Disse la mamma un giorno a Giacomino: «Figlio, lo vedi? E' vuoto il borsellino: cerca qualcuno che abbia del denaro e ci compri la vacca a prezzo caro: digli solo che è sana: attento al trucco: non dirgli che è vecchia come il cucco ...».
E Giacomino con la vacca andò e dopo qualche ora ritornò: «Mammina cara» disse, «eccomi qui: non poteva andar meglio di così! Non so nemmeno come, mamma bella, ma ho fatto affari, con la vaccherella!»
E lei: «Piccolo verme, spiega il gioco: non l'avrai mica data via per poco!»
Lui mostrò allora un piccolo fagiolo, e lei, come friggendo nel paiolo, saltò e strillò e fece le faville: «Ma cos'hai fatto, pezzo d'imbecille? Idiota: hai dato via la nostra vacca per questo schifo misero di bacca?»
E preso quel fagiolo lo insultò, e nella spazzatura lo gettò.
Poi, mettendoci tutta la sua lena, percosse Giacomino sulla schiena per più di una mezz'ora, disgraziato, con un'aspirapolvere spezzato.
Ma ecco che, alle dieci della sera, crebbe il fagiolo nella pattumiera: e tanto crebbe, il prodigioso stelo, che al mattino arrivava al cielo.
E Giacomino, con allegra faccia: «Ma', non è meglio di quella bestiaccia?».
E lei, furiosa: «Stupido figliolo, non vedi che non c'è neanche un fagiolo?».
E giù botte di nuovo, e lui gridava, e con la mano in alto le indicava: «Mamma, guarda lassù, quel gran brillio ... Quelle son foglie d'oro, dico io!».
Lei smette di picchiare, guarda, spia: «Corpo di Bacco, mica è una bugia ...».
Guardando bene, con lo sguardo coglie molte dorate, adorabili foglie.
«Per l'animaccia di tutti i miei cari, mi comprerò una splendida Ferrari! Che cosa aspetti, testa di zucchino? Va su di corsa, e fanne buon bottino!».
E Giacomino saltò svelto e al volo salì lungo il lunghissimo fagiolo, non fece soste e, come una saetta, in poco tempo giunse quasi in vetta: ma ecco, apparve un orribile coso, lì, sopra la sua testa, mostruoso, e un rimbombante vocione s'intese: «Ucci, balucci, c'è puzza d'inglese!».
E Giacomino, per la gran paura, si calò svelto giù per la verdura.
«Mammina» esclamò. «Oh mamma santa, c'è un mostro orrendo sopra quella pianta! Io l'ho visto, mammina, l'ho veduto: è un gigante orribile e nasuto!»
«Nasuto?» sibilò la genitrice. «Ti si è seccata la cervice?»
«No, te lo giuro, mamma, mi guardava! Oh, mamma cara, come mi annusava! Diceva: 'Ucci, qui c'è puzza inglese!'».
«Ma certo!» disse lei. «Belle pretese! Ti dico sempre: 'Lavati, fetente!'. Ma tu ti lavi, puzzolone? Niente! Persino me, che pur ti ho generato, con la tua grande puzza hai disgustato!»
«Se tu non puzzi» suggerì il figliolo, «perchè non sali tu sopra il fagiolo?»
E lei: «Ma sì, ma sì, per la peppina! C'è ancora forza in questa vecchina!».
La gonna oltre il ginocchio sollevò e su per il fagiolo si lanciò.
L'avrebbe o no fiutata quel gigante? Stava in ascolto il figlio, esitante, guardava in alto e aspettava, temendo di risentire quel grido tremendo ...
Ed ecco, giù dall'alto, in quel momento, scese un fracasso di sgranocchiamento, e si sentì la gran voce animale dire: «Il sapore non era poi male, sebbene troppe ossa abbia trovato ...».
E Giacomino: «Oh, Divino Padre! Quel mostro mi ha divorato la madre! Lui l'ha fiutata e perciò direi che un po' di puzza l'aveva anche lei!».
Sicché rimase lì molto pensoso e di quell'oro assai desideroso.
'Se io voglio salire fin lassù' questo era il suo pensiero, suppergiù 'senza peraltro esser fiutato, bisogna che ci vada un po' lavato... Sì, un bel bagno è la soluzione!'
E corse a casa e pigliò il sapone e si lavò e fregò completamente: anche i capelli, incredibilmente, e denti bianchi e naso soffiato: come una rosa era profumato.
Poi svelto torna su tra quelle fronde ed ecco che, tra le gengive immonde del mostro, un lieve mormorio si sente: «Ucci balucci, io non fiuto niente ...».
Quando sentì che il gigante russava Giacomino passò e, a mano brava, di quelle foglie d'oro luminose, larghe, fruscianti, amabili e preziose, raccolse un peso tanto straordinario che diventò di colpo miliardario.
E disse: «Sì, se valuto il guadagno, è meglio che ogni giorno faccia un bagno!».
("Versi perversi", Roald Dahl)
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