Ti ho amato dal primo istante...

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mercoledì 28 maggio 2014

Furbo, il Signor Volpe

Roald Dahl è un autore che piace molto al mio pastrugno (ma anche a me!). E' più noto come l'autore de "La Fabbrica di Cioccolato". Uno dei libri che più è piaciuto al mio piccolo grande ometto, dopo "il GGG", è questo: "Furbo, il Signor Volpe". ^__^ 

Buona lettura! ✿

I tre fattori


Nella vallata c’erano tre fattorie. I proprietari di queste fattorie avevano avuto successo nella vita. Erano ricchi. Erano anche cattivi.  Ma tutti e tre non erano né più cattivi, né più meschini di tanti altri. Si chiamavano Olio, Lupino e Pertica.

Olio allevava polli. Possedeva migliaia di polli. Era orribilmente grosso, perché ogni giorno mangiava tre polli bolliti nella pentola a fuoco lento con contorno di polpette a colazione, a pranzo e a cena.

Lupino allevava oche e anatre. Ne aveva a migliaia. Era una specie di nano panciuto, tanto piccolo che in una piscina per bambini l’acqua gli sarebbe arrivata al mento. Si nutriva di frittelle e di fegato d’oca. Schiacciava i fegati e imbottiva le frittelle con quella poltiglia disgustosa. Questo menù gli dava il mal di pancia  e un pessimo carattere.

Pertica possedeva tacchini e mele. Allevava migliaia di tacchini in un frutteto pieno di mele. Non mangiava mai, però beveva litri di sidro, molto forte, che distillava dalle mele del suo frutteto. Era magro come un chiodo ed era il più intelligente dei tre.


Olio, Pertica, Lupino

questi orribili compari

son diversi, ma son pari

in pazzia e malvagità!


Così cantavano i ragazzi del vicinato quando li vedevano.

Il Signor Volpe



In cima alla collina,sopra la vallata, c’era un bosco. Nel bosco, c’era un grande albero. Sotto l’albero, un grosso buco. Nel buco vivevano il Signor Volpe, la Signora Volpe, e i loro quattro piccoli volpacchiotti. Ogni sera, non appena scendeva l’oscurità, il Signor Volpe diceva a sua moglie: «Allora, cara, cosa vuoi che ti porti per cena? Un pollo grassoccio della fattoria di Olio? Un’anatra o un’oca della fattoria di Lupino? O un bel tacchino della fattoria di Pertica?»


E quando la Signora Volpe gli aveva detto quello che voleva, il Signor Volpe sgattaiolava lungo la vallata, nella notte nera, e andava a prenderlo.

Olio, Lupino e Pertica sapevano benissimo quel che accadeva e questo li rendeva folli di rabbia. Non erano tipi da dar via la loro roba. E meno ancora da essere derubati. Per questa ragione, ogni notte, ognuno imbracciava il fucile da caccia e si nascondeva in un angolo buio della propria fattoria nella speranza di catturare il ladro.

Ma il Signor Volpe era troppo furbo per loro. Si avvicinava sempre a ogni fattoria con il muso rivolto contro vento, così da avvertire subito l’odore di chiunque fosse rimpiattato nell’ombra. Ad esempio, se Olio si nascondeva dietro il suo Pollaio Numero Uno, il Signor Volpe lo fiutava a una cinquantina di metri e, svelto, cambiava direzione, filando dritto dritto verso il Pollaio Numero Quattro, al lato opposto della fattoria.

«La peste se la prenda, quella sporca bestia!» urlava Olio.

«Come vorrei tirargli fuori le budella!» diceva Lupino.

«Uccidiamolo!» sbraitava Pertica.

«Ma come?» chiese Olio. «Come diavolo l’acchiappiamo?»

Pertica si mise un lungo dito nel naso.

«Ho un piano» disse.

«I tuoi piani non hanno mai funzionato, finora» disse Lupino.

«Zitto e ascolta» disse Pertica. «Domani sera ci nasconderemo davanti alla tana della volpe. Aspetteremo che esca. E allora … pam! pam! pam!»

«Molto astuto» disse Lupino, «però prima dobbiamo trovare la tana!»

«Mio caro Lupino, l’ho già trovata» disse quel furbo di Pertica. «E’ nel bosco, sulla collina. Sotto un grande albero …»
  

La fucilata

«Allora, mia cara» chiese Papà Volpe, «cosa vuoi per cena?»

«Questa sera vada per l’anatra» disse Mamma Volpe. «Portaci due grasse anatre, una per te e per me, e una per i figli, per favore».

«E anatra sia!» approvò Papà Volpe. «Il meglio di Lupino».

«Sì, ma stai attento» disse Mamma Volpe.

«Cara, posso annusare quei cretini a un chilometro di distanza» disse Papà Volpe. «Riesco a distinguerli dalla puzza. Olio emana odore ripugnante di pelle di pollo avariato, Lupino appesta l’aria di fegato d’oca e quanto a Pertica, il tanfo di sidro lo circonda come una nube velenosa».

«Stai attento lo stesso» ripeté Mamma Volpe. «Sai che ti aspettano al varco tutti e tre».

«Non preoccuparti per me» disse Papà Volpe. «A presto!»

Il Signor Volpe non sarebbe stato tanto baldanzoso se avesse saputo dove i tre fattori lo stavano aspettando. Si trovavano proprio davanti all’entrata della tana, ciascuno appostato dietro un albero, con il fucile carico. E per di più, avevano scelto il nascondiglio in modo che il vento non soffiasse verso la tana, ma in senso contrario. Così non rischiavano di essere traditi dal loro odore.

Il Signor Volpe risalì il tunnel oscuro fino all’entrata della tana. Il suo bel musetto puntuto sbucò nella notte scura.

Avanzò di pochi centimetri e si fermò.

Fiutò un’altra volta. Era sempre particolarmente prudente quando usciva dalla sua tana.

Avanzò di un altro centimetro. Ora, era uscito quasi a metà.

Il suo naso fremeva da ogni lato, annusando, fiutando il pericolo. Senza risultato. Nel momento stesso in cui stava per filare al trotto nel bosco, sentì o credette di sentire un piccolo rumore, come se qualcuno avesse mosso il piede, molto, molto leggermente, su un tappeto di foglie morte.

Il Signor Volpe si appiattì per terra e si immobilizzò, a orecchie dritte. Attese per un lungo momento, ma non sentì più niente.

«Deve essere un topo dei campi» disse fra sé, «o un altro animaletto».

Scivolò un altro po’ fuori dal buco … poi ancora un poco. Era quasi del tutto fuori, ora. Guardò attentamente attorno a sé, un’ultima volta. In alto, nel cielo, brillava la luna.

Allora, i suoi occhi penetranti, abituati alla notte, videro luccicare qualcosa dietro un albero, poco lontano. Era un riflesso di argentea luce lunare che scintillava su una superficie lucida. Il Signor Volpe l’osservò, immobile. Che diavolo poteva essere? Ora, quella cosa si muoveva. Quella cosa si alzava …

«Santo Cielo! La canna di un fucile!»

Rapido come il lampo, il Signor Volpe rientrò d’un balzo nel suo buco e nel medesimo istante si sarebbe detto che la foresta intera esplodesse attorno a lui. Pam-pam-pam! Pam-pam-pam!

Il fumo di tre fucili si alzò nella notte. Olio, Lupino e Pertica uscirono da dietro i loro alberi  e si avvicinarono al buco.

«L’abbiamo presa?» domandò Pertica.

Uno di essi rischiarò la tana con la propria torcia elettrica. E là, al suolo, nel cerchio della luce, metà dentro e metà fuori dal buco, giacevano i poveri resti dilaniati e insanguinati … d’una coda di volpe!

Pertica la raccolse.

«Abbiamo la coda,  ma non la volpe!» esclamò gettandola via.

«Accidenti accidentaccio!» urlò Olio. «Abbiamo sparato troppo tardi. Dovevamo sparare quando aveva messo fuori la testa».

«Certo non si affretterà a riprovarci» disse Lupino.

Pertica estrasse una bottiglia di sidro e bevve a garganella. Poi disse: «La fame la farà uscire, in tre giorni al massimo. Non voglio aspettare seduto, senza far niente. Scaviamo e staniamola!»

«Ah» fece Olio. «Questo è parlar giusto! La possiamo stanare in due ore. Sappiamo che è là».

«Dev’esserci un’intera famiglia, in quel buco» disse Lupino.

«Allora li acchiapperemo tutti» disse Pertica, «prendete i badili!»

I terribili badili

In fondo alla tana, Mamma Volpe leccava teneramente il moncherino di coda di suo marito per fermare il sangue.

«Era la più bella coda nel raggio di molti chilometri» disse tra due colpi di lingua.

«Mi fa male» si lamentò Papà Volpe.

«Lo so,tesoro, ma presto starai meglio».

«E la tua coda ricrescerà, papà» disse uno dei volpacchiotti.

«No, mai più» fece Papà Volpe. «Rimarrò senza coda per il resto dei miei giorni».

Aveva l’aria molto infelice.

Quella sera le volpi non avevano nulla da mangiare e presto i piccoli si addormentarono. Poi Mamma Volpe li seguì. Papà Volpe invece non riusciva a dormire perché il suo moncone di coda gli faceva male.

“Ebbene, dopo tutto” pensava, “devo ritenermi fortunato di essere ancora vivo. Però ora che hanno scoperto il nostro buco, occorre sloggiare al più presto. Non saremo tranquilli fino a quando … Che sta succedendo?”

Volse di scatto la testa e tese l’orecchio. Quello che sentiva in quel momento era il rumore più terribile che una volpe potesse ascoltare, il ras-ras-raschio del badile che stava scavando il terreno.

«Svegliatevi!» gridò. «Scavano! Ci stanno stanando!»

Mamma Volpe si svegliò di colpo, e si raddrizzò, tutta tremante.

«Ne sei sicuro?» mormorò.

«Sicuro sicurissimo! Ascolta!»

«Uccideranno i miei piccoli!» esclamò Mamma Volpe.

«Mai!» disse Papà Volpe.

«Ma sì» singhiozzò Mamma Volpe. «Lo sai anche tu!»

Scrunch, scrunch, scrunch! facevano i badili sopra le loro teste. Dal soffitto cominciarono a cadere terra e sassolini.

«Ci vogliono uccidere? Perché, mamma?» chiese uno dei volpacchiotti, gli occhi neri sbarrati dal terrore. «Con i cani?»

Mamma Volpe si mise a singhiozzare. Prese i piccoli tra le braccia e li strinse a sé.

Improvvisamente, sopra di loro, si udì uno scricchiolio spaventoso e la lama tagliente di un badile attraversò il soffitto. Questo orribile spettacolo sembrò scuotere Papà Volpe, che fece un salto e gridò: «Ci siamo! Sloggiamo! Non c’è un momento da perdere! Come mai non ci ho pensato prima!»

«Pensato a cosa, papà?»

«Una volpe scava più veloce di un uomo!» urlò Papà Volpe, cominciando a scavare. «Nessuno al mondo scava veloce quanto una volpe».

Papà Volpe aveva iniziato a scavare a grande velocità con le zampe anteriori e, dietro di lui, la terra volteggiava vorticosamente.

Mamma Volpe e i quattro piccoli accorsero per aiutarlo.

«Più giù!» ordinò Papà Volpe, «dobbiamo scavare in profondità! Il più profondo possibile!»

Lungo, sempre più lungo, il tunnel avanzava. Discendeva a picco, profondo, sempre più profondo, sotto la superficie della terra. La mamma, il papà e i quattro piccoli scavavano insieme. Le loro zampe anteriori si muovevano così velocemente che non si vedevano più. E a poco a poco, i rumori dei badili si fecero sempre più lontani.

Un’ora dopo, Papà Volpe interruppe lo scavo.

«Stop!» disse.

Tutti si fermarono. Si volsero e alzarono gli occhi sulla lunga galleria che avevano scavato. Tutto era tranquillo.

«Ouf» esclamò Papà Volpe, «penso che ce l’abbiamo fatta! Non scenderanno mai fin qui.Bravi, siete stati tutti molto bravi!»

Si sedettero senza fiato. E Mamma Volpe disse ai suoi figli: «Sappiate che senza vostro padre a quest’ora saremmo tutti morti. Papà è fantastico».

Papà Volpe guardò la sua sposa che gli sorrise. Quando gli parlava così, l’amava più che mai.


Le spaventose ruspe

Il mattino dopo, al levar del sole, Olio, Lupino e Pertica stavano ancora scavando. Avevano aperto una fossa così profonda che avrebbe potuto contenere una casa. Ma non erano ancora arrivati alla fine del tunnel. Erano molto stanchi e furiosi.

«Accidenti, accidentaccio!» disse Olio. «Chi è che ha avuto questa dannata idea?»

«Pertica» rispose Lupino.

Tutti e due guardarono Pertica. Pertica bevve un sorso di sidro e ripose la fiasca, senza offrirne agli altri.

«Ascoltate!» urlò furibondo. «Io voglio questa volpe! E l’avrò! Non mollerò fino a quando non sarà morta e appesa alla mia porta!»

«Non riusciremo a prenderla scavando, questo è sicuro» disse Olio. «Sono stufo di scavare».

Lupino, il piccolo nano panciuto, alzò gli occhi su Pertica e chiese: «Ne hai un’altra, di queste trovate sceme?»

«Cosa?» disse Pertica. «Non ti sento».

Pertica non faceva mai il bagno. E non si lavava neppure. Perciò le sue orecchie erano piene di ogni sorta di sporcizia: cera, cicche di chewing-gum, mosche morte e altre porcherie del genere. Così non ci sentiva un granché.

«Parla più forte» disse a Lupino, che gli gridò: «Qualche altra trovata scema?»

Con un dito sporco, Pertica si grattò dietro la nuca. Gli prudeva un foruncolo.

«Per questa faccenda» disse «abbiamo bisogno di macchine … di ruspe. Con le ruspe staneremo la volpe in cinque minuti!»

Era un’idea abbastanza buona e gli altri due dovettero ammetterlo.

«Allora, d’accordo?» disse Pertica, prendendo in mano la situazione. «Olio, tu resta qui e stai ben attento che la volpe non se la fili! Se cerca di fuggire, spara subito! Lupino e io andiamo a prendere le macchine».

Il grande, magro Pertica si allontanò, seguito dal piccolo Lupino che gli trotterellava dietro. Il grosso Olio restò dov’era, puntando il fucile sulla tana.

Poco dopo, due enormi ruspe nere, una guidata da Pertica, l’altra da Lupino, arrivarono cigolando nel bosco.Sembravano mostri terribili e distruttori.

«Eccoci! Andiamo!» urlò Pertica.

«Morte alla volpe!» incalzò Lupino con uguale foga.

Le macchine si misero al lavoro sulla collina, strappando enormi bocconi di terra. Per prima cosa, il grande albero sotto il quale il Signor Volpe aveva scavato la sua tana s’abbatté come un birillo. Massi venivano scaraventati da ogni parte e gli alberi cadevano con un fracasso assordante.

Rannicchiate sul fondo della loro galleria, le volpi ascoltavano quei tonfi e schianti terribili sopra di loro.

«Cosa succede, papà?» gridarono i volpacchiotti. «Che cosa stanno facendo?»

Il Signor Volpe non sapeva né quello che succedeva, né quello che gli uomini stavano facendo.

«C’è il terremoto!» esclamò Mamma Volpe.

«Guardate!» disse uno dei volpacchiotti. «Il nostro tunnel si è accorciato! Si vede la luce!»

Si volsero tutti e, sì, l’apertura del tunnel era ora a qualche metro e attraverso la fessura, in pieno giorno, scorsero le due enormi scavatrici nere quasi sopra di loro.

«Le ruspe!» esclamò Papà Volpe. «Scavate a tutta forza anche voi! Scavate! Scavate! Scavate!»


La gara

Allora, tra le volpi e le macchine, cominciò una gara disperata. All’inizio, ecco a cosa somigliava la collina:

Circa un'ora dopo che le ruspe ne avevano divorato la sommità, ecco a cosa somigliava la collina:
Talvolta le volpi guadagnavano un po' di terreno e gli scricchiolii diventavano sempre più deboli. Papà Volpe diceva: «Ce la facciamo!» ma poi, un attimo dopo, le macchine tornavano su di loro e lo stridio delle potenti scavatrici diventava sempre più forte. Una volta, le volpi videro perfino i denti acuminati della ruspa mentre stava per azzannare la terra, proprio dietro di loro.
«Continuate, ragazzi!» ansimava Papà Volpe. «Non dobbiamo cedere!»
«Continuate!» urlava il grosso Olio a Lupino e Pertica. «Stiamo per raggiungerla da un momento all'altro!»
«Tu non la vedi?» domandò Pertica.
«Non ancora» gridò Olio, «ma deve essere qui vicino!»
«La aggancerò per la pelle!» sbraitava Lupino. «La farò a pezzettini!»
Ma all'ora del pranzo, le macchine erano sempre là. E anche le povere volpi. Ecco a cosa assomigliava, ora, la collina:
I fattori non s'arrestarono nemmeno per il pranzo. Avevano troppa fretta di farla finita. «Ehilà, volpone!» urlava Lupino sporgendosi dalla propria macchina. «Veniamo a prenderti!»
«Hai mangiato il tuo ultimo pollo!» gridava Olio. «Non verrai mai più a gironzolare intorno alla mia fattoria!»
Una sorta di follia si era impadronita dei tre uomini. Pertica, il grande sacco d'ossa, e Lupino, il nano panciuto, guidavano le loro macchine come pazzi. I motori ruggivano e le ruspe scavavano a tutta forza. Attorno a esse, il grosso Olio saltellava come un derviscio urlando:«Più svelto! Più svelto!» 
Alle cinque del pomeriggio, ecco in quale stato si trovava la collina:
La fossa scavata era grande come il cratere di un vulcano. Era uno spettacolo così straordinario che la gente arrivava in folla dai villaggi vicini per vederla. Si metteva sull'orlo del cratere e guardava Olio, Lupino e Pertica sul fondo.
«Ehilà, Olio! Come va?» 
«Diamo la caccia a una volpe!»
«Dovete essere matti!»
La gente si burlava di loro e rideva. Ma tutto ciò non faceva che accrescere il furore e l'ostinazione dei tre fattori, più decisi che mai a non arrendersi finché non avessero catturato la volpe.  
Non ci scapperà!

Alle sei di sera, Pertica spense il motore della ruspa e scese dal posto di guida. Lupino fece lo stesso. Entrambi ne avevano abbastanza. Erano stanchi e sfiniti per aver scavato tutta la giornata. E avevano anche fame. Lentamente, si avvicinarono al piccolo tunnel in fondo al cratere. Pertica era rosso di collera. Lupino lanciò alla volpe insulti che non si possono ripetere. Olio si avvicinò a loro, con la sua andatura da anatroccolo. 
«La peste colga quella sporca volpe puzzolente!» disse. «Che diavolo facciamo, adesso?»
«Posso dirti quello che non facciamo di sicuro» disse Pertica. «Non la lasceremo fuggire!»
«Non ci scapperà!» dichiarò Lupino. 
«Mai! Mai! Mai!» urlò Olio.
«Hai sentito, volpe maledetta?» sbraitò Pertica curvandosi e urlando nel buco. «Non è che l'inizio! Rientreremo a casa nostra solo quando sarai morta e penzolante!»
I tre uomini si strinsero la mano e fecero solenne giuramento di non tornare alla loro fattoria prima di aver acchiappato la volpe. 
«E ora, che si fa?» domandò Lupino, il nano panciuto.
«Ti spediremo in fondo al tunnel per andare a cercarla!» disse Pertica. «Via, nel buco, miserabile mezzo-uomo!»
 «No, io no!» gridò Lupino prendendo la fuga. Pertica fece un sorrisetto. Quando sorrideva, gli si vedevano le gengive rosse. Del resto, si vedevano più le gengive che i denti.
«Non c'è che una sola cosa da fare» disse. «Lasciamola morire di fame. Accampiamoci qui giorno e notte per far la guardia al buco. Finirà per uscire. Dovrà pur farlo».
Fu così che Olio, Lupino e Pertica fecero portare dalle loro fattorie tende, sacchi a pelo e cibo.

La grande fame delle volpi

Quella sera, sulla collina, tre tende furono piantate nel cratere, attorno alla tana della volpe. Seduti davanti alle loro tende, i tre fattori cenavano. Olio mangiò tre polli bolliti nella pentola, a fuoco lento, con polpette. Lupino sei frittelle ripiene della disgustosa poltiglia di fegato d'oca, e Pertica tracannò una decina di litri di sidro. Tutti e tre tenevano i loro fucili al fianco. Olio prese un pollo fumante e l'avvicinò all'entrata della tana.
«Signor Volpe» urlò. «Lo senti questo pollo tenero e succulento? Perché non vieni a prenderlo?»
«Non pensarci neppure!» disse Mamma Volpe. «E' proprio quello che vogliono».
«Ma noi abbiamo tanta fame!» gridarono i volpacchiotti. «Quando potremo aver qualcosa da rosicchiare?»
La loro mamma non rispose. Né il loro papà. Non c'era nulla da rispondere. 
Scesa la notte, Lupino e Pertica accesero i fari delle due scavatrici e rischiararono il foro.
«Ora» disse Pertica, «veglieremo a turno. Uno farà la guardia mentre gli altri due dormiranno e così di seguito durante tutta la notte».
Olio domandò: «E se la volpe scava un'altra galleria nella collina ed esce da un'altra parte? Non hai pensato, tu, a una possibilità del genere?»
«Certo che sì» disse Pertica che non ci aveva pensato per niente.
«Allora, forza, che soluzione proponi?» 
Pertica tolse un po' di sporco dal suo orecchio e lo buttò via con un colpetto del dito.
«Quanti uomini lavorano nella tua fattoria?»
«Trentacinque» rispose Olio.
«Io ne ho trentasei» aggiunse Lupino.
«E io, trentasette»  disse Pertica. «In tutto sono centootto. Gli ordiniamo di circondare la collina. Ciascuno avrà un fucile e una torcia elettrica. Così, ogni possibilità di fuga sarà eliminata».
Gli ordini arrivarono dunque alle fattorie e, quella notte, centootto uomini accerchiarono strettamente la base della collina. Erano armati di bastoni, di fucili, di accette, di pistole e di ogni sorta di armi spaventose. Il che rendeva praticamente impossibile ogni fuga per una volpe e, di certo, per qualsiasi animale.
Il giorno dopo, continuarono a sorvegliare e ad attendere. Olio, Lupino e Pertica stavano seduti su piccoli sgabelli, gli occhi fissi sulla tana, i loro fucili sulle ginocchia. Non parlavano molto.
Ogni tanto, il Signor Volpe scivolava fino all'entrata della galleria per fiutare. Poi rientrava e dichiarava: «Sono sempre là».
«Ne sei sicuro?» chiedeva Mamma Volpe.
«Sicuro sicurissimo» diceva Papà Volpe. «Posso sentire quel briccone di Pertica a un chilometro di distanza. Ti appesta».

Il Signor Volpe ha un piano

L'attesa continuò per tre giorni e per tre notti. «Quanto tempo può restare una volpe senza bere e senza mangiare?» chiese Olio, il terzo giorno.
«Non molto tempo ancora» rispose Pertica. «La fame e la sete la faranno uscire presto. E' sicuro».
Pertica aveva ragione. Nella galleria, lentamente ma inesorabilmente, le volpi morivano di fame. «

«Se solo avessimo almeno una gocciolina d'acqua» disse uno dei volpacchiotti. «Oh, papà, non puoi fare qualcosa?» «E se andassimo a cercarla, papà? Una speranza di riuscita ci sarebbe, non credi?»
«Nessuna possibilità» tagliò corto Mamma Volpe. «Rifiuto di lasciarvi salire per farvi sparare. Preferisco che moriate qui, tranquillamente».
Papà Volpe non parlava da molto tempo. Seduto immobile, gli occhi chiusi, non ascoltava nemmeno quanto dicevano gli altri. Mamma Volpe sapeva che tentava disperatamente di trovare una soluzione. 


Riuscirà a trovare una soluzione Papà Volpe?! ^___* Prossimamente... lo scoprirete! ^__^

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