Bimbo abitava a due passi da un paesino sperduto tra le fredde montagne del Nord, chiamato Roccapelata. Aveva quattro anni e viveva solo, in una grande casa di legno. Da lungo tempo non sapeva più nulla dei suoi genitori, ma era sicuro che un giorno sarebbero tornati da lui e questo pensiero lo aiutava a superare i momenti di solitudine. Bimbo amava moltissimo quella casa e il suo timore più grande era che un giorno qualcuno potesse portargliela via.
"Se me ne vado da qui," pensava "quando torneranno mamma e papà non sapranno più dove trovarmi."
Per questo non aveva raccontato a nessuno che non aveva una famiglia e in paese circolavano le voci più assurde sul suo conto. Si mormorava che vivesse con uno strano papà: una specie di orco alto e cattivo che odiava la luce del sole e quindi non usciva mai dalla grande casa di legno sperduta tra i monti.
- Dev'essere una persona spregevole e senza cuore - spettegolavano le donne davanti alle botteghe. - Quale buon padre permetterebbe a suo figlio di andarsene in giro vestito di stracci?
Bimbo sapeva di quelle voci e ne soffriva molto.
Come se tutto ciò non bastasse, a Roccapelata vivevano dei ragazzini che si divertivano a fargli dispetti di ogni genere e alla fine Bimbo decise di utilizzare quelle voci per difendersi dai loro attacchi.
Un giorno i monelli si avvicinarono a lui con aria minacciosa e Bimbo gridò loro: - Attenti a voi! Se mi farete arrabbiare troppo andrò a chiamare mio padre e allora sì che saranno guai seri!
I bambini, impauriti, smisero di infastidirlo e con questo stratagemma Bimbo riuscì a cavarsela in diverse occasioni. Un giorno però Geppo, il capo della banda, cominciò a dubitare che questo leggendario papà fosse davvero così spaventoso e decise di seguire Bimbo fino a casa.
L'indomani chiamò gli amici e disse loro: - Non esiste nessun papà. Sono stato a spiarlo per tutto il pomeriggio e non ho visto nessuno in quella grande casa. Bimbo abita da solo e ci ha preso in giro per tutto questo tempo.
Poi, tra lo stupore dei compagni, aggiunse: - Ascoltatemi bene! Domani è la vigilia di Natale e non c'è papà al mondo che lascerebbe da solo suo figlio. Noi andremo a casa di Bimbo e se lo troveremo solo gliela faremo pagare cara.
Geppo aveva ragione: a Natale tutti i bambini aprono i regali insieme ai loro genitori. Bimbo invece anche quella notte era solo, così ogni anno, per ingannare la solitudine, modellava un pupazzo di neve sulla poltrona del suo salotto.
Arrivò la notte della Vigilia e Bimbo si mise al lavoro. Andò in giardino, caricò sul carretto più neve possibile e la portò in casa: ormai era diventato bravissimo e faceva dei pupazzi così belli che assomigliavano sempre più a persone vere.
In poche ore il lavoro fu quasi finito; per completarlo mancavano solo piccoli tocchi da artista. Bimbo si ricordò che un giorno, rovistando in soffitta tra le montagne di roba vecchia e impolverata, aveva trovato un cappello da uomo e una pipa. Li andò a prendere e glieli mise addosso. Era il pupazzo di neve più bello che avesse mai fatto e sembrava talmente vero che Bimbo non riusciva a credere di averlo costruito con le sue mani.
Fuori intanto si era già fatto buio. - Che freddo! - disse Bimbo al pupazzo mentre disponeva la legna nel camino. - Eh, caro mio, qui d'inverno si battono i denti! Ci conviene accendere il fuoco se non vogliamo finire congelati!
Quando si voltò, Bimbo rimase incantato a guardare quel pupazzo che, illuminato dalla luce del fuoco, sembrava quasi umano.
L'incanto di quel momento fu spezzato da un rumore violento che proveniva dalla cucina. Bimbo si precipitò a vedere cosa fosse successo: c'era un sasso in mezzo alla stanza ed i vetri della finestra erano sparsi su tutto il pavimento. Geppo e la sua banda questa volta facevano sul serio!
Allora Bimbo ebbe un'idea: corse in salotto, accese la pipa al pupazzo di neve e gli si accovacciò di fianco.
- Papà, papà! - prese a piagnucolare fingendo di rivolgersi ad una persona in carne ed ossa. La luce del camino proiettava sui vetri, appannati dal freddo, l'ombra di un omone grande e grosso e Bimbo continuò la sua messa in scena gridando con un vocione da orco: - Dì a quei ragazzetti di andarsene, altrimenti li farò pentire io di essere venuti a seccarci proprio la Vigilia di Natale!
I monelli non potevano credere ai loro occhi e alle loro orecchie e così, tremanti dalla paura, fuggirono a gambe levate. Bimbo li guardò soddisfatto con il cuore colmo di gioia mentre scappavano terrorizzati.
- Ce l'abbiamo fatta - esclamò entusiasta al pupazzo.
Ma poi, girandosi di colpo, notò che il pupazzo si stava piano piano sciogliendo al calore del fuoco.
- Ah! Già ... Non puoi rispondermi tu, sei solo uno stupido pupazzo di neve! D'un tratto quella gioia che aveva provato nel sentirsi finalmente protetto da qualcuno si trasformò in una grande delusione.
Dal paese intanto giungevano le grida dei bambini che non riuscivano a trattenere la voglia di cominciare i festeggiamenti prima del tempo e quando le campane scandirono la mezzanotte, Roccapelata si trasformò in una specie di falò che scoppiettava di risate ed euforia.
Bimbo rimase lì a guardare ciò che era rimasto del suo sogno di Natale: un'enorme pozza d'acqua. Poi, all'improvviso, qualcosa lo distolse dai suoi pensieri: gli parve di sentire una voce che lo chiamava provenire dalla camera da letto, ma subito pensò: "Devo smetterla di fantasticare!" credendo che il richiamo fosse frutto della sua immaginazione.
Invece quella voce proseguì, sempre più forte e chiara: - Bimbo! Sei sordo oppure fai finta di non sentire?
Era un vocione di uomo che gli suonava incredibilmente familiare.
- Non è possibile, non è possibile ... - continuava a ripetersi Bimbo senza voltarsi per paura di spezzare quell'incantesimo e di far svanire anche questo nuovo sogno. Poi, si fece coraggio e si voltò.
C'era un uomo in piedi, davanti ai suoi occhi.
- Che cos'è tutta quell'acqua? - disse. - Tu e le tue solite marachelle! Dai, asciugala e poi vieni a dormire che si è fatto tardi! Domani è Natale e dovremo lavorare sodo se vogliamo costruire il presepe più bello del mondo!
Era davvero un uomo in carne ed ossa e sembrava alto quasi due metri! Si tolse il cappello e lo buttò sulla poltrona; dal taschino del gilè s'intravedeva una vecchia pipa ancora fumante, come se fosse stata appena spenta. Poi si voltò e andò verso la camera da letto.
Bimbo era impietrito. Non riusciva a credere che quello che stava vivendo fosse vero. Quell'uomo stava andando a coricarsi nella stanza accanto, quella che Bimbo per anni aveva tenuto pulita in attesa del momento in cui sarebbe arrivato qualcuno a dirgli: - Sono tuo padre. Sono tornato!
Quell'uomo non gli aveva detto niente, si era solo comportato come se avesse vissuto con lui da sempre e anche Bimbo provava la stessa sensazione.
Senza neanche accorgersene gli uscì dalle labbra una frase che non aveva mai pronunciato: - Va bene, papà.
Stupito dalle sue stesse parole Bimbo decise di non porsi più domande; prese uno straccio e asciugò l'acqua. Poi, con il cuore gonfio di gioia, andò a dormire. (Silvia Provantini - nella storia originale Bimbo aveva otto anni... il mio pastrugno invece solo quattro... )