Il buio è
abbagliante! Il buio è divertente! Il buio è utile! Il buio è affascinante! Il
buio è magnifico! Evviva il buio!
Quando Plop si
svegliò, il buio stava già calando. Plop uscì sul ramo; c’era una bella arietta
frizzante. “Ma che uccello del giorno!” gridò alle tenebre. “Io sono quello che
sono!”
“Che cosa stai
urlando?” chiese papà gufo svegliandosi di soprassalto.
“Credo che
finalmente Plop cominci ad apprezzare di essere un gufo”, rispose la mamma. “Shh!
Fa’ finta di dormire.”
Plop salì
dondolando da loro: erano distesi immobili. Come facevano a dormire in una
notte così incantevole! Bene, lui non sarebbe rimasto ad aspettarli senza far
niente; avrebbe potuto perdersi qualcosa di bello! Poteva tornare il signore
col telescopio, o un boy-scout, o chissà chi. Aveva intenzione di scendere a
vedere.
Così Plop chiuse
gli occhi, respirò profondamente e si staccò dal suo ramo.
Planò con le sue
piccole ali bianche e si posò come una piuma. Tutto soddisfatto, si guardò
intorno.
Nell’ombra sotto
l’albero brillavano due strani fanali. Plop si avvicinò e scoprì che i fanali
erano un paio di occhi spalancati che appartenevano a un grosso gatto nero.
Plop aspettò un minuto, senza sapere bene che
cosa aspettasse.
“Stai per dire
qualcosa?” chiese alla fine. “Tutti gli altri l’hanno fatto.”
“Che cosa dovrei
dire?” miagolò il gatto.
“Be’, io che
sono, secondo te?” disse Plop. “Mi hanno scambiato per una girandola, per un
fulmine, per un gomitolo di lana, e anche per un ciccio e per una stella
cadente, e perfino per un budino di crema. A te non sembro niente?”
“A me sembri un
piccolo gufo”, rispose il gatto. Poi, vedendo l’espressione delusa di Plop,
aggiunse: “Ma per un momento mi sono
chiesto se per caso avesse cominciato a nevicare.”
“Pensavi che
fossi un fiocco di neve?” chiese Plop, illuminandosi dalla contentezza.
“Sì, ma poi
quando sei atterrato ho visto che somigliavi di più a un grasso ometto di neve,
e solo dopo ho capito che eri un piccolo gufo. Salve, io mi chiamo Orione.”
“Orione! Il
Grande Cacciatore!” esclamò Plop.
“Be’, ti
ringrazio” disse il gatto lisciandosi i baffi sottili con una zampata di
modestia. “In verità sono un discreto cacciatore di topi, ma non sapevo di
essere tanto famoso.”
“Orione”, ripeté
Plop. “Oh, come vorrei avere un nome così!”
“Perché, il tuo
nome qual è?” chiese il gatto.
“Plop”, rispose
Plop. “Non è tremendo?”
“Oh, non so … è …
curioso”, disse educatamente il gatto, “e per lo meno è corto. Sai, non esiste
un diminutivo per Orione, così di solito mi chiamano ‘Micio’, e non è che mi
piaccia molto.”
“Io ti chiamerò
Orione”, dichiarò Plop.
“Sei gentile”,
disse il gatto. “Senti … ehm … Plop, sto giusto andando a caccia. Ti piacerebbe
venire con me?”
“Oh, non so”,
rispose Plop. “Penso che mi piacerebbe, ma non mi trovo molto a mio agio nel
buio…”
“Non è
possibile! Bisogna fare qualcosa!” esclamò Orione.
“E che cosa?”
chiese Plop. “Che cosa si può fare quando si ha paura del buio?”
“Io non credo
che tu abbia realmente paura”, disse Orione. “Tu credi di averla. IL BUIO E’ BELLO. Prendi una notte come questa, e
guardati intorno: non è bella?”
Plop guardò. Era
spuntata la luna, e bagnava ogni cosa con la sua luce bianca.
“Io amo il
chiaro di luna”, sospirò il gatto. “Il chiaro di luna è magico; fa diventare d’argento
tutte le cose che tocca, specialmente nelle notti gelate come questa. Su, vieni
con me, Plop, e io ti mostrerò uno scintillante mondo d’argento … il segreto mondo notturno dei gatti e dei
gufi. La gente del giorno ora sta dormendo. E’ tutto nostro, Plop! Vuoi venire?”
“Sì”, gridò
Plop, “verrò! Aspetta solo un momento: dico alla mamma dove vado.” E sfrecciò
sopra il suo ramo.
“Allora?” chiese
sua madre.
“Orione dice che
il buio è bello, e mi ha chiesto di andare a caccia con lui. Posso andarci,
mammina, vero?”
“Certo, tesoro.
Ma chi è Orione?”
“E’ il Grande
Cacciatore!” esclamò Plop. “Ci vediamo più tardi.”
Quando papà gufo
rientrò dalla sua prima spedizione, trovò sua moglie un po’ agitata.
“Penso che tutto
quello scrutamento di stelle abbia fatto perdere la testa a Plop”, disse. “Ha raccontato
che va a caccia con Orione. Non era una delle stelle che ci ha mostrato la
notte scorsa?”
“Be’, io l’ho
visto poco fa insieme ad un normalissimo gatto nero”, disse papà gufo. “Stavano
sgattaiolando tra i comignoli di quelle case presso la chiesa.”
“Così lontano da
qui … sei sicuro che fosse Plop
quello che hai visto?” chiese mamma gufo.
Era proprio
Plop. Orione l’aveva fatto salire nel suo mondo in cima ai tetti; il gatto
andava avanti, un po’ arrampicandosi e un po’ a balzi, mentre Plop svolazzava
dietro di lui.
Si fermarono sul
tetto più alto, un gatto di velluto nero e un bianco piumino da cipria, l’uno
accanto all’altro, a guardare di sotto la città addormentata.
“Allora?” chiese
il gatto.
“E’ … oh, sono
senza parole”, sussurrò Plop. “Hai ragione tu: io sono un uccello notturno,
dopotutto. Come si fa a dormire tutta la notte e perdersi questo!”
“E quella che
vedi è solo una notte”, disse Orione.
“Ne esistono mille altre, e tutte belle. Ci sono le notti estive calde e
profumate; le fredde e ventose notti quando le nuvole si azzuffano e ricamano
ombre strane per terra; le notti dei temporali, tagliate all’improvviso dalle
lame bianche dei lampi; le fresche notti di primavera, quando perfino gli
uccelli del giorno non hanno voglia di dormire; e le silenziose notti
invernali, quando la neve ricopre la terra e gela gli alberi e le case. Ah, le
notti che ho visto … e che vedrai anche tu,Plop, da bravo uccello notturno!”
“Sì, questo è il
mio mondo, Orione!” esclamò Plop. “Ma ora devo tornare a casa.”
“Come,così
presto? Non siamo ancora andati a caccia, ed io ho un mucchio di altre cose da
farti vedere … un lago ghiacciato dove galleggia la luna, e …”
“Devo andare,
Orione. Voglio fare una sorpresa ai miei genitori. Ti ringrazio davvero di …
avermi fatto capire che sono un uccello notturno.”
Fece il suo
buffo piccolo inchino, e il gatto nero gli rispose solennemente con un altro
inchino. “Ciao, Plop”, disse, “ti auguro mille
buone notti!”
Plop si alzò in
volo, disegnò un cerchio in aria, fece un ultimo iiik di saluto e poi tornò al suo albero, volando dritto e sicuro.
“Allora?” chiese
sua madre.
Plop fece un
respiro profondo. “Il bambino ha detto che il buio è abbagliante, la vecchia
signora ha detto che il buio è simpatico, il boy-scout ha detto che il buio è
divertente, la bambina ha detto che il buio è utile, la ragazza ha detto che il
buio è affascinante, il signore col telescopio ha detto che il buio è
magnifico, e il gatto Orione dice che il buio è bello.”
“E tu che ne
pensi, Plop?”
Plop guardò la
mamma con occhi brillanti. “Io penso … io penso che … IL BUIO E’ SUPER!”
rispose. “Zitta, adesso; sta arrivando papà. Non dirgli niente.”
Papà gufo entrò
con un gran battito d’ali e gettò qualcosa ai piedi di Plop.
Plop l’inghiottì
in un boccone. “Buono”, disse. “Che cos’era?”
“Un topolino d’acqua.”
“Mi piacciono i
topolini d’acqua”, dichiarò Plop. “Che c’è dopo?”
“Perché non
vieni con me e prendi quello che vuoi?” disse papà gufo.
“Oh, magari!”
rispose Plop.
Papà gufo sbatté
gli occhi. “Che cosa hai detto?”
“Ho detto ‘magari’.
Mi piacerebbe tanto venire a caccia con te”, disse Plop.
“Credevo che
avessi paura del buio.”
“Io?” gridò Plop. “Paura del buio! Ma
questo era tanto tempo fa!”
“Bene!” disse
suo padre. “Allora che stiamo aspettando? Si va a caccia!”
“Ehi, un momento”,
li chiamò la mamma. “Vengo anch’io!”
Così si alzarono
in volo tutti insieme nel chiaro di luna, papà gufo e mamma gufo ai lati, e
Plop in mezzo.
Plop … un
uccello notturno.
("Il gufo che aveva paura del buio" di Jill Tomlinson)
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