A POTER RIORDINARE LA TUA GROTTA. IO NELLA MIA CONCHIGLIA NON POSSO CERTO GIRARMI E RIGIRARMI COME FAI TU. AL MASSIMO POTREI METTERE FUORI LA TESTA, MA NATURALMENTE PREFERISCO NON FARLO. PENSA SE UN PESCECANE PASSASSE DI QUI PROPRIO MENTRE STO LI’ A GUARDARE IL PANORAMA! CON AFFETTO, TUO BERNARDO».
PESCE POSTINO INFILA LA TESTA NELLA TANA DI PEDRO.
-         - CHI E’?
-         - POSTA!
E CONSEGNA LA LETTERA.
PERO’ QUANDO DEVE PORTARE LA POSTA AI PESCICANI, PESCE POSTINO LA METTE NELLA CASSETTA DELLE LETTERE SENZA BUSSARE E FILA VIA PIU’ SVELTO CHE PUO’.
EH SI’, E’ DIFFICILE LA VITA NEL MARE, E NON SEMPRE SI PUO’ FARE QUEL CHE SI VORREBBE. PAZIENZA!  SI PUO’ ESSERE AMICI ANCHE COSI’.
MA UN GIORNO PEDRO E’ PROPRIO STANCO DI STARE NELLA SUA TANA DA SOLO.
«BASTA» DICE FRA SE’. «NON VOGLIO PASSARE TUTTO IL TEMPO CHIUSO QUI CON LA PAURA DEI PESCICANI.» E TIMIDAMENTE METTE IL MUSO FUORI DALLA SUA STRETTISSIMA GROTTA…
CHE MERAVIGLIA! DAVANTI A LUI CI SONO ALGHE, CORALLI, ROCCE, CONCHIGLIE, LUCI COLORATE E SOPRATTUTTO… PESCI! PESCI GRANDI E PICCOLI, PESCI GRASSI E MAGRI, PESCI LUNGHI, CORTI, BELLI, BRUTTI, ALLEGRI E IMMUSONITI, PESCI DI TUTTI I COLORI.
PEDRO ESCE DALLA SUA TANA E SI GUARDA INTORNO. ECCO CHE PASSA UN’ACCIUGA SECCA SECCA E NERVOSETTA.
-         EHI, - DICE PEDRO – MA TU NON HAI PAURA DEI PESCICANI?
L’ACCIUGA SI FERMA UN ATTIMO, CI PENSA SU E POI RISPONDE:
-   - CERTO CHE SI’, MA HO TROPPE COSE DA FARE PER NASCONDERMI TUTTO IL GIORNO.
E FILA VIA SVELTA, COME SE AVESSE UN APPUNTAMENTO. PEDRO E’ STUPITO: E’ VERO, NON SI PUO’ AVER PAURA SEMPRE! COSI’ DECIDE CHE ANDRA’ A TROVARE IL SUO AMICO, LAGGIU’ AL VECCHIO FOSSO.
ED ECCO CHE, DOPO UN PO’, BERNARDO IL PAGURO SENTE BUSSARE ALLA SUA CONCHIGLIA.
«SARA’ PESCE POSTINO» PENSA.
-         - CHI E’?
-         - SONO IO, SONO PEDRO!
-         - PEDRO! – ESCLAMA BERNARDO.
ED E’ COSI’ CONTENTO CHE NON STA PIU’ NELLA CONCHIGLIA.
I DUE AMICI FANNO UN GIROTONDO DI FELICITA’, PERCHE’ E’ BELLO SCRIVERSI LETTERE E CARTOLINE, MA E’ ANCORA PIU’ BELLO GIOCARE INSIEME DENTRO I MILLE COLORI DEL MARE…  ALLA FACCIA DEI PESCICANI!

mercoledì 24 febbraio 2016

ZAMPE DI GALLINA


LA GALLINA GIACOMINA
NON HA MANI, POVERINA
PERCIO'  SCRIVERE NON SA
E NESSUN LA CAPIRA'.
CON DUE ZAMPE LEI NON PUO'
FARE UN BEL CIUFFETTO ALL'O,
NON SA STARE DENTRO AL RIGO
E LE LETTERE COSI'
VANNO A CASO QUI E LI'.
TU PERO' NON SEI GALLINA
E LA TUA BELLA MANINA
CERTO SCRIVERE POTRA'
SENZA ANDAR DI QUA E DI LA'.
SE TU DRITTO SIEDERAI
ED ATTENTO SCRIVERAI
ALLA FINE  DEL QUADERNO
DI SICURO AVRAI IL PERMESSO
DI LASCIARE LA MATITA
PER USARE LA TUA PENNA PREFERITA.

martedì 23 febbraio 2016

La matita di Riccardo

RICCARDO ha sei anni. I suoi pensieri stanno a sei anni d'altezza dal suolo, e i suoi occhi osservano tutt'intorno con lo sguardo dei sei anni. Quando parla, dalla bocca gli escono farfalle che volteggiano liete nell'aria, e si allontanano in fila, dicendosi paroline dolci con i loro colori di sei anni. E le sue mani, dalle dita anch'esse di sei anni, toccano ogni cosa con sei carezze. E sei sospiri sospirano insieme, cullandosi in quel piccolo cuore di sei anni.
Riccardo va a scuola, dove impara a leggere e a scrivere, sì, perché ha sei anni. Prende in mano il libro e ripete ad alta voce, balbettando ogni tanto: - La scimmia Mimì non ha amici. Mimì non è simpatica, non c'è il minimo dubbio.
- Che cosa vuol dire minimo? - chiede Riccardo.
- Minimo vuol dire molto piccolo - gli risponde la maestra.
- Il che significa: non c'è il più piccolo dubbio, quindi è certo, che la scimmia Mimì sia antipatica. Hai capito?
Riccardo fa segno di sì con la testa, e immagina una scimmietta piccina picciò; ma con le orecchie grandi, grandissime.
«E' da lì» pensa lui «che le scappa via tutta la simpatia».
Se lui avesse una scimmia, le farebbe tante coccole, così diventerebbe simpatica. E avrebbe tanti amici.
Riccardo ride col suo riso di sei anni e lo disegna sul quaderno con la matita per disegnare sorrisi. 
Era una matita molto lunga, era bello tenerla in mano. Dico "era", perché adesso è lunga solo tre centimetri: è arrivata quasi alla fine. Quando Riccardo disegnò il suo ultimo sorriso, si ruppe la mina. Così non gli uscì un sorriso, ma una bella risata. Fece la punta alla matita una volta e un'altra ancora, ma la mina si rompeva sempre perché ormai era una matita vecchia.
Era vecchia come il vecchio castagno che si vedeva dalla finestra. Beh ... proprio così vecchia non era, ma sembrava un albero in autunno, quando perde le foglie: la matita perdeva la mina anche se non era autunno. Insomma, alla fine Riccardo restò senza matita.
- MAMMA, mi devi comprare un'altra matita - disse Riccardo appena arrivato a casa. E sua madre gli comprò un'altra matita. Era una matita bellissima, gialla come il sole, rotonda come l'onda del mare. Sua madre la comprò da un venditore ambulante che vendeva, di paese in paese, matite e gomme da cancellare, spolette colorate, saponette profumate, riviste arretrate e palline da ping-pong. E anche i torcetti. Sopra la matita c'era scritta una frase che diceva:
«Matita speciale per bambini di 6 anni»

Era una matita bellissima. Riccardo la ripose tutto contento dentro l'astuccio. Era felice come quando gli avevano regalato la bicicletta nuova, il giorno del suo compleanno: anche quella era una bici speciale per bambini di sei anni, anche se non l'aveva scritto sopra.
QUANDO arrivò a scuola, Riccardo tirò fuori la matita e cominciò a farle la punta con il temperino. E tempera tempera, ecco venir fuori un truciolo lunghissimo come un mantello giallo: era un po' come togliere alla matita un pezzetto di pelle.
La matita si sentiva male a forza di girare, perché era la prima volta che le facevano la punta.
Adesso sopra la matita c'era solo scritto:


«tita speciale per bambini di 6 anni»

perché il "ma" era finito nel cestino insieme al truciolo.

- Forza, cominciamo a lavorare! - disse la maestra. - Scrivete questa frase:


La rosa russa mangia riso.
Che bel sorriso ha questa rosa!

La maestra scrisse la frase sulla lavagna. I bambini e le bambine la scrissero sui loro quaderni. Riccardo la scrisse con la sua matita nuova, speciale per bambini di sei anni.
- Riccardo, leggi che cosa hai scritto - gli disse la maestra.
E il bambino, balbettando un poco perché stava imparando a leggere e non era ancora tanto capace, lesse:
- Il mare è pieno di stelle.
La maestra si arrabbiò un poco: - Io non ho detto così! - esclamò.
Riccardo aveva l'aria di non capire che cosa stava succedendo. E non lo capiva davvero.
- Io non ho scritto così, signora maestra - rispose.
- Silenzio! Non dire bugie! Se l'hai scritto da solo, per questa volta passi. Ma devi scrivere quello che dico io, come fanno tutti quanti. Quindi, non farlo mai più. Avanti, adesso scrivete questo:


Sandro lo sciocco lessa l'orso.
Solo soletto lessa il suo orso.
Che sciocco è Sandro!

- Leggi, Riccardo. Vediamo se questa volta hai scritto giusto - gli ordinò la maestra, con voce minacciosa.
Il bimbo, in mezzo a qualche balbettio perché stava ancora imparando, lesse:
- Quando di notte andrò dalla luna, scenderà una pioggia di stelle.
La maestra si arrabbiò molto più di prima. Strillò. Poi strillò più forte. Agitava le braccia in alto e in basso, come se volesse volare. Ma non spiccava il volo perché non era un'aquila anche se sapeva strillare proprio come un'aquila. 
La maestra disse che la frase di Riccardo era carina, ma non era quella che lei aveva dettato.
Quindi strillò di nuovo, e poi ancora più forte.
Era una maestra che sapeva arrabbiarsi benissimo.
Il bambino la guardava in silenzio. Se ne stava zitto, e intanto pensava.
Guardando il pozzo scuro della sua gola Riccardo immaginava di vedere un quadro con una cornice dorata su cui era dipinto un corsaro che gridava a squarciagola: 
«ALL'ARREMBAGGIO!!!»
RICCARDO chiese scusa con i suoi sei anni:
- Signora maestra, io volevo scrivere quello che lei ha dettato, ma la matita ha scritto un'altra cosa.
- E così tu avresti una matita disubbidiente che non fa quello che le dici, eh? - lo prese in giro la maestra. 
- Vediamo un po' se continua a disubbidire. Scrivi questo:


Mamma e Mirella
mangiano la mela
mentre Emma è molto malata.

Il bambino di sei anni scrisse tutte quelle emme. Uh, che fatica! Gli sembrava di essere un alpinista mentre scala la montagna.

LA MATITA lasciava sulla pagina le sue tracce grigio cenere. Era come se la punta perdesse sangue da quell'unico dito di mina.
- Fammi vedere che cosa hai scritto!
E senza dargli tempo, la maestra gli strappò il quaderno dalle mani e lesse:
- C'era una volta un vento elegantone che adorava i lecca-lecca al limone.
Tutti i bambini e le bambine della classe sorrisero, immaginando un vento molto raffinato che aveva il gusto di limone.
Pensavano che, quando quel vento elegantone avesse soffiato, avrebbero tirato fuori la lingua, e sarebbe stato come leccare una caramella al limone.
Ma la mestra non aveva l'acquolina in bocca, anzi, strillava ancora più forte: - Ma per chi mi hai preso? Pensavi davvero che ci sarei cascata? Lo so, l'hai fatto apposta; una matita non può scrivere quello che vuole lei!
Gli prese la matita e la mostrò a tutta la classe dicendo: - Bambini, bambine, ecco qui la famosa matita di Riccardo. Adesso vi farò vedere che scrive quello che io voglio che scriva e non una cosa diversa.
RICCARDO era rosso di vergogna. Lo mandava su tutte le furie l'idea che la maestra pensasse che voleva prenderla in giro, quando non era vero.
Gli occhi del bambino si riempirono di lacrime.
- Su, non fare quella faccia e stai bene attento - gli disse la maestra. - Adesso scriverò con la tua matita:


Timoteo, tieni il tuo tè.
Tre tazze di tè per te.

La maestra scrisse su un foglio di carta quello che aveva detto. Appena ebbe finito diede a Riccardo il foglio dicendogli: - Su, leggi! E fai bene attenzione a quello che dici, perché so perfettamente che cosa ho scritto.
Riccardo balbettava e farfugliava. Non sapeva ancora leggere bene. E poi era molto triste e gli era venuto il singhiozzo. Dunque lesse, quasi senza rendersene conto:
- Non mi piace scrivere sciocchezze.

Per poco la maestra non scoppiò dalla rabbia. Gli strappò di mano il foglio. Tirò così forte che ne stracciò un angolino. 

RICCARDO era d'accordo con quello che diceva la sua matita: è sciocco bere il tè in tre tazze.

Quindi l'arrabbiatura della maestra non lo preoccupava tanto: era contento che la sua matita fosse così sveglia.

LA MAESTRA lanciava fuoco e fiamme dagli occhi, dalla bocca, dalle orecchie, dai bottoni della camicetta e anche dal naso. Sembrava un drago infuriato. Allora, lanciando fuoco e fiamme, lesse a voce altissima, tanto alta da arrivare fino al soffitto: 
- NON MI PIACE SCRIVERE SCIOCCHEZZE.

Poiché leggeva in fretta, non fece in tempo ad accorgersi di quello che stava leggendo se non dopo essere arrivata fino in fondo. Perché, in effetti, sul foglio c'era scritto proprio così.

La maestra s'infuriò così tanto che diventò rossa come un semaforo rosso.
E passò un bel po' di tempo prima che ritornasse verde.
Alla fine dovette riconoscere, davanti a tutti quanti, che la matita di Riccardo non scriveva quello che le veniva comandato ma quello che voleva lei.

LA NOTIZIA si diffuse per tutta la scuola: «RICCARDO HA UNA MATITA CHE SCRIVE QUELLO CHE VUOLE». Tutti volevano scrivere con quella matita. Davanti alla porta della classe si formò una coda molto luuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuunga di bambini e bambine che volevano scrivere con la matita speciale per bambini di sei anni.

Alcuni gli offrivano tre biglie colorate per poter scrivere anche una sola parola. Altri gli offrivano una caramella quasi nuova. Alcuni non gli offrivano niente perché non avevano niente, ma gli promettevano che, quando avessero avuto un biscotto ricoperto di cioccolato, gli avrebbero lasciato leccare il cioccolato.

- Dai, Riccardo, lasciami scrivere una parolina soltanto - gli chiese un suo compagno.

Riccardo disse di sì. Il bambino voleva scrivere CIAO, tutto maiuscolo, e cominciò a scriverlo mettendoci tutta la sua attenzione. Ma la matita non scrisse CIAO, bensì sternocleidomastoideo, tutto minuscolo.

- Sterno... che? - chiese il bimbo a Riccardo: era convinto che, essendo lui il padrone della matita, dovesse saperlo per forza.
- Non lo so - rispose Riccardo. - Cerca di scrivere una parola più facile.

Il ragazzino se ne andò gongolando, tutto fiero di aver scritto una parola così complicata.

RICCARDO fece di nuovo la punta alla matita. La temperava piano piano, per consumarla il meno possibile.

- Lasciami fare un disegnino, uno solo - supplicò un suo amico.
- Tieni, ma fallo piccino, altrimenti si consuma la mina.

Il bambino, tirando fuori la lingua perché voleva disegnarlo bene, fece un pesce a forma di pesce. Ma la matita tratteggiò una calcolatrice a forma di racchetta da tennis.

Il bambino era così contento di disegnare con la matita di Riccardo che cominciò a saltellare per la gioia. Ma urtò contro il banco e, senza farlo apposta, fece cadere per terra la matita e la mina si ruppe.

RICCARDO fece la punta ancora tre o quattro volte alla matita speciale per bambini di sei anni. E ne uscirono tre o quattro trucioli gialli, simili a farfalle, che si addormentarono dolcemente sul banco.

Sul banco di Riccardo fioccava una polverina grigia come la cenere: forse la matita lasciava cadere sogni non ancora sognati.

- Non voglio più farle la punta -  disse Riccardo tutt'a un tratto - altrimenti resterò senza matita. Guardate com'è ridotta.

E il bambino additò la scritta che c'era sulla matita e che ora diceva soltanto:


«er bambini di 6 anni»

Ripose la matita nell'astuccio, perché nessun altro potesse usarla. Ma i suoi compagni insistevano, e la coda di bambini che aspettavano di poter scrivere diventava sempre più lunga.

In quel mentre trillò la campanella e, in un battibaleno, tutti scapparono via: era ora della ricreazione.

RICCARDO restò solo in classe e tirò un sospiro di sollievo: che fatica essere il padroncino di una matita che non  scrive quello che le viene comandato ma quello che vuole lei!
Guardò bene dappertutto per accertarsi che non ci fosse nessuno in giro. Tirò fuori la matita dall'astuccio e volle scrivere:

Come è bello
avere una matita
che scrive quello che vuole lei.

Ma la matita non scrisse questo, ma quest'altro:

Come mi piace
stare nella mano
di un bambino di sei anni.

Allora Riccardo, che era a sei anni di distanza dal giorno in cui nacque, prese in mano la matita con amore, e l'accarezzò dolcemente. La strinse in un abbraccio interminabile con le sue tenere dita di sei anni. La guardò con sei quintali di dolcezza e le rivolse un sorriso affettuoso di sei anni d'allegria.