IL PAESE all’incontrario
C’è,
nel mondo, un paese dove tutto funziona al contrario: i topi fanno le fusa in
braccio alle persone mentre i gatti stanno nascosti nelle fogne; i cani
pascolano nei prati brucando l’erba mentre le mucche stanno a casa a fare la
guardia, quelle poche volte che le case si fermano, perché le case spesso hanno
le ruote e servono per spostarsi di qua e di là. Per stare fermi, invece, si
prendono il treno, l’autobus o la macchina e ci si vive dentro comodi comodi
perché non si muovono.
Questo
paese si chiama Eseap e si trova in un’isola che sta sempre al di là
dell’orizzonte così non lo puoi raggiungere mai, perché quando tu ti sposti
anche lui si sposta e neanche tutte le navi del mondo lo possono toccare e
neanche tutte le Maserati biturbo, se inventassero le Maserati biturbo
galleggianti.
Gli
abitanti di Eseap sono contenti di abitare al di là dell’orizzonte perché così
nessuno li va a trovare e possono fare tutto a modo loro: cioè tutto al
contrario di quello che facevano ai tempi in cui Eseap si chiamava Paese.
I
vecchi ancora si ricordano quel tempo lontano, ma vanno a scuola per
disimparare com’era la vita prima. Più sono vecchi più devono andare a scuola,
obbedire ai loro figli e stare buoni. A sessant’anni si fa la prima elementare,
perché è un’età in cui si sanno una quantità di cose sbagliate. A sei anni,
invece, si è giovani come Eseap e quindi si ricoprono i ruoli più importanti.
Dei più piccoli è tutto il potere.
Il
sindaco si chiama Birichino e ha sei anni e mezzo. Il giudice è una ragazza di
sette anni e si chiama Ninin.
Il
consiglio dei sette saggi è composto di tre maschi, tre femmine e un bruco, ma
il bruco è la loro mascotte. I sette saggi, tutti tranne il bruco, hanno cinque
anni già in altre cinque vite, fin dall’antichità e nel Medioevo, quando Eseap
era ancora teatro di grandi ingiustizie, e sanno e non sanno un sacco di cose
importantissime. Sono loro che prendono le grandi decisioni quotidiane per la
comunità.
Per
esempio quanti soldi bisogna dare ai bambini-lavoratori nelle fabbriche e nei
campi, tutte le sere prima che ritornino a autobus, o a treno, o a macchina,
correndo sulle loro casemobili.
Ogni
bambino riceve i soldi come fossero i voti di scuola: dieci soldi a chi ha
fatto tutto bene, e via via a scendere fino ad arrivare a un soldo di paga per
chi ha sbagliato tutto o si è addormentato sulle sue mansioni.
Un
soldo almeno è garantito per tutti quelli che sono andati al lavoro, così
possono mantenere i loro genitori, comprare loro i libri, i giocattoli, la
cartella e dal la pappa ai topini siamesi.
La
vita a Eseap scorre tranquilla anche se sono i fiori a innaffiare i giardinieri
e i malati a curare i dottori, ma un giorno succede una cosa davvero
bruttissimissima. Così brutta che fa arricciare la barba ai vecchi e i nasi ai
bambini. Succede precisamente che la contessa Michelangela Michelotto “che
quando è crudo lo vuole cotto” (questo è il motto scritto sullo stemma del suo
casato),volando sul suo aereosalotto a trenta posti più una stiva per la
servitù, siccome si è annoiata di
annoiarsi, guarda giù dal finestrino proprio nel momento in cui Eseap sbuca
dalle nuvole del mattino e splende come una gemma sul suo segmento di
orizzonte.
-
Che
bel paese, che bell’isola, ih oh uh che postuccio carino – grida forte la
contessa. E le sue amiche che sono state invitate per annoiarsi con lei urlano
tutte: - Ah ah ah che bellineria, che carinata che puccipucci e che piccipicci.
Agli
ordini della contessa le hostess tappano le bottiglie di champagne e il pilota
si abbassa in picchiata, perché i signori possano vedere meglio.
La
Michelangela Michelotto “che quand’è crudo lo vuole cotto”, guarda e riguarda e
vede i fiori che spruzzano come fontane luminose, i topi puliti puliti che se
ne vanno in giro coi fiocchi e i collarini, i vecchi contenti coi grembiulini
azzurri e rosa che giocano a girotondo intorno ad alberi con le foglie marroni
e i tronchi verdi, le fabbriche tutte allegre e piene zeppe di bambini con la
tuta blu e bambine con la tuta blu anche loro, che lavorano poco ma bene e
negli intervalli si scorpacciano biscotti e marmellate, mentre qualcuno legge a
turno una poesia su qualsiasi cosa.
Accidenti,
pensa la contessa Michelotto che a pensare non è tanto abituata, sta a vedere
che questa è l’isola della felicità e quegli scemi dei miei filosofi, con tutti
i soldi che passo loro ogni venerdì, mi dicevano sempre che non c’era. Quanto
mi piace. Quanto mi innamora. Voglio venire qui ad abitare e così sarò felice
anch’io, non sarò più triste nemmeno un momentino e mi andrà via dagli occhi
tutta la maledetta noia.
Detto
fatto, anzi pensato ordinato, la contessa fa atterrare il pilota e
l’aereosalotto si posa nel cortile della scuola comunale. Appena scesa, con il
suo contorno di amiche e di amici, Michelangela Michelotto incomincia a
chiedere a gran voce: - Chi è il padrone qui, chi è il padrone, quanto costa
tutto questo, tutta questa bella robina? Voglio comprare tutto, ogni fiore ogni
topo ogni panchina.
I
vecchi, che erano a scuola a disimparare, escono in cortile e la guardano
curiosi mentre tira fuori un miliardo di miliardi dalla sua banca da viaggio e
canticchia un po’ stonata ma contenta: - Io sono così, io sono qui, son la
contessa Michelotto che quand’è crudo lo vuole cotto, ma se le piace non vi dà
pace … bell’è visto bell’è comprato, bell’è visto e bell’è comprato …!
A
un certo punto si fa avanti Tommaso che ha quasi settant’anni e sta appena
all’asilo, quindi non ha ancora disimparato granché e sa ancora riconoscere il
profumo dei miliardi. Timido timido, ma senza un errore, dice: - Voli pure via
contessa Michelotto, Eseap è di tutti e quindi non è di nessuno, e quindi lei
non se la può comprare. – Come! – dice la contessa infilando cento milioni nel
grembiulino di Tommaso. – Se Eseap è di tutti, dividetevi i soldi, ce n’è da
far diventare ricca una nazione anche molto più grossa.
Tommaso
restituisce i cento milioni ma non sa più che cosa dire e guarda inebetito
Mariacipolla che è la sua maestra, e ha nove anni e sa spiegarsi meglio. – Noi
di soldi abbiamo i nostri, contessa delle mie babbucce – dice Mariacipolla – e
tanti soldi non li può avere nessuno, perché c’è il limite del possesso che è
cento e chi ha più di cento soldi, quelli in più li deve restituire: perché,
scolaretti, li deve restituire?
Tutti
i vecchi con il grembiulino dell’asilo e delle elementari e gli adulti delle
medie e del liceo, rispondono con un bel coro: - Perché i soldi servono finché
servono e quando sono serviti non servono più.
La
maestra batte le mani soddisfatta. Tutti tornano in classe, dopo aver fatto un
bell’inchino e la contessa, che non ha capito niente, scornata, se ne ritorna
nell’aereosalotto. Ma le contesse scornate non sanno stare. Così la contessa
Michelotto “che quand’è crudo lo vuole cotto” smania nel suo palazzo a forma di
universo; per merenda fa riempire di panna tutte le sue piscine ma le viene il
singhiozzo. Allora fa una doccia di bicarbonato. E tutti si disperano. – Ohi
ohi ohi – piange la contessa – era da tanti anni che non avevo un vero
desiderio, come quelli che ha la gente che non ha tutto. Desideravo tanto avere
un desiderio e adesso che ce l’ho: lo voglio, lo voglio, lo voglio!
La
terza volta che la contessa dice “lo voglio”, tutto l’esercito personale del
contado si mette in stato di allerta.
Torna
a volare su Eseap la contessa, ma questa volta con tanti aeroplani tutti pieni
di persone armate.
Uno
dopo l’altro tutti gli aeroplani atterrano nelle strade e nelle piazze di
Eseap, laggiù dietro l’orizzonte. E occupano tutto quanto, tenendo un mazzo di
fucili in ogni mano. Per ultimo scende l’aereosalotto e la contessa
Michelangela Michelotto si mette a passeggiare con la sua corte di amici e di
amiche, tutte con il vestito uguale al suo ma un po’ più brutto. Tutti fanno
“ah” e fanno “oh” e dicono “ma guarda com’è caratteristico”, e poi dicono “ma
in questo paese va proprio tutto al contrario”.
L’invasione
agli Eseappesi non piace, così i bambini scioperano per protesta e i grandi non
vanno a scuola. Le fabbriche sono ferme. Nei campi spunta la gramigna. I topi
sono nervosi e i gatti spuntano dalle fogne miagolando.
Il
sindaco Birichino si mette la fascia gialla a pallini azzurri delle cerimonie
ufficiali e va a incontrare la contessa e la sua banda di invasori. – Un
sindaco bambino – grida la contessa beata, e tutti i suoi amici si mettono a
fare “ah” e “uh” e tutti dicono “com’è dolce!” e “com’è caratteristico” e
“presto, presto, dobbiamo raccontarlo a tutto il mondo”.
Il
sindaco, visto come stanno le cose, non dice nemmeno una parola del discorso
che si era preparato. Schiva un buffetto, dribbla una scaruffatina sui capelli
e, inseguito da un coro sinistro di “quant’è cariiiiinooo!”, scappa via.
Il
suo discorso, per chi lo volesse sapere, era questo: - A nome di tutta la
popolazione di Eseap prego la contessa con tutti i suoi amici, di andarsene di
qui, perché nessuno l’ha invitata.
Nell’aula
più grande della scuola il sindaco ha convocato tutta la popolazione e tutti i
saggi, c’è anche Ninin con la sua toga azzurra e il capo della Polizia (Pippi)
con la sua divisa rossa. – Bambine e bambini, signore e signori – dice il
sindaco – per fare fronte ai tragici eventi determinati dell’arrivo di quella
brutta scopa puzzona della contessa Michelangela Michelotto (applausi), devo
chiedere a voi tutti un terribile sforzo, un sacrificio davvero straordinario …
Intanto
la contessa ha fatto sapere a tutto il mondo che a Eseap c’è quel giacimento
imprevisto di stranezze e strambità, un vero miracolo per una terra che è ormai
tutta uguale, tanto che annoiarsi a Nairobi non è poi tanto diverso che
annoiarsi a Londra oppure a Singapore. – Qui non mi sono ancora annoiata – ha
fatto sapere la contessa e subito sono arrivati mille aerei charter pieni di turisti. E con i
turisti i giornalisti e con i giornalisti i giornalai e con i giornalai gli
albergatori e la televisione e gli studiosi di posti strani con i loro allievi
…
Tutti
scattano fotografie a tutto. Tutti cercano cartoline e non le trovano perché a
Eseap nessuno parte e nessuno torna e nessuno deve far vedere dove è stato. A
Eseap le cartoline non esistono e neanche i negozi di ricordini e i mercanti e
i francobolli. Ma i turisti non si arrabbiano, pensano che li costruiranno
loro. I più ricchi fanno arrivare i muratori e gli architetti perché a Eseap
vogliono farsi costruire una casa, un teatro, una piscina e una strada privata.
Ma
all’ora X, scatta il piano di emergenza proposto dal sindaco e approvato da
tutta la popolazione: all’improvviso, la mattina dopo la decisione dell’assemblea
di tutti quanti, i bambini di Eseap escono di casa col grembiulino e la
cartella e vanno a scuola. I genitori, ridacchiando per nascondere la paura di
sbagliare, vanno a lavorare nelle fabbriche e nei campi. I topi vengono
nascosti nelle cantine e non sono tanto contenti ma pazienza. I gatti sono
costretti a prendere le carezze e a girare a muso in su per le strade. Le
mucche, stordite dalla novità, provano a pascolare. I cani, dopo aver
protestato un po’, si lasciano legare alla catena e fanno finta di fare la
guardia alle case, cui, di notte, hanno smontato le ruote, per montarle,
all’alba, sotto gli autobus e sotto le macchine. Nel palazzo del sindaco
nell’ufficio del sindaco sulla sedia del sindaco, siede, tutto emozionato, il
vecchio Tommaso e non tocca niente e cerca di stare buono come gli ha
raccomandato il suo nipotino.
Il
vero sindaco, per una volta, siede in un banco della prima elementare ed è
anche contento di passare un po’ di tempo a riposarsi senza dover prendere
importanti decisioni.
I
giardinieri imparano a bagnare i fiori e i fiori, che non sono abituati,
starnutiscono, ma non succede niente di più grave. Il piano funziona a
meraviglia.
Eseap
sembra di nuovo un paese come tutti gli altri. La contessa è di nuovo annoiata
e i turisti incominciano a ripartire. Salgono spingendosi sui loro aerei e
tutti dicono: - Questa Eseap è una gran fregatura. Mi diverto di più a Cortina.
– E io a Malindi. – E io a Malibù. – E io a Riccione.
In
poche ore sono tutti andati via.
Gli
abitanti di Eseap, bambini e grandi, per trenta ore di fila puliscono il paese
dalle cartacce, dalle lattine, dalle bucce, dai rollini vuoti, dalle scemenze a
rotelle e da tutto il resto. Raddrizzano i fiori raffreddati, puliscono l’aria
con l’aspirasmog e lavano le strade col sapone. Quando hanno finito sono
stanchi ma felici.
Il
sindaco dichiara il giorno della cacciata dei turisti festa nazionale. E tutti
quanti fanno un ballo in piazza, indossando il costume delle grandi occasioni:
i pantaloni nelle braccia e la camicia al posto dei calzoni, le calze in testa
e nei piedi il cappello … e la cravatta dove se la mettono?
Prova
a indovinarlo tu.
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