Buona lettura! ✿
I tre fattori
Nella
vallata c’erano tre fattorie. I proprietari di queste fattorie avevano avuto
successo nella vita. Erano ricchi. Erano anche cattivi. Ma tutti e tre non erano né più cattivi, né
più meschini di tanti altri. Si chiamavano Olio, Lupino e Pertica.
Olio
allevava polli. Possedeva migliaia di polli. Era orribilmente grosso, perché
ogni giorno mangiava tre polli bolliti nella pentola a fuoco lento con contorno
di polpette a colazione, a pranzo e a cena.
Lupino
allevava oche e anatre. Ne aveva a migliaia. Era una specie di nano panciuto,
tanto piccolo che in una piscina per bambini l’acqua gli sarebbe arrivata al
mento. Si nutriva di frittelle e di fegato d’oca. Schiacciava i fegati e
imbottiva le frittelle con quella poltiglia disgustosa. Questo menù gli dava il
mal di pancia e un pessimo carattere.
Pertica
possedeva tacchini e mele. Allevava migliaia di tacchini in un frutteto pieno
di mele. Non mangiava mai, però beveva litri di sidro, molto forte, che
distillava dalle mele del suo frutteto. Era magro come un chiodo ed era il più
intelligente dei tre.
Olio, Pertica, Lupino
questi orribili compari
son diversi, ma son pari
in pazzia e malvagità!
Così
cantavano i ragazzi del vicinato quando li vedevano.
Il Signor Volpe
In
cima alla collina,sopra la vallata, c’era un bosco. Nel bosco, c’era un grande
albero. Sotto l’albero, un grosso buco. Nel buco vivevano il Signor Volpe, la
Signora Volpe, e i loro quattro piccoli volpacchiotti. Ogni sera, non appena
scendeva l’oscurità, il Signor Volpe diceva a sua moglie: «Allora, cara, cosa vuoi che ti porti
per cena? Un pollo grassoccio della fattoria di Olio? Un’anatra o un’oca della
fattoria di Lupino? O un bel tacchino della fattoria di Pertica?»
E
quando la Signora Volpe gli aveva detto quello che voleva, il Signor Volpe
sgattaiolava lungo la vallata, nella notte nera, e andava a prenderlo.
Olio,
Lupino e Pertica sapevano benissimo quel che accadeva e questo li rendeva folli
di rabbia. Non erano tipi da dar via la loro roba. E meno ancora da essere
derubati. Per questa ragione, ogni notte, ognuno imbracciava il fucile da
caccia e si nascondeva in un angolo buio della propria fattoria nella speranza
di catturare il ladro.
Ma
il Signor Volpe era troppo furbo per loro. Si avvicinava sempre a ogni fattoria
con il muso rivolto contro vento, così da avvertire subito l’odore di chiunque
fosse rimpiattato nell’ombra. Ad esempio, se Olio si nascondeva dietro il suo
Pollaio Numero Uno, il Signor Volpe lo fiutava a una cinquantina di metri e,
svelto, cambiava direzione, filando dritto dritto verso il Pollaio Numero
Quattro, al lato opposto della fattoria.
«La
peste se la prenda, quella sporca bestia!» urlava Olio.
«Come
vorrei tirargli fuori le budella!» diceva Lupino.
«Uccidiamolo!»
sbraitava Pertica.
«Ma
come?» chiese Olio. «Come diavolo l’acchiappiamo?»
Pertica
si mise un lungo dito nel naso.
«Ho
un piano» disse.
«I
tuoi piani non hanno mai funzionato, finora» disse Lupino.
«Zitto
e ascolta» disse Pertica. «Domani sera ci nasconderemo davanti alla tana della
volpe. Aspetteremo che esca. E allora … pam! pam! pam!»
«Molto
astuto» disse Lupino, «però prima dobbiamo trovare la tana!»
«Mio
caro Lupino, l’ho già trovata» disse quel furbo di Pertica. «E’ nel bosco,
sulla collina. Sotto un grande albero …»
La fucilata
«Allora,
mia cara» chiese Papà Volpe, «cosa vuoi per cena?»
«Questa
sera vada per l’anatra» disse Mamma Volpe. «Portaci due grasse anatre, una per
te e per me, e una per i figli, per favore».
«E
anatra sia!» approvò Papà Volpe. «Il meglio di Lupino».
«Sì,
ma stai attento» disse Mamma Volpe.
«Cara,
posso annusare quei cretini a un chilometro di distanza» disse Papà Volpe.
«Riesco a distinguerli dalla puzza. Olio emana odore ripugnante di pelle di
pollo avariato, Lupino appesta l’aria di fegato d’oca e quanto a Pertica, il
tanfo di sidro lo circonda come una nube velenosa».
«Stai
attento lo stesso» ripeté Mamma Volpe. «Sai che ti aspettano al varco tutti e
tre».
«Non
preoccuparti per me» disse Papà Volpe. «A presto!»
Il
Signor Volpe non sarebbe stato tanto baldanzoso se avesse saputo dove i tre
fattori lo stavano aspettando. Si trovavano proprio davanti all’entrata della
tana, ciascuno appostato dietro un albero, con il fucile carico. E per di più,
avevano scelto il nascondiglio in modo che il vento non soffiasse verso la
tana, ma in senso contrario. Così non rischiavano di essere traditi dal loro
odore.
Il
Signor Volpe risalì il tunnel oscuro fino all’entrata della tana. Il suo bel
musetto puntuto sbucò nella notte scura.
Avanzò
di pochi centimetri e si fermò.
Fiutò
un’altra volta. Era sempre particolarmente prudente quando usciva dalla sua
tana.
Avanzò
di un altro centimetro. Ora, era uscito quasi a metà.
Il
suo naso fremeva da ogni lato, annusando, fiutando il pericolo. Senza
risultato. Nel momento stesso in cui stava per filare al trotto nel bosco,
sentì o credette di sentire un piccolo rumore, come se qualcuno avesse mosso il
piede, molto, molto leggermente, su un tappeto di foglie morte.
Il
Signor Volpe si appiattì per terra e si immobilizzò, a orecchie dritte. Attese
per un lungo momento, ma non sentì più niente.
«Deve
essere un topo dei campi» disse fra sé, «o un altro animaletto».
Scivolò
un altro po’ fuori dal buco … poi ancora un poco. Era quasi del tutto fuori,
ora. Guardò attentamente attorno a sé, un’ultima volta. In alto, nel cielo,
brillava la luna.
Allora,
i suoi occhi penetranti, abituati alla notte, videro luccicare qualcosa dietro
un albero, poco lontano. Era un riflesso di argentea luce lunare che
scintillava su una superficie lucida. Il Signor Volpe l’osservò, immobile. Che
diavolo poteva essere? Ora, quella cosa si muoveva. Quella cosa si alzava …
«Santo
Cielo! La canna di un fucile!»
Rapido
come il lampo, il Signor Volpe rientrò d’un balzo nel suo buco e nel medesimo
istante si sarebbe detto che la foresta intera esplodesse attorno a lui. Pam-pam-pam! Pam-pam-pam!
Il
fumo di tre fucili si alzò nella notte. Olio, Lupino e Pertica uscirono da
dietro i loro alberi e si avvicinarono
al buco.
«L’abbiamo
presa?» domandò Pertica.
Uno
di essi rischiarò la tana con la propria torcia elettrica. E là, al suolo, nel
cerchio della luce, metà dentro e metà fuori dal buco, giacevano i poveri resti
dilaniati e insanguinati … d’una coda di volpe!
Pertica
la raccolse.
«Abbiamo
la coda, ma non la volpe!» esclamò
gettandola via.
«Accidenti
accidentaccio!» urlò Olio. «Abbiamo sparato troppo tardi. Dovevamo sparare
quando aveva messo fuori la testa».
«Certo
non si affretterà a riprovarci» disse Lupino.
Pertica
estrasse una bottiglia di sidro e bevve a garganella. Poi disse: «La fame la
farà uscire, in tre giorni al massimo. Non voglio aspettare seduto, senza far
niente. Scaviamo e staniamola!»
«Ah»
fece Olio. «Questo è parlar giusto! La possiamo stanare in due ore. Sappiamo
che è là».
«Dev’esserci
un’intera famiglia, in quel buco» disse Lupino.
«Allora
li acchiapperemo tutti» disse Pertica, «prendete i badili!»
I terribili badili
In
fondo alla tana, Mamma Volpe leccava teneramente il moncherino di coda di suo
marito per fermare il sangue.
«Era
la più bella coda nel raggio di molti chilometri» disse tra due colpi di
lingua.
«Mi
fa male» si lamentò Papà Volpe.
«Lo
so,tesoro, ma presto starai meglio».
«E
la tua coda ricrescerà, papà» disse uno dei volpacchiotti.
«No,
mai più» fece Papà Volpe. «Rimarrò senza coda per il resto dei miei giorni».
Aveva
l’aria molto infelice.
Quella
sera le volpi non avevano nulla da mangiare e presto i piccoli si
addormentarono. Poi Mamma Volpe li seguì. Papà Volpe invece non riusciva a
dormire perché il suo moncone di coda gli faceva male.
“Ebbene,
dopo tutto” pensava, “devo ritenermi fortunato di essere ancora vivo. Però ora
che hanno scoperto il nostro buco, occorre sloggiare al più presto. Non saremo
tranquilli fino a quando … Che sta succedendo?”
Volse
di scatto la testa e tese l’orecchio. Quello che sentiva in quel momento era il
rumore più terribile che una volpe potesse ascoltare, il ras-ras-raschio del
badile che stava scavando il terreno.
«Svegliatevi!»
gridò. «Scavano! Ci stanno stanando!»
Mamma
Volpe si svegliò di colpo, e si raddrizzò, tutta tremante.
«Ne
sei sicuro?» mormorò.
«Sicuro
sicurissimo! Ascolta!»
«Uccideranno
i miei piccoli!» esclamò Mamma Volpe.
«Mai!»
disse Papà Volpe.
«Ma
sì» singhiozzò Mamma Volpe. «Lo sai anche tu!»
Scrunch, scrunch, scrunch! facevano i badili sopra le loro teste.
Dal soffitto cominciarono a cadere terra e sassolini.
«Ci
vogliono uccidere? Perché, mamma?» chiese uno dei volpacchiotti, gli occhi neri
sbarrati dal terrore. «Con i cani?»
Mamma
Volpe si mise a singhiozzare. Prese i piccoli tra le braccia e li strinse a sé.
Improvvisamente,
sopra di loro, si udì uno scricchiolio spaventoso e la lama tagliente di un
badile attraversò il soffitto. Questo orribile spettacolo sembrò scuotere Papà
Volpe, che fece un salto e gridò: «Ci siamo! Sloggiamo! Non c’è un momento da
perdere! Come mai non ci ho pensato prima!»
«Pensato
a cosa, papà?»
«Una
volpe scava più veloce di un uomo!» urlò Papà Volpe, cominciando a scavare.
«Nessuno al mondo scava veloce quanto una volpe».
Papà
Volpe aveva iniziato a scavare a grande velocità con le zampe anteriori e,
dietro di lui, la terra volteggiava vorticosamente.
Mamma
Volpe e i quattro piccoli accorsero per aiutarlo.
«Più
giù!» ordinò Papà Volpe, «dobbiamo scavare in profondità! Il più profondo
possibile!»
Lungo,
sempre più lungo, il tunnel avanzava. Discendeva a picco, profondo, sempre più
profondo, sotto la superficie della terra. La mamma, il papà e i quattro
piccoli scavavano insieme. Le loro zampe anteriori si muovevano così
velocemente che non si vedevano più. E a poco a poco, i rumori dei badili si
fecero sempre più lontani.
Un’ora
dopo, Papà Volpe interruppe lo scavo.
«Stop!»
disse.
Tutti
si fermarono. Si volsero e alzarono gli occhi sulla lunga galleria che avevano
scavato. Tutto era tranquillo.
«Ouf»
esclamò Papà Volpe, «penso che ce l’abbiamo fatta! Non scenderanno mai fin
qui.Bravi, siete stati tutti molto bravi!»
Si
sedettero senza fiato. E Mamma Volpe disse ai suoi figli: «Sappiate che senza
vostro padre a quest’ora saremmo tutti morti. Papà è fantastico».
Papà
Volpe guardò la sua sposa che gli sorrise. Quando gli parlava così, l’amava più
che mai.
Le spaventose ruspe
Il
mattino dopo, al levar del sole, Olio, Lupino e Pertica stavano ancora
scavando. Avevano aperto una fossa così profonda che avrebbe potuto contenere
una casa. Ma non erano ancora arrivati alla fine del tunnel. Erano molto
stanchi e furiosi.
«Accidenti,
accidentaccio!» disse Olio. «Chi è che ha avuto questa dannata idea?»
«Pertica»
rispose Lupino.
Tutti
e due guardarono Pertica. Pertica bevve un sorso di sidro e ripose la fiasca,
senza offrirne agli altri.
«Ascoltate!»
urlò furibondo. «Io voglio questa volpe! E l’avrò! Non mollerò fino a quando
non sarà morta e appesa alla mia porta!»
«Non
riusciremo a prenderla scavando, questo è sicuro» disse Olio. «Sono stufo di
scavare».
Lupino,
il piccolo nano panciuto, alzò gli occhi su Pertica e chiese: «Ne hai un’altra,
di queste trovate sceme?»
«Cosa?»
disse Pertica. «Non ti sento».
Pertica
non faceva mai il bagno. E non si lavava neppure. Perciò le sue orecchie erano
piene di ogni sorta di sporcizia: cera, cicche di chewing-gum, mosche morte e
altre porcherie del genere. Così non ci sentiva un granché.
«Parla
più forte» disse a Lupino, che gli gridò: «Qualche altra trovata scema?»
Con
un dito sporco, Pertica si grattò dietro la nuca. Gli prudeva un foruncolo.
«Per
questa faccenda» disse «abbiamo bisogno di macchine … di ruspe. Con le ruspe staneremo
la volpe in cinque minuti!»
Era
un’idea abbastanza buona e gli altri due dovettero ammetterlo.
«Allora,
d’accordo?» disse Pertica, prendendo in mano la situazione. «Olio, tu resta qui
e stai ben attento che la volpe non se la fili! Se cerca di fuggire, spara
subito! Lupino e io andiamo a prendere le macchine».
Il
grande, magro Pertica si allontanò, seguito dal piccolo Lupino che gli
trotterellava dietro. Il grosso Olio restò dov’era, puntando il fucile sulla
tana.
Poco
dopo, due enormi ruspe nere, una guidata da Pertica, l’altra da Lupino,
arrivarono cigolando nel bosco.Sembravano mostri terribili e distruttori.
«Eccoci!
Andiamo!» urlò Pertica.
«Morte
alla volpe!» incalzò Lupino con uguale foga.
Le
macchine si misero al lavoro sulla collina, strappando enormi bocconi di terra.
Per prima cosa, il grande albero sotto il quale il Signor Volpe aveva scavato
la sua tana s’abbatté come un birillo. Massi venivano scaraventati da ogni
parte e gli alberi cadevano con un fracasso assordante.
Rannicchiate
sul fondo della loro galleria, le volpi ascoltavano quei tonfi e schianti
terribili sopra di loro.
«Cosa
succede, papà?» gridarono i volpacchiotti. «Che cosa stanno facendo?»
Il
Signor Volpe non sapeva né quello che succedeva, né quello che gli uomini stavano
facendo.
«C’è
il terremoto!» esclamò Mamma Volpe.
«Guardate!»
disse uno dei volpacchiotti. «Il nostro tunnel si è accorciato! Si vede la
luce!»
Si
volsero tutti e, sì, l’apertura del tunnel era ora a qualche metro e attraverso
la fessura, in pieno giorno, scorsero le due enormi scavatrici nere quasi sopra
di loro.
«Le
ruspe!» esclamò Papà Volpe. «Scavate a tutta forza anche voi! Scavate! Scavate!
Scavate!»
La gara
Allora,
tra le volpi e le macchine, cominciò una gara disperata. All’inizio, ecco a
cosa somigliava la collina:
Circa un'ora dopo che le ruspe ne avevano divorato la sommità, ecco a cosa somigliava la collina:
Talvolta le volpi guadagnavano un po' di terreno e gli scricchiolii diventavano sempre più deboli. Papà Volpe diceva: «Ce la facciamo!» ma poi, un attimo dopo, le macchine tornavano su di loro e lo stridio delle potenti scavatrici diventava sempre più forte. Una volta, le volpi videro perfino i denti acuminati della ruspa mentre stava per azzannare la terra, proprio dietro di loro.
«Continuate, ragazzi!» ansimava Papà Volpe. «Non dobbiamo cedere!»
«Continuate!» urlava il grosso Olio a Lupino e Pertica. «Stiamo per raggiungerla da un momento all'altro!»
«Tu non la vedi?» domandò Pertica.
«Non ancora» gridò Olio, «ma deve essere qui vicino!»
«La aggancerò per la pelle!» sbraitava Lupino. «La farò a pezzettini!»
Ma all'ora del pranzo, le macchine erano sempre là. E anche le povere volpi. Ecco a cosa assomigliava, ora, la collina:
Talvolta le volpi guadagnavano un po' di terreno e gli scricchiolii diventavano sempre più deboli. Papà Volpe diceva: «Ce la facciamo!» ma poi, un attimo dopo, le macchine tornavano su di loro e lo stridio delle potenti scavatrici diventava sempre più forte. Una volta, le volpi videro perfino i denti acuminati della ruspa mentre stava per azzannare la terra, proprio dietro di loro.
«Continuate, ragazzi!» ansimava Papà Volpe. «Non dobbiamo cedere!»
«Continuate!» urlava il grosso Olio a Lupino e Pertica. «Stiamo per raggiungerla da un momento all'altro!»
«Tu non la vedi?» domandò Pertica.
«Non ancora» gridò Olio, «ma deve essere qui vicino!»
«La aggancerò per la pelle!» sbraitava Lupino. «La farò a pezzettini!»
Ma all'ora del pranzo, le macchine erano sempre là. E anche le povere volpi. Ecco a cosa assomigliava, ora, la collina:
I fattori non s'arrestarono nemmeno per il pranzo. Avevano troppa fretta di farla finita. «Ehilà, volpone!» urlava Lupino sporgendosi dalla propria macchina. «Veniamo a prenderti!»
«Hai mangiato il tuo ultimo pollo!» gridava Olio. «Non verrai mai più a gironzolare intorno alla mia fattoria!»
Una sorta di follia si era impadronita dei tre uomini. Pertica, il grande sacco d'ossa, e Lupino, il nano panciuto, guidavano le loro macchine come pazzi. I motori ruggivano e le ruspe scavavano a tutta forza. Attorno a esse, il grosso Olio saltellava come un derviscio urlando:«Più svelto! Più svelto!»
Alle cinque del pomeriggio, ecco in quale stato si trovava la collina:
La fossa scavata era grande come il cratere di un vulcano. Era uno spettacolo così straordinario che la gente arrivava in folla dai villaggi vicini per vederla. Si metteva sull'orlo del cratere e guardava Olio, Lupino e Pertica sul fondo.
«Ehilà, Olio! Come va?»
«Diamo la caccia a una volpe!»
«Dovete essere matti!»
La gente si burlava di loro e rideva. Ma tutto ciò non faceva che accrescere il furore e l'ostinazione dei tre fattori, più decisi che mai a non arrendersi finché non avessero catturato la volpe.
Non ci scapperà!
Alle sei di sera, Pertica spense il motore della ruspa e scese dal posto di guida. Lupino fece lo stesso. Entrambi ne avevano abbastanza. Erano stanchi e sfiniti per aver scavato tutta la giornata. E avevano anche fame. Lentamente, si avvicinarono al piccolo tunnel in fondo al cratere. Pertica era rosso di collera. Lupino lanciò alla volpe insulti che non si possono ripetere. Olio si avvicinò a loro, con la sua andatura da anatroccolo.
«La peste colga quella sporca volpe puzzolente!» disse. «Che diavolo facciamo, adesso?»
«Posso dirti quello che non facciamo di sicuro» disse Pertica. «Non la lasceremo fuggire!»
«Non ci scapperà!» dichiarò Lupino.
«Mai! Mai! Mai!» urlò Olio.
«Hai sentito, volpe maledetta?» sbraitò Pertica curvandosi e urlando nel buco. «Non è che l'inizio! Rientreremo a casa nostra solo quando sarai morta e penzolante!»
I tre uomini si strinsero la mano e fecero solenne giuramento di non tornare alla loro fattoria prima di aver acchiappato la volpe.
«E ora, che si fa?» domandò Lupino, il nano panciuto.
«Ti spediremo in fondo al tunnel per andare a cercarla!» disse Pertica. «Via, nel buco, miserabile mezzo-uomo!»
«No, io no!» gridò Lupino prendendo la fuga. Pertica fece un sorrisetto. Quando sorrideva, gli si vedevano le gengive rosse. Del resto, si vedevano più le gengive che i denti.
«Non c'è che una sola cosa da fare» disse. «Lasciamola morire di fame. Accampiamoci qui giorno e notte per far la guardia al buco. Finirà per uscire. Dovrà pur farlo».
Fu così che Olio, Lupino e Pertica fecero portare dalle loro fattorie tende, sacchi a pelo e cibo.
«La peste colga quella sporca volpe puzzolente!» disse. «Che diavolo facciamo, adesso?»
«Posso dirti quello che non facciamo di sicuro» disse Pertica. «Non la lasceremo fuggire!»
«Non ci scapperà!» dichiarò Lupino.
«Mai! Mai! Mai!» urlò Olio.
«Hai sentito, volpe maledetta?» sbraitò Pertica curvandosi e urlando nel buco. «Non è che l'inizio! Rientreremo a casa nostra solo quando sarai morta e penzolante!»
I tre uomini si strinsero la mano e fecero solenne giuramento di non tornare alla loro fattoria prima di aver acchiappato la volpe.
«E ora, che si fa?» domandò Lupino, il nano panciuto.
«Ti spediremo in fondo al tunnel per andare a cercarla!» disse Pertica. «Via, nel buco, miserabile mezzo-uomo!»
«No, io no!» gridò Lupino prendendo la fuga. Pertica fece un sorrisetto. Quando sorrideva, gli si vedevano le gengive rosse. Del resto, si vedevano più le gengive che i denti.
«Non c'è che una sola cosa da fare» disse. «Lasciamola morire di fame. Accampiamoci qui giorno e notte per far la guardia al buco. Finirà per uscire. Dovrà pur farlo».
Fu così che Olio, Lupino e Pertica fecero portare dalle loro fattorie tende, sacchi a pelo e cibo.
La grande fame delle volpi
Quella sera, sulla collina, tre tende furono piantate nel cratere, attorno alla tana della volpe. Seduti davanti alle loro tende, i tre fattori cenavano. Olio mangiò tre polli bolliti nella pentola, a fuoco lento, con polpette. Lupino sei frittelle ripiene della disgustosa poltiglia di fegato d'oca, e Pertica tracannò una decina di litri di sidro. Tutti e tre tenevano i loro fucili al fianco. Olio prese un pollo fumante e l'avvicinò all'entrata della tana.
«Signor Volpe» urlò. «Lo senti questo pollo tenero e succulento? Perché non vieni a prenderlo?»
«Non pensarci neppure!» disse Mamma Volpe. «E' proprio quello che vogliono».
«Ma noi abbiamo tanta fame!» gridarono i volpacchiotti. «Quando potremo aver qualcosa da rosicchiare?»
La loro mamma non rispose. Né il loro papà. Non c'era nulla da rispondere.
Scesa la notte, Lupino e Pertica accesero i fari delle due scavatrici e rischiararono il foro.
«Ora» disse Pertica, «veglieremo a turno. Uno farà la guardia mentre gli altri due dormiranno e così di seguito durante tutta la notte».
Olio domandò: «E se la volpe scava un'altra galleria nella collina ed esce da un'altra parte? Non hai pensato, tu, a una possibilità del genere?»
«Certo che sì» disse Pertica che non ci aveva pensato per niente.
«Allora, forza, che soluzione proponi?»
Pertica tolse un po' di sporco dal suo orecchio e lo buttò via con un colpetto del dito.
«Quanti uomini lavorano nella tua fattoria?»
«Trentacinque» rispose Olio.
«Io ne ho trentasei» aggiunse Lupino.
«E io, trentasette» disse Pertica. «In tutto sono centootto. Gli ordiniamo di circondare la collina. Ciascuno avrà un fucile e una torcia elettrica. Così, ogni possibilità di fuga sarà eliminata».
Gli ordini arrivarono dunque alle fattorie e, quella notte, centootto uomini accerchiarono strettamente la base della collina. Erano armati di bastoni, di fucili, di accette, di pistole e di ogni sorta di armi spaventose. Il che rendeva praticamente impossibile ogni fuga per una volpe e, di certo, per qualsiasi animale.
Il giorno dopo, continuarono a sorvegliare e ad attendere. Olio, Lupino e Pertica stavano seduti su piccoli sgabelli, gli occhi fissi sulla tana, i loro fucili sulle ginocchia. Non parlavano molto.
Ogni tanto, il Signor Volpe scivolava fino all'entrata della galleria per fiutare. Poi rientrava e dichiarava: «Sono sempre là».
«Ne sei sicuro?» chiedeva Mamma Volpe.
«Sicuro sicurissimo» diceva Papà Volpe. «Posso sentire quel briccone di Pertica a un chilometro di distanza. Ti appesta».
«Se solo avessimo almeno una gocciolina d'acqua» disse uno dei volpacchiotti. «Oh, papà, non puoi fare qualcosa?» «E se andassimo a cercarla, papà? Una speranza di riuscita ci sarebbe, non credi?»
«Nessuna possibilità» tagliò corto Mamma Volpe. «Rifiuto di lasciarvi salire per farvi sparare. Preferisco che moriate qui, tranquillamente».
Papà Volpe non parlava da molto tempo. Seduto immobile, gli occhi chiusi, non ascoltava nemmeno quanto dicevano gli altri. Mamma Volpe sapeva che tentava disperatamente di trovare una soluzione.
Riuscirà a trovare una soluzione Papà Volpe?! ^___* Prossimamente... lo scoprirete! ^__^
Scesa la notte, Lupino e Pertica accesero i fari delle due scavatrici e rischiararono il foro.
«Ora» disse Pertica, «veglieremo a turno. Uno farà la guardia mentre gli altri due dormiranno e così di seguito durante tutta la notte».
Olio domandò: «E se la volpe scava un'altra galleria nella collina ed esce da un'altra parte? Non hai pensato, tu, a una possibilità del genere?»
«Certo che sì» disse Pertica che non ci aveva pensato per niente.
«Allora, forza, che soluzione proponi?»
Pertica tolse un po' di sporco dal suo orecchio e lo buttò via con un colpetto del dito.
«Quanti uomini lavorano nella tua fattoria?»
«Trentacinque» rispose Olio.
«Io ne ho trentasei» aggiunse Lupino.
«E io, trentasette» disse Pertica. «In tutto sono centootto. Gli ordiniamo di circondare la collina. Ciascuno avrà un fucile e una torcia elettrica. Così, ogni possibilità di fuga sarà eliminata».
Gli ordini arrivarono dunque alle fattorie e, quella notte, centootto uomini accerchiarono strettamente la base della collina. Erano armati di bastoni, di fucili, di accette, di pistole e di ogni sorta di armi spaventose. Il che rendeva praticamente impossibile ogni fuga per una volpe e, di certo, per qualsiasi animale.
Il giorno dopo, continuarono a sorvegliare e ad attendere. Olio, Lupino e Pertica stavano seduti su piccoli sgabelli, gli occhi fissi sulla tana, i loro fucili sulle ginocchia. Non parlavano molto.
Ogni tanto, il Signor Volpe scivolava fino all'entrata della galleria per fiutare. Poi rientrava e dichiarava: «Sono sempre là».
«Ne sei sicuro?» chiedeva Mamma Volpe.
«Sicuro sicurissimo» diceva Papà Volpe. «Posso sentire quel briccone di Pertica a un chilometro di distanza. Ti appesta».
Il Signor Volpe ha un piano
L'attesa continuò per tre giorni e per tre notti. «Quanto tempo può restare una volpe senza bere e senza mangiare?» chiese Olio, il terzo giorno.
«Non molto tempo ancora» rispose Pertica. «La fame e la sete la faranno uscire presto. E' sicuro».
Pertica aveva ragione. Nella galleria, lentamente ma inesorabilmente, le volpi morivano di fame. «
«Non molto tempo ancora» rispose Pertica. «La fame e la sete la faranno uscire presto. E' sicuro».
Pertica aveva ragione. Nella galleria, lentamente ma inesorabilmente, le volpi morivano di fame. «
«Se solo avessimo almeno una gocciolina d'acqua» disse uno dei volpacchiotti. «Oh, papà, non puoi fare qualcosa?» «E se andassimo a cercarla, papà? Una speranza di riuscita ci sarebbe, non credi?»
«Nessuna possibilità» tagliò corto Mamma Volpe. «Rifiuto di lasciarvi salire per farvi sparare. Preferisco che moriate qui, tranquillamente».
Papà Volpe non parlava da molto tempo. Seduto immobile, gli occhi chiusi, non ascoltava nemmeno quanto dicevano gli altri. Mamma Volpe sapeva che tentava disperatamente di trovare una soluzione.
Riuscirà a trovare una soluzione Papà Volpe?! ^___* Prossimamente... lo scoprirete! ^__^