Ti ho amato dal primo istante...

Ti ho amato dal primo istante...

mercoledì 23 novembre 2016

IL PAESE ALL'INCONTRARIO

Da ieri il mio pastrugno ha adesso da leggere un libro davvero molto bello. A lui piace, come a tutti i bambini, perchè è molto simpatico, ma a me come mamma fa riflettere molto e mi chiedo ora: perchè ci facciamo spesso la guerra per il denaro?  E' un bel libro... grazie all'autrice Lidia Ravera per averlo scritto. Buona lettura a voi che visitate questo blog dedicato a mio figlio e a tutti i bambini...


IL PAESE all’incontrario

C’è, nel mondo, un paese dove tutto funziona al contrario: i topi fanno le fusa in braccio alle persone mentre i gatti stanno nascosti nelle fogne; i cani pascolano nei prati brucando l’erba mentre le mucche stanno a casa a fare la guardia, quelle poche volte che le case si fermano, perché le case spesso hanno le ruote e servono per spostarsi di qua e di là. Per stare fermi, invece, si prendono il treno, l’autobus o la macchina e ci si vive dentro comodi comodi perché non si muovono.
Questo paese si chiama Eseap e si trova in un’isola che sta sempre al di là dell’orizzonte così non lo puoi raggiungere mai, perché quando tu ti sposti anche lui si sposta e neanche tutte le navi del mondo lo possono toccare e neanche tutte le Maserati biturbo, se inventassero le Maserati biturbo galleggianti.
Gli abitanti di Eseap sono contenti di abitare al di là dell’orizzonte perché così nessuno li va a trovare e possono fare tutto a modo loro: cioè tutto al contrario di quello che facevano ai tempi in cui Eseap si chiamava Paese.
I vecchi ancora si ricordano quel tempo lontano, ma vanno a scuola per disimparare com’era la vita prima. Più sono vecchi più devono andare a scuola, obbedire ai loro figli e stare buoni. A sessant’anni si fa la prima elementare, perché è un’età in cui si sanno una quantità di cose sbagliate. A sei anni, invece, si è giovani come Eseap e quindi si ricoprono i ruoli più importanti. Dei più piccoli è tutto il potere.
Il sindaco si chiama Birichino e ha sei anni e mezzo. Il giudice è una ragazza di sette anni e si chiama Ninin.
Il consiglio dei sette saggi è composto di tre maschi, tre femmine e un bruco, ma il bruco è la loro mascotte. I sette saggi, tutti tranne il bruco, hanno cinque anni già in altre cinque vite, fin dall’antichità e nel Medioevo, quando Eseap era ancora teatro di grandi ingiustizie, e sanno e non sanno un sacco di cose importantissime. Sono loro che prendono le grandi decisioni quotidiane per la comunità.
Per esempio quanti soldi bisogna dare ai bambini-lavoratori nelle fabbriche e nei campi, tutte le sere prima che ritornino a autobus, o a treno, o a macchina, correndo sulle loro casemobili.
Ogni bambino riceve i soldi come fossero i voti di scuola: dieci soldi a chi ha fatto tutto bene, e via via a scendere fino ad arrivare a un soldo di paga per chi ha sbagliato tutto o si è addormentato sulle sue mansioni.
Un soldo almeno è garantito per tutti quelli che sono andati al lavoro, così possono mantenere i loro genitori, comprare loro i libri, i giocattoli, la cartella e dal la pappa ai topini siamesi.
La vita a Eseap scorre tranquilla anche se sono i fiori a innaffiare i giardinieri e i malati a curare i dottori, ma un giorno succede una cosa davvero bruttissimissima. Così brutta che fa arricciare la barba ai vecchi e i nasi ai bambini. Succede precisamente che la contessa Michelangela Michelotto “che quando è crudo lo vuole cotto” (questo è il motto scritto sullo stemma del suo casato),volando sul suo aereosalotto a trenta posti più una stiva per la servitù, siccome si è annoiata  di annoiarsi, guarda giù dal finestrino proprio nel momento in cui Eseap sbuca dalle nuvole del mattino e splende come una gemma sul suo segmento di orizzonte.
-         Che bel paese, che bell’isola, ih oh uh che postuccio carino – grida forte la contessa. E le sue amiche che sono state invitate per annoiarsi con lei urlano tutte: - Ah ah ah che bellineria, che carinata che puccipucci e che piccipicci.
Agli ordini della contessa le hostess tappano le bottiglie di champagne e il pilota si abbassa in picchiata, perché i signori possano vedere meglio.
La Michelangela Michelotto “che quand’è crudo lo vuole cotto”, guarda e riguarda e vede i fiori che spruzzano come fontane luminose, i topi puliti puliti che se ne vanno in giro coi fiocchi e i collarini, i vecchi contenti coi grembiulini azzurri e rosa che giocano a girotondo intorno ad alberi con le foglie marroni e i tronchi verdi, le fabbriche tutte allegre e piene zeppe di bambini con la tuta blu e bambine con la tuta blu anche loro, che lavorano poco ma bene e negli intervalli si scorpacciano biscotti e marmellate, mentre qualcuno legge a turno una poesia su qualsiasi cosa.
Accidenti, pensa la contessa Michelotto che a pensare non è tanto abituata, sta a vedere che questa è l’isola della felicità e quegli scemi dei miei filosofi, con tutti i soldi che passo loro ogni venerdì, mi dicevano sempre che non c’era. Quanto mi piace. Quanto mi innamora. Voglio venire qui ad abitare e così sarò felice anch’io, non sarò più triste nemmeno un momentino e mi andrà via dagli occhi tutta la maledetta noia.
Detto fatto, anzi pensato ordinato, la contessa fa atterrare il pilota e l’aereosalotto si posa nel cortile della scuola comunale. Appena scesa, con il suo contorno di amiche e di amici, Michelangela Michelotto incomincia a chiedere a gran voce: - Chi è il padrone qui, chi è il padrone, quanto costa tutto questo, tutta questa bella robina? Voglio comprare tutto, ogni fiore ogni topo ogni panchina.
I vecchi, che erano a scuola a disimparare, escono in cortile e la guardano curiosi mentre tira fuori un miliardo di miliardi dalla sua banca da viaggio e canticchia un po’ stonata ma contenta: - Io sono così, io sono qui, son la contessa Michelotto che quand’è crudo lo vuole cotto, ma se le piace non vi dà pace … bell’è visto bell’è comprato, bell’è visto e bell’è comprato …!
A un certo punto si fa avanti Tommaso che ha quasi settant’anni e sta appena all’asilo, quindi non ha ancora disimparato granché e sa ancora riconoscere il profumo dei miliardi. Timido timido, ma senza un errore, dice: - Voli pure via contessa Michelotto, Eseap è di tutti e quindi non è di nessuno, e quindi lei non se la può comprare. – Come! – dice la contessa infilando cento milioni nel grembiulino di Tommaso. – Se Eseap è di tutti, dividetevi i soldi, ce n’è da far diventare ricca una nazione anche molto più grossa.
Tommaso restituisce i cento milioni ma non sa più che cosa dire e guarda inebetito Mariacipolla che è la sua maestra, e ha nove anni e sa spiegarsi meglio. – Noi di soldi abbiamo i nostri, contessa delle mie babbucce – dice Mariacipolla – e tanti soldi non li può avere nessuno, perché c’è il limite del possesso che è cento e chi ha più di cento soldi, quelli in più li deve restituire: perché, scolaretti, li deve restituire?
Tutti i vecchi con il grembiulino dell’asilo e delle elementari e gli adulti delle medie e del liceo, rispondono con un bel coro: - Perché i soldi servono finché servono e quando sono serviti non servono più.
La maestra batte le mani soddisfatta. Tutti tornano in classe, dopo aver fatto un bell’inchino e la contessa, che non ha capito niente, scornata, se ne ritorna nell’aereosalotto. Ma le contesse scornate non sanno stare. Così la contessa Michelotto “che quand’è crudo lo vuole cotto” smania nel suo palazzo a forma di universo; per merenda fa riempire di panna tutte le sue piscine ma le viene il singhiozzo. Allora fa una doccia di bicarbonato. E tutti si disperano. – Ohi ohi ohi – piange la contessa – era da tanti anni che non avevo un vero desiderio, come quelli che ha la gente che non ha tutto. Desideravo tanto avere un desiderio e adesso che ce l’ho: lo voglio, lo voglio, lo voglio!
La terza volta che la contessa dice “lo voglio”, tutto l’esercito personale del contado si mette in stato di allerta.
Torna a volare su Eseap la contessa, ma questa volta con tanti aeroplani tutti pieni di persone armate.
Uno dopo l’altro tutti gli aeroplani atterrano nelle strade e nelle piazze di Eseap, laggiù dietro l’orizzonte. E occupano tutto quanto, tenendo un mazzo di fucili in ogni mano. Per ultimo scende l’aereosalotto e la contessa Michelangela Michelotto si mette a passeggiare con la sua corte di amici e di amiche, tutte con il vestito uguale al suo ma un po’ più brutto. Tutti fanno “ah” e fanno “oh” e dicono “ma guarda com’è caratteristico”, e poi dicono “ma in questo paese va proprio tutto al contrario”.
L’invasione agli Eseappesi non piace, così i bambini scioperano per protesta e i grandi non vanno a scuola. Le fabbriche sono ferme. Nei campi spunta la gramigna. I topi sono nervosi e i gatti spuntano dalle fogne miagolando.
Il sindaco Birichino si mette la fascia gialla a pallini azzurri delle cerimonie ufficiali e va a incontrare la contessa e la sua banda di invasori. – Un sindaco bambino – grida la contessa beata, e tutti i suoi amici si mettono a fare “ah” e “uh” e tutti dicono “com’è dolce!” e “com’è caratteristico” e “presto, presto, dobbiamo raccontarlo a tutto il mondo”.
Il sindaco, visto come stanno le cose, non dice nemmeno una parola del discorso che si era preparato. Schiva un buffetto, dribbla una scaruffatina sui capelli e, inseguito da un coro sinistro di “quant’è cariiiiinooo!”, scappa via.
Il suo discorso, per chi lo volesse sapere, era questo: - A nome di tutta la popolazione di Eseap prego la contessa con tutti i suoi amici, di andarsene di qui, perché nessuno l’ha invitata.
Nell’aula più grande della scuola il sindaco ha convocato tutta la popolazione e tutti i saggi, c’è anche Ninin con la sua toga azzurra e il capo della Polizia (Pippi) con la sua divisa rossa. – Bambine e bambini, signore e signori – dice il sindaco – per fare fronte ai tragici eventi determinati dell’arrivo di quella brutta scopa puzzona della contessa Michelangela Michelotto (applausi), devo chiedere a voi tutti un terribile sforzo, un sacrificio davvero straordinario …
Intanto la contessa ha fatto sapere a tutto il mondo che a Eseap c’è quel giacimento imprevisto di stranezze e strambità, un vero miracolo per una terra che è ormai tutta uguale, tanto che annoiarsi a Nairobi non è poi tanto diverso che annoiarsi a Londra oppure a Singapore. – Qui non mi sono ancora annoiata – ha fatto sapere la contessa e subito sono arrivati mille aerei charter pieni di turisti. E con i turisti i giornalisti e con i giornalisti i giornalai e con i giornalai gli albergatori e la televisione e gli studiosi di posti strani con i loro allievi …
Tutti scattano fotografie a tutto. Tutti cercano cartoline e non le trovano perché a Eseap nessuno parte e nessuno torna e nessuno deve far vedere dove è stato. A Eseap le cartoline non esistono e neanche i negozi di ricordini e i mercanti e i francobolli. Ma i turisti non si arrabbiano, pensano che li costruiranno loro. I più ricchi fanno arrivare i muratori e gli architetti perché a Eseap vogliono farsi costruire una casa, un teatro, una piscina e una strada privata.
Ma all’ora X, scatta il piano di emergenza proposto dal sindaco e approvato da tutta la popolazione: all’improvviso, la mattina dopo la decisione dell’assemblea di tutti quanti, i bambini di Eseap escono di casa col grembiulino e la cartella e vanno a scuola. I genitori, ridacchiando per nascondere la paura di sbagliare, vanno a lavorare nelle fabbriche e nei campi. I topi vengono nascosti nelle cantine e non sono tanto contenti ma pazienza. I gatti sono costretti a prendere le carezze e a girare a muso in su per le strade. Le mucche, stordite dalla novità, provano a pascolare. I cani, dopo aver protestato un po’, si lasciano legare alla catena e fanno finta di fare la guardia alle case, cui, di notte, hanno smontato le ruote, per montarle, all’alba, sotto gli autobus e sotto le macchine. Nel palazzo del sindaco nell’ufficio del sindaco sulla sedia del sindaco, siede, tutto emozionato, il vecchio Tommaso e non tocca niente e cerca di stare buono come gli ha raccomandato il suo nipotino.
Il vero sindaco, per una volta, siede in un banco della prima elementare ed è anche contento di passare un po’ di tempo a riposarsi senza dover prendere importanti decisioni.
I giardinieri imparano a bagnare i fiori e i fiori, che non sono abituati, starnutiscono, ma non succede niente di più grave. Il piano funziona a meraviglia.
Eseap sembra di nuovo un paese come tutti gli altri. La contessa è di nuovo annoiata e i turisti incominciano a ripartire. Salgono spingendosi sui loro aerei e tutti dicono: - Questa Eseap è una gran fregatura. Mi diverto di più a Cortina. – E io a Malindi. – E io a Malibù. – E io a Riccione.
In poche ore sono tutti andati via.
Gli abitanti di Eseap, bambini e grandi, per trenta ore di fila puliscono il paese dalle cartacce, dalle lattine, dalle bucce, dai rollini vuoti, dalle scemenze a rotelle e da tutto il resto. Raddrizzano i fiori raffreddati, puliscono l’aria con l’aspirasmog e lavano le strade col sapone. Quando hanno finito sono stanchi ma felici.
Il sindaco dichiara il giorno della cacciata dei turisti festa nazionale. E tutti quanti fanno un ballo in piazza, indossando il costume delle grandi occasioni: i pantaloni nelle braccia e la camicia al posto dei calzoni, le calze in testa e nei piedi il cappello … e la cravatta dove se la mettono?

Prova a indovinarlo tu.

Nessun commento:

Posta un commento