Ti ho amato dal primo istante...

Ti ho amato dal primo istante...

giovedì 26 settembre 2013

La fiaba della Fata Petorsola



La mia amica toscana mi ha omaggiata di una fiaba della maremma toscana... Grazie Concetta! ♡♡♡

C'era una volta, nel cuore del monte Amiata in Maremma, un castello di cristallo arroccato su un picco roccioso dinanzi a SantaFiora nel quale abitava la regina delle fate petorsole con la propria figlia e uno stuolo di amiche streghe-fate. Si racconta, che si recasse in paese solo per cuocere il pane nel forno pubblico, spesso accompagnata dalla figlia. Sempre puntuale e silenziosa, non era ben vista dalle altre donne del paese, che al contrario erano chiacchierone e sempre in ritardo. Per questo, un bel giorno, decisero di farle uno scherzo: presero sua figlia e finsero di volerla cuocere insieme al pane nel forno. Petorsola si infuriò e, strappata la figlia dalle loro mani, si diresse verso il suo castello ripetendo: “Non ho mai visto questa cosa fare, ‘na figlia di fata volerla infornare..! ”. Per non farsi più vedere dagli abitanti del paese che avevano osato sfidare la sua pazienza, trasformò con un incantesimo la sua dimora in un grande sasso che oggi, dall’alto, veglia minaccioso sul paese di Santa Fiora. Le fate-streghe da allora si trasformarono in gatti: e ancora oggi nella notte si divertono a intrigare le code e i crini dei cavalli del paese e ogni sabato tornano sul loro sasso per consumare i sabba. Come antidoto contro il loro maleficio ancora oggi si usa tenere esposto nelle stalle “lo zigulo”, un rametto di ginepro con un fiocco rosso.

lunedì 23 settembre 2013

Le zebre innamorate

Nel cuore della savana c'è una grande strada, percorsa da numerosi animali. Ai lati opposti, vivono due famiglie di zebre: la famiglia Zebrù e la famiglia Zebrà. Ma le due famiglie non attraversano mai la strada, dicono per paura del traffico. In verità, il motivo è un altro: sono divise da una fiera rivalità perché una famiglia è convinta che il suo manto sia nero con le strisce bianche, l'altra bianco con le strisce nere.
Così non si incontrano mai! Ma un giorno, una giovane zebra della famiglia Zebrù vede un giovane della famiglia Zebrà. Per un po' si osservano, ognuno dalla propria parte di strada. Finché decidono di attraversarla, accorgendosi che non è così pericoloso.
I due si presentano: "Ciao, io mi chiamo Giulietta, e tu?". "Ciao, io sono Romeo!".
E attraversa una volta, attraversa quella dopo, i due s'innamorano. Ma le loro famiglie non approvano: una Zebrù non può sposare uno Zebrà (e nemmeno il contrario, se è per questo)! "Tornate indietro!" urlano da entrambe le parti.
Allora gli innamorati, per protesta, si sdraiano in mezzo alla strada, bloccando il traffico. E gli animali della savana che passano di lì a tutta velocità, leoni, ippopotami, giraffe, elefanti, quando vedono i giovani innamorati sdraiati in mezzo alla strada si fermano commossi ... e confusi: in effetti, guardando i due giovani non si distinguono l'uno dall'altro!
Tanto che anche le due famiglie capiscono di aver sbagliato: altro che nere a strisce bianche o bianche a strisce nere, le zebre sono tutte uguali! E così fanno pace. Di più: in onore dei due fidanzati, decidono di disegnare delle strisce bicolori là dove si erano sdraiate.
Si dice che è così che nacquero le strisce pedonali. Perciò, quando calpestate quelle della vostra città, siate delicati ... sono il ricordo di una storia d'amore!


mercoledì 18 settembre 2013

Crescere con i libri - NICOLA PASSAGUAI

Dopo mille peripezie, dopo aver saltato, corso, preso freddo, Nicola tornerà a casa sano e salvo ma soprattutto felice. Perché solo allora si sentirà... grande.
Un racconto esemplare, tanto per bambini, che per adulti, sull'amore, la crescita, la curiosità e l'entusiasmo.


C'era una volta una famiglia di topolini. Erano dieci fratellini. Erano topolini GRANDI, coraggiosi e vivacissimi. Tutti, tranne Nicola.
Nicola era il topolino più piccolo del mondo.
Era molto, molto piccolo.
Anche per un topolino.

I suoi fratelli e le sue sorelle non davano preoccupazioni alla mamma.
Erano abbastanza grandi e sapevano badare a loro stessi.
Invece la mamma si preoccupava per Nicola.
Aveva paura che gli succedesse qualcosa, e lo faceva sempre restare a casa, fermo e buono.

Non lo lasciava arrampicarsi.
Non lo lasciava correre.
Non lo lasciava saltare.
Perché aveva paura che si facesse male.

Non lo lasciava uscire in primavera perché poteva bagnarsi.
Non lo lasciava uscire in estate perché rischiava di prendersi un colpo di sole.
E nemmeno in autunno perché poteva cadergli una castagna sulla testa.

Quando arrivò l'inverno, Nicola era proprio stufo.
Voleva andare in giro per il MONDO.
Ma la mamma gli disse: "Il mondo è troppo grande per te, potresti passare dei guai".
"Così non va bene", disse la nonna. "Lo tieni nella bambagia, quel topolino".

"Questa sì che è una buona idea!", esclamò la mamma.
E prese della bambagia.
L'avvolse intorno a Nicola.
Tutto intorno, giro giro, 
solo i piedi rimasero fuori. 

Così protetto, Nicola ebbe il permesso di uscire, tutto avvolto nella bambagia, al riparo dalla pioggia, dal sole e dalla neve.

Quando cadeva, atterrava sul morbido.
Quando gli cascava qualcosa in testa, non gli faceva male.
Era al sicuro, proprio al sicuro. O forse no?

"Oh, guarda, una palla di neve!" strillò un bambino.
Prese Nicola e lo gettò...
SPLASH! Nel fiume gelato.

Un po' della bambagia venne via.
"Oh, guarda, una meringa!" starnazzò un'oca.
E lo rincorse: Squack! Squack! Squack!
Un altro po' della bambagia venne via.
Nicola nuotò a lungo.
Poi arrivò sulla riva, tutto fradicio.

"Mmm, un coniglietto grasso e bianco!" guaiolò la volpe.
E lo inseguì: Arf! Arf! Arf!
A quel punto TUTTA la bambagia venne via.

Nicola si mise a correre.
Saltò in un buco.
E si nascose.

La volpe se ne andò.
Nicola si asciugò al sole.
Poi saltellò a casa.
Si sentiva molto GRANDE.

La mamma era preoccupatissima.
"Nicola, dov'è la tua bambagia?", squittì.
"Poteva succederti qualcosa!"

"Mi è successo di tutto!", strillò Nicola.

Mi hanno beccato.
Mi sono bagnato, poi congelato.
Ma ho nuotato.
Sono stato inseguito.
Ho corso e saltato e...  mamma, sono ancora vivo!

E senza la bambagia! 
Posso uscire ancora domani?
La mamma fece un lungo sospiro e disse ...

"Se lo desideri, vai pure.
Ma fai attenzione. Copriti. Fai il bravo. Divertiti. Ti voglio bene, Nicola Passaguai."

E così Nicola Passaguai se ne andò per il mondo.
A volte ebbe paura.
A volte si fece male.
Ma ... ne valeva proprio la pena!

(Jeanne Willis, Tony Ross)

DOV'E' IL POLLICE?

Stamattina andando a spasso con un'amica, ho trovato al baby bazar di Seregno il libro con la canzoncina che il mio pastrugno ha imparato alla scuola materna e che con la maestra e i compagni canticchiano alla fine della giornata di scuola, in attesa che noi mamme arriviamo a prenderli.


DOV'E' IL POLLICE? DOV'E' IL POLLICE?
SONO QUA, SONO QUA
COME STAI QUEST'OGGI?
MOLTO BENE, GRAZIE!
SCAPPO VIA
A CASA MIA.

DOV'E' L'INDICE? DOV'E' L'INDICE?
SONO QUA, SONO QUA
COME STAI QUEST'OGGI?
MOLTO BENE, GRAZIE!
SCAPPO VIA
A CASA MIA.

DOV'E' IL MEDIO? DOV'E' IL MEDIO?
SONO QUA, SONO QUA
COME STAI QUEST'OGGI?
MOLTO BENE, GRAZIE!
SCAPPO VIA
A CASA MIA.

DOV'E' L'ANULARE? DOV'E' L'ANULARE?
SONO QUA, SONO QUA
COME STAI QUEST'OGGI?
MOLTO BENE, GRAZIE!
SCAPPO VIA
A CASA MIA.

DOV'E' IL MIGNOLO? DOV'E' IL MIGNOLO?
SONO QUA, SONO QUA
COME STAI QUEST'OGGI?
MOLTO BENE, GRAZIE!
SCAPPO VIA
A CASA MIA.

DOV'E' IL PUGNO? DOV'E' IL PUGNO?
SONO QUA, SONO QUA
COME STAI QUEST'OGGI?
MOLTO BENE, GRAZIE!
SCAPPO VIA
A CASA MIA.

DOV'E' LA MIA MANO? DOV'E' LA MIA MANO?
SONO QUA, SONO QUA
COME STAI QUEST'OGGI?
MOLTO BENE, GRAZIE!
SCAPPO VIA
A CASA MIA.

martedì 17 settembre 2013

L'albero e la bambina

In biblioteca stamattina ho preso alcuni libri al mio pastrugno tra cui la storia che sto per condividere con tutti voi: L'ALBERO E LA BAMBINA. A Ric piace molto. 

La bambina parlava a modo suo. Risparmiava una parte delle parole e riusciva a far ridere tutti, compreso il cane Orazio.
Bina bambina botto bottone tella frittella segno disegno.
Una sera prima di dormire però seppe dire alla sua mamma una frase intera: "Mamma, ma gli alberi possono volare come uccellini?".
La mamma rise e rispose di no.
La bambina allora disse: "Io so volare".
La mamma stupita la guardò.
La bimba l'abbracciò con forza e baciandola sulla punta del naso disse: "Io so volare con la testa".
Allora la mamma raccontò per lei questa storia che non si sa se è vera o di pura invenzione.

C'era su una collina un albero antico pieno di nodi e di formiche e di segni. Aveva una chioma cangiante al vento e al sole perchè l'argento di una faccia della foglia faceva nascondino col verdemarcio dell'altro lato così da abbagliare di luce tutto intorno.
L'albero era bellissimo e triste. Sognava da sempre di volare e le radici lo tenevano stretto in un abbraccio perenne con la terra su cui tanti anni prima la cornacchia aveva lasciato cadere un seme secco.
Cosa avrebbe fatto per tornare indietro.
Sognava di convincere la cornacchia a trattenere nel becco il seme ancora e ancora fino a raggiungere il mare e lì farlo cadere per rendere infinita la libertà che anelava di possedere.
Sperava che un giorno quel vento freddo e poi caldo e poi ancora freddo nel corso delle tante stagioni potesse staccarlo dalla collina e trascinarlo via sopra una nuvola lieve come zucchero filato.
Era certo che da lassù il mondo gli sarebbe parso diverso, più bello e molto più vario.
Una sera d'estate in cui il buio tardava a raggiungerlo con le ombre lunghe della collina antistante, giunse ai suoi piedi una bambina.
Bella era, come il sole.
I capelli sottili di grano avevano molte vie da prendere per formare riccioli lievi e luccicanti mentre due grandissimi occhi nocciola brillavano di una luce furba e amorosa verso tutto.
La bimba raggiunse l'albero e una volta sotto la chioma girò la testa in su ad osservare l'incanto di quel misterioso e vitalissimo ammasso di foglie.
La bimba non parlava bene e le sue parole si fermavano a metà oppure iniziavano un po' dopo il normale.
Ma di fronte a quella meraviglia non ebbe dubbi e chiese: "Albero, ma te sai volare come uccellini?".
L'albero antico ebbe un fremito e sprizzò tutto intorno una rugiada umida come piccole lacrime di pipistrello.
La bimba allora capì e gli disse: "Albero, io so volare come uccellini".
L'albero si stupì e muto com'era sperò che la bambina continuasse a parlare poiché a quel punto la curiosità si era impossessata di lui fino alla più piccola ruga di legno infestata di formiche rosse.
La bimba allora fece uno sforzo grande e disse ancora: "Io so volare con la testa".
L'albero pensò 'Forse questa bimba è un po' matta'.
Ma subito dopo comprese le parole di quella donna ancora piccola che con le manine carezzava piano il tronco ruvido che lo teneva prigioniero a terra.
Come pareva forte, più forte di lui quella bimba morbida e piccola che aveva compreso il segreto della felicità.
E anche lui capì la forza vitale di quelle parole poche e semplici e cominciò a cantare dentro di sé poiché si sa che gli alberi mai hanno parlato.
E cominciò una cantilena dolce e muta che tesseva parole e le infilava una ad una come perle piccole di una collana infinita.
'Niglio coniglio rosso vermiglio lale maiale porcello cinghiale bina bambina latta lattina giaggio formaggio mangiamo di maggio rosa rugosa bimba riposa tello mantello dell'albero bello'.
La bimba cantava e l'albero musicava le foglie al vento una fiaba antica senza risposte nel dire cose di sempre, semplici e vere.
La bambina si addormentò sotto l'albero e sognò di volare.
L'albero dormì per la prima volta nella sua vita di un sonno profondo pieno di luce e d'aria fresca e nei sogni volava nel vento come un'enorme farfalla verde.
Così fu quel giorno e poi per sempre sarà poiché si sa, nei sogni si rimane sempre bambini e gli alberi volano come uccellini.
'Lelle sorelle la luna e le stelle
Tazio l'Orazio ch'è un cane mai sazio
pelli capelli bambini ribelli
more d'amore non fare rumore,
bina bambina la mamma è vicina
tella frittella come sei bella
lalla farfalla bell'albero balla
tare cantare e io so volare!'

(Arianna Papini)


A comprare la città di Stoccolma

Al mercato di Gavirate capitano certi ometti che vendono di tutto, e più bravi di loro a vendere non si sa dove andarli a trovare.
Un venerdì capitò un ometto che vendeva strane cose: il Monte Bianco, l'Oceano Indiano, i mari della Luna, e aveva una magnifica parlantina, e dopo un'ora gli era rimasta solo la città di Stoccolma.
La comprò un barbiere, in cambio di un taglio di capelli con frizione. 
Il barbiere inchiodò tra due specchi il certificato che diceva: Proprietario della città di Stoccolma, e lo mostrava orgoglioso ai clienti, rispondendo a tutte le loro domande.
- E' una città della Svezia, anzi è la capitale.
- Ha quasi un milione di abitanti, e naturalmente sono tutti miei.
- C'è anche il mare, si capisce, ma non so chi sia il proprietario.
Il barbiere, un poco alla volta, mise da parte i soldi, e l'anno scorso andò in Svezia a visitare la sua proprietà. La città di Stoccolma gli parve meravigliosa, e gli svedesi gentilissimi. Loro non capivano una parola di quello che diceva lui, e lui non capiva mezza parola di quello che gli rispondevano.
- Sono il padrone della città, lo sapete o no? Ve l'hanno fatto, il comunicato?
Gli svedesi sorridevano e dicevano di sì, perchè non capivano ma erano gentili, e il barbiere si fregava le mani tutto contento:
- Una città simile per un taglio di capelli e una frizione! L'ho proprio pagata a buon mercato.
E invece si sbagliava, e l'aveva pagata troppo. Perchè ogni bambino che viene in questo mondo, il mondo intero è tutto suo, e non deve pagarlo neanche un soldo, deve soltanto rimboccarsi le maniche, allungare le mani e prenderselo.

(Gianni Rodari)

 

lunedì 16 settembre 2013

Alice cascherina

Questa è la storia di Alice Cascherina, che cascava sempre e dappertutto.
Il nonno la cercava per portarla ai giardini: - Alice! Dove sei, Alice?
- Sono qui, nonno.
- Dove, qui?
- Nella sveglia.
Sì, aveva aperto lo sportello della sveglia per curiosare un po', ed era finita tra gli ingranaggi e le molle, ed ora le toccava di saltare continuamente da un punto all'altro per non essere travolta da tutti quei meccanismi che scattavano facendo tic-tac.
Un'altra volta il nonno la cercava per darle la merenda: - Alice! Dove sei, Alice?
- Sono qui, nonno.
- Dove, qui?
- Ma proprio qui, nella bottiglia. Avevo sete, ci sono cascata dentro.
Ed eccola là che nuotava affannosamente per tenersi a galla. Fortuna che l'estate prima, a Sperlonga, aveva imparato a fare la rana.
- Aspetta che ti ripesco.
Il nonno calò una cordicina dentro la bottiglia. Alice vi si aggrappò e vi si arrampicò con destrezza. Era brava in ginnastica.
Un'altra volta ancora Alice era scomparsa. La cercava il nonno, la cercava la nonna, la cercava una vicina che veniva sempre a leggere il giornale del nonno per risparmiare quaranta lire.
- Guai a noi se non la troviamo prima che tornino dal lavoro i suoi genitori, - mormorava la nonna, spaventata.
- Alice! Alice! Dove sei, Alice?
Stavolta non rispondeva. Non poteva rispondere. Nel curiosare in cucina era caduta nel cassetto delle tovaglie e dei tovaglioli e ci si era addormentata. Qualcuno aveva chiuso il cassetto senza badare a lei. Quando si svegliò, Alice si trovò al buio, ma non ebbe paura: una volta era caduta in un rubinetto, e là dentro sì che faceva buio.
"Dovranno pur preparare la tavola per la cena", rifletteva Alice. "E allora apriranno il cassetto."
Invece nessuno pensava alla cena, proprio perchè non si trovava Alice. I suoi genitori erano tornati dal lavoro e sgridavano i nonni: - Ecco come la tenete d'occhio!
- I nostri figli non cascavano dentro i rubinetti, - protestavano i nonni, - ai nostri tempi cascavano soltanto dal letto e si facevano qualche bernoccolo in testa.
Finalmente Alice si stancò di aspettare. Scavò tra le tovaglie, trovò il fondo del cassetto e cominciò a batterci sopra con un piede.
Tum, tum, tum.
- Zitti tutti, - disse il babbo, - sento battere da qualche parte.
Tum. tum, tum, chiamava Alice.
Che abbracci, che baci quando la ritrovarono. E Alice ne approfittò subito per cascare nel taschino della giacca di papà e quando la tirarono fuori aveva appena fatto in tempo a impiastricciarsi tutta la faccia giocando con la penna a sfera.

(Gianni Rodari)


 

Il paese con l'esse davanti

Giovannino Perdigiorno era un grande viaggiatore. Viaggia e viaggia, capitò nel paese con l'esse davanti.
- Ma che razza di paese è? - domandò  a un cittadino che prendeva il fresco sotto un albero.
Il cittadino, per tutta risposta, cavò di tasca un temperino e lo mostrò bene aperto sul palmo della mano.
- Vede questo?
- E' un temperino.
- Tutto sbagliato. Invece è uno "stemperino", cioè un temperino con l'esse davanti. Serve a far ricrescere le matite, quando sono consumate, ed è molto utile nelle scuole.
- Magnifico, - disse Giovannino. - E poi?
- Poi abbiamo lo "staccappanni".
- Vorrà dire l'attaccapanni.
- L'attaccapanni serve a ben poco, se non avete il cappotto da attaccarci. Col nostro "staccapanni" è tutto diverso. Lì non bisogna attaccarci niente, c'è già tutto attaccato. Se avete bisogno di un cappotto andate lì e lo staccate. Chi ha bisogno di una giacca, non deve mica andare a comprarla: passa dallo staccapanni e la stacca. C'è lo staccapanni d'estate e quello d'inverno, quello per uomo e quello per signora. Così si risparmiano tanti soldi.
- Una vera bellezza. E poi?
- Poi abbiamo la macchina "sfotografica", che invece di fare le fotografie fa le caricature, così si ride. Poi abbiamo lo "scannone".
- Brr, che paura.
- Tutt'altro. Lo "scannone" è il contrario del cannone, e serve per disfare la guerra.
- E come funziona?
- E' facilissimo, può adoperarlo anche un bambino. Se c'è la guerra, suoniamo la stromba, spariamo lo scannone e la guerra è subito disfatta.
Che meraviglia il paese con l'esse davanti.

(Gianni Rodari)


filastrocche ^___^

Stamattina la logopedista del mio pastrugno ci ha dato queste due simpatiche filastrocche da ripetere per migliorare l'ascolto e la ripetizione di alcune paroline che ogni tanto fatica un po' a ripetere nel modo corretto. ^___* Eccole...

Filastrocca dolce e amara
quanto gira la zanzara:
è pettegola, invadente,
noiosetta e impertinente.
Invadente e chiaccherone
sempre in giro va il calabrone.
L'ape invece ronza e balla
inseguendo la farfalla
che si posa in mezzo al prato
sopra un fiore profumato.
Filastrocca dolce e amara
fastidiosa è la zanzara.


Filastrocca armoniosa
tutti suonano qualcosa:
con bravura l'asinello
si esibisce al violoncello.
E la ruota fa il pavone
quando soffia nel trombone.
Qualche stecca fa il pulcino
col suo piccolo violino.
Nel programma del terzetto
c'è una marcia e un minuetto.
Filastrocca prestigiosa
che orchestra armoniosa!


venerdì 13 settembre 2013

Frigorillo ama lo sport

Frigorillo, personaggio molto simpatico, trascorre troppe ore davanti alla televisione ed è poco attento a ciò che mangia, proprio come tanti bambini di oggi. Attraverso la sua storia, il piccolo lettore viene guidato alla conoscenza del corpo umano e riceve indicazioni su come mantenerlo in buona salute grazie alla pratica costante dello sport e ad una sana alimentazione. ^___* Ecco la storia...

FRIGORILLO AMA LO SPORT

Frigorillo è molto pigro. Anche se la sua scuola è vicina a casa, si fa sempre accompagnare dalla mamma in automobile.
Durante la ricreazione, Frigorillo fa un'abbondante merenda, così non ha tempo di giocare con i suoi compagni. Quando la lezione ricomincia, Frigorillo si sente appesantito e non riesce a concentrarsi.
Nel pomeriggio, dopo aver fatto i compiti, Frigorillo si sdraia sul divano e guarda la televisione. Dopo un po' si annoia e, per fare qualcosa, sgranocchia dei dolcetti. 
Finiti i suoi programmi preferiti, passa il resto del pomeriggio giocando con la play-station. Ma da un po' di tempo, alla sera, Frigorillo si sente depresso e stanco, anche se non ha mosso un dito per tutto il giorno. Inoltre è ingrassato...
Perciò la mamma di Frigorillo decide di portarlo dalla pediatra, la dottoressa Serena. Dopo averlo visitato, la dottoressa gli consiglia uno stile di vita diverso: più movimento, più attività fisica e una corretta alimentazione.
Devi sapere che il nostro corpo è come una macchina che per funzionare ha bisogno di energia. Questa energia proviene dal cibo che mangiamo. Ma se mangiamo troppo, specialmente cibi molto energetici come i dolci e i grassi, il nostro corpo non consuma questa energia in più, e la mette da parte sotto forma di grasso. Per questo ingrassiamo.
Chi fa sport consuma più energia. Quando corri, salti, vai in bicicletta o fai qualsiasi altra attività fisica, il tuo cuore batte più velocemente, il respiro diventa più frequente e senti caldo: questo vuol dire che i tuoi muscoli stanno consumando molta energia. Per questo motivo chi fa sport è più magro e in forma rispetto a chi fa vita sedentaria.
Lo sport rende anche più forti e resistenti alla fatica. Chi inizia a praticare uno sport si accorge in breve tempo che i muscoli diventano più grandi e più robusti. Anche il cuore è un muscolo che fa circolare il sangue in tutto il corpo. L'attività fisica regolare serve a mantenere sano e forte nel tempo questo importante organo vitale. I muscoli sono come degli elastici attaccati alle ossa. La ginnastica e lo sport migliorano l'elasticità dei muscoli e la flessibilità del corpo. Anche la danza è una disciplina che richiede e sviluppa grandi doti atletiche come forza, elasticità e coordinazione.
Esistono tantissimi sport che potresti praticare: scegli quello che ti piace e ti diverte di più. Il nuoto, ad esempio, è uno sport divertente, adatto a tutte le età, che irrobustisce tutti i muscoli del corpo. Potrai imparare i vari stili di nuoto: rana, dorso, farfalla e stile libero. 
La pallacanestro è un gioco di squadra che si gioca in cinque contro cinque. Richiede abilità e sviluppa coordinazione e resistenza. I campioni della pallacanestro sono molto alti perchè il canestro in cui si deve tirare la palla si trova a più di tre metri di altezza.
Anche la pallavolo è uno sport molto divertente che si gioca in sei contro sei. I giocatori si passano la palla con le mani per farla cadere per terra al di là della rete, nel campo avversario. In estate puoi praticare questo sport anche in spiaggia. Anche la pallavolo aiuta a crescere sani e robusti.
Lo scopo dello sport è quello di divertirsi e stare bene: non è importante vincere a tutti i costi. Ma non tutti la pensano così, infatti ci sono alcuni sportivi che, per migliorare le loro prestazioni, prendono delle sostanze chimiche dette dopanti. Queste sostanze, che servono a far crescere i muscoli e la forza o aumentare la resistenza alla fatica, sono molto pericolose perchè a lungo andare provocano gravi danni alla salute. Perciò devono essere assolutamente evitate.
Anche correre, saltare, giocare all'aria aperta, andare in bici o sui pattini aiutano a stare bene e in forma. E' meglio fare queste attività in posti lontani dallo smog e dal traffico, come ad esempio un parco pubblico.
Anche i tuoi genitori possono adottare uno stile di vita più sano. Se sono fumatori,convincili a smettere, perchè il fumo provoca gravi danni alla salute di chi fuma e di chi gli sta vicino.
Tutti gli sportivi sono molto attenti alla loro alimentazione.

Il pane, la pasta, il riso e le patate sono alimenti ricchi di carboidrati, che danno energia ai muscoli.
Frutta e verdura non devono mai mancare perchè forniscono al nostro corpo vitamine, sali minerali e fibre, cioè sostanze che ci servono per la crescita e ci difendono dalle malattie.
Il latte, la carne, il pesce, le uova, i fagioli e le lenticchie sono alimenti che ci danno le proteine necessarie per la crescita e i muscoli. 
I grassi, come olio, burro, panna, maionese e i dolci, vanno invece consumati in piccole quantità, perchè sono cibi molto energetici, che appesantiscono e rallentano la digestione.

Ecco un esempio di corretta alimentazione nell'arco della giornata. Cerca di non mangiare sempre le stesse cose: variare è importante, perchè ogni cibo ha delle proprietà particolari necessarie al nostro organismo. Quando hai sete, e durante i pasti, evita le bevande gassate o zuccherate, la cosa migliore è bere acqua.

Prima colazione: latte e fette biscottate con marmellata o miele.
Merenda a scuola: panino piccolo con prosciutto.
Pranzo: un piatto di pasta, due uova, un panino, insalata, una mela.
Merenda a metà pomeriggio: yogurt alla frutta.
Cena: carne, spinaci, un panino, fragole, una fetta di crostata. 

Naturalmente, dopo una giornata di scuola, compiti, giochi e sport, il nostro corpo ha bisogno di dormire per recuperare energia fisica e mentale. Per svegliarsi al mattino pimpanti e in forma, è necessario dormire almeno otto-nove ore per notte.

Da quando Frigorillo segue i suggerimenti della dottoressa Serena non sembra più lo stesso. Ora va a scuola a piedi e sta più attento a ciò che mangia. Nel pomeriggio, dopo i compiti, gioca con i suoi amici al parco o nel giardino sotto casa, e due volte alla settimana si allena in una squadra di calcio.
Adesso Frigorillo è più forte e pieno di energie. Inoltre è dimagrito e si sente molto meglio.

Oggi, durante la partita di calcio, Frigorillo ha segnato il suo primo gol. I compagni di squadra lo portano in trionfo mentre Frigorillo esulta di gioia. Bravo Frigorillo!

(Sandro Barbalarga)

 
 

Il topo dei fumetti

Un topolino dei fumetti, stanco di abitare tra le pagine di un giornale e desideroso di cambiare il sapore della carta con quello del formaggio, spiccò un bel salto e si trovò nel mondo dei topi di carne e d'ossa.
- Squash! - esclamò subito, sentendo odor di gatto.
- Come ha detto? - bisbigliarono gli altri topi, messi in soggezione da quella strana parola.
- Sploom, bang, gulp! - disse il topolino, che parlava solo la lingua dei fumetti.
- Dev'essere turco, - osservò un vecchio topo di bastimento, che prima di andare in pensione era stato in servizio nel Mediterraneo. E si provò a rivolgergli la parola in turco. Il topolino lo guardò con meraviglia e disse: - Ziip, fiish, bronk.
- Non è turco, - concluse il topo navigatore.
- Allora cos'è?
- Vattelapesca.
Così lo chiamarono Vattelapesca e lo tennero un po' come lo scemo del villaggio.
- Vattelapesca, - gli domandavano, - ti piace di più il parmigiano o il groviera?
- Spliiit, grong, ziziziiir, - rispondeva il topo dei fumetti.
- Buona notte, - ridevano gli altri. I più piccoli, poi, gli tiravano la coda apposta per sentirlo protestare in quella buffa maniera: - Zoong, splash, squarr!
Una volta andarono a caccia in un mulino, pieno di sacchi di farina bianca e gialla. I topi affondarono i denti in quella manna e masticavano a cottimo, facendo: crik, crik, crik, come tutti i topi quando masticano. Ma il topo dei fumetti faceva: - Crek, screk, schererek.
- Impara almeno a mangiare come le persone educate, - borbottò il topo navigatore. - Se fossimo su un bastimento saresti già stato buttato a mare. Ti rendi conto o no che fai un rumore disgustoso?
- Crengh, - disse il topo dei fumetti, e tornò a infilarsi in un sacco di granturco.
Il navigatore, allora, fece un segno agli altri, e quatti quatti se la filarono, abbandonando lo straniero al suo destino, sicuri che non avrebbe mai ritrovato la strada di casa.
Per un po' il topolino continuò a masticare. Quando finalmente si accorse di essere rimasto solo, era già troppo buio per cercare la strada e decise di passare la notte al mulino. Stava per addormentarsi, quand'ecco nel buio accendersi due semafori gialli, ecco il fruscio sinistro di quattro zampe di cacciatore. Un gatto!
- Squash! - disse il topolino, con un brivido.
- Gragrragnau! - rispose il gatto. Cielo, era un gatto dei fumetti! La tribù dei gatti veri lo aveva cacciato perchè non riusciva a fare miao come si deve.
I due derelitti si abbracciarono, giurandosi eterna amicizia e passarono tutta la notte a conversare nella strana lingua dei fumetti. Si capivano a meraviglia.


La rana e il bue

Nello stagno, quel giorno, c'era una grande agitazione tra le rane.
"State attente, amiche, ho visto la biscia d'acqua poco fa dietro alle canne!" esclamò Verdina, una ranocchietta piccola e simpatica.
"Dove? Dove?" domandò Verdesca preoccupata. Era una ranocchietta che si spaventava sempre per tutto: una volta le si era posata vicino una grossa libellula e lei, invece di mangiarla, si era tuffata in acqua con un "cra" pieno di terrore. Ma Verdesca aveva tutte le ragioni per essere spaventata dalla biscia d'acqua, che era il nemico numero uno di tutte le rane. Nascosta tra le canne tendeva loro agguati, le afferrava da dietro e le ingoiava spalancando la grande bocca.
"Io non ho paura della biscia d'acqua!" dichiarò Verdastra, che era una rana di una certa età, più grossa delle altre. Mentre diceva così, però, scrutava con attenzione la superficie dell'acqua dello stagno, per non farsi sorprendere.
Proprio in quel momento un grosso bue si avvicinò per bere l'acqua dello stagno. Verdina ridacchiò e indicò l'animale alle amiche.
"Secondo me lui è l'unico che non ha paura della biscia. E' così grosso che lei non riuscirebbe mai e poi mai a ingoiarlo."
"Mamma mia! Che paura!" gracchiò Verdesca e si tuffò in acqua.
Verdastra invece trovò che c'era del vero nelle parole di Verdina.
"Giusto: ho visto che, quando il bue si avvicina, la biscia d'acqua scappa!"
"Mi piacerebbe essere grande come il bue e non una piccola rana," sospirò Verdina. "Non dovrei più aver paura di nuotare nello stagno..."
"Certo!" strillò Verdastra entusiasta. "Se il bue è così grande che non esiste biscia che lo possa spaventare, allora anch'io diventerò grande come lui. Anzi, ancora più grande!"
"E come farai?" domandò Verdesca perplessa.
"Mi riempirò di aria," rispose Verdastra. "Guardate." Poi fece un gran respiro e cominciò a gonfiarsi. La grossa rana, con un solo respiro era quasi raddoppiata.
"Accidenti!" strillò Verdesca, che si era accomodata sopra una grossa foglia. "Ora sei molto più grossa, Verdastra."
La grossa rana si pavoneggiò contenta, ma solo per un attimo, perchè la voce di Verdina intervenne a spegnere il suo entusiasmo: "E' vero, Verdastra, sei più grossa, ma il bue è ancora molto più grosso di te..."
La vecchia rana guardò invidiosa il bue, che si stava abbeverando, e si infastidì: "Ah, è così? Ora vi faccio vedere io!"
In pochi secondi ingoiò una gran quantità di aria e ricominciò a gonfiarsi. Adesso era tre volte più grossa della sua solita taglia e faceva davvero impressione.
"Basta, Verdastra, così grossa mi fai paura. Smettila!" strillò Verdesca dalla sua foglia.
"Già, forse è meglio se smetti," convenne anche Verdina. "Ti si sta crepando la pelle: ti farà male tutto questo crescere."
Ma la grossa rana non sentiva più nemmeno i consigli delle sue amiche, tutta presa com'era dalla sua assurda sfida con il bue.
Questi non si era neanche accorto delle rane: beveva tranquillo l'acqua dello stagno, ignaro di tutto.
Verdastra, che voleva a tutti i costi diventare più grossa di lui, ingoiò ancora aria e poi altra aria, e continuò a gonfiarsi.
Ma di colpo le crepe nella sua pelle si ingrandirono e la povera rana scoppiò con un gran botto, come un petardo nei giorni di festa.
Il bue, sorpreso dallo scoppio, si spaventò e abbandonò di corsa lo stagno.
Anche la biscia d'acqua si spaventò. Si era avvicinata a Verdesca in silenzio e stava per afferrarla con la sua grande bocca, ma l'esplosione l'aveva colta di sorpresa, così anche lei era fuggita a nascondersi tra le canne.
Verdesca la vide e nuotò veloce fino a riva. Le batteva forte il cuore, quando si fermò vicino alla sua amica Verdina.
"Hai visto, Verdesca?" disse Verdina. "Povera Verdastra..."
"Ho visto," rispose la ranocchietta, ancora spaventata per lo scampato pericolo. "Del resto le avevamo detto di fermarsi: se una nasce rana, si capisce che non potrà mai diventare bue!"

(Fedro)