Ti ho amato dal primo istante...

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venerdì 18 ottobre 2013

IL BUIO E’ DIVERTENTE



Quella sera, quando si fece scuro, papà gufo invitò di nuovo Plop ad andare a caccia con lui. “Vieni? E’ una notte stupenda.”
“Ehm, stavolta no, grazie papà”, disse Plop, accoccolato all’ingresso del nido. “Ho da fare.”
“Non si direbbe”, osservò suo padre. “Che stai facendo?”
“Sto ricordando”, rispose Plop.
“Vedo”, disse papà gufo. “In questo caso dovrò andare da solo.” E si slanciò nell’oscurità come un grande, silenzioso jet.
“Che stai ricordando, Plop?” gli chiese la mamma incuriosita.
“Quello che ha detto la vecchia signora; che il buio è simpatico. Lei dice che al buio non è mai sola perché ha tante cose da ricordare.”
“Allora quasi quasi approfitterei di questo momento per uscire un po’ a caccia”, disse mamma gufo.
“Non vorrai lasciarmi!” esclamò Plop.
“Non starò via a lungo. Vedrò di portarti qualcosa di buono.”
“Ma io resterò solo!”
“Non è vero. Prova a ricordare, come ha detto la vecchia signora.”
Plop guardò sua madre fluttuare nella notte come una piuma bianca. L’oscurità sembrava venirgli incontro e avvolgerlo nelle sue braccia.
“Il buio è simpatico”, mormorò Plop tra sé e sé, “il buio è simpatico. Oh, povero me, non mi viene in mente nulla!” Chiuse gli occhi e provò a ricordare qualcosa. I fuochi d’artificio! Ecco a che cosa avrebbe ripensato! I fuochi gli erano piaciuti, con tutte quelle luci colorate che salivano dal falò … macchie, strisce, spruzzi di luce accesi nelle tenebre … Se ci pensava, si sentiva ancora gli occhi pieni di stelle.
Delle voci allegre ai piedi dell’albero distolsero Plop dai suoi ricordi. Aprì gli occhi e sbirciò tra le foglie. C’era gente che correva qua e là nel campo, e da un mucchio di rami guizzavano lingue di fuoco. Un altro falò! Voleva dire che ci sarebbero stati ancora i fuochi d’artificio? Eccitato, Plop si mise a guardare. Adesso riusciva a vedere bene quelle persone: erano ragazzi … ragazzi grandi in pantaloncini corti. Stavano raccogliendo altra legna per il fuoco.
A un tratto sparirono tutti nel bosco gridando. Tutti meno uno, cioè.
Un ragazzo era rimasto accanto al fuoco, seduto su un tronco.
Plop si scordò di avere paura del buio. Doveva scoprire che cosa stava succedendo. Così chiuse gli occhi, respirò profondamente e si staccò dal suo ramo.
Il fondo era più vicino di quanto si aspettasse, e Plop atterrò con un gran tonfo.
“Accipicchia!” esclamò il ragazzo seduto sul tronco. “Un budino di crema! Chi l’ha buttato?”
“Non mi ha buttato nessuno … sono venuto per conto mio”, protestò il budino, “e poi, veramente, io sono un gufo.”
“Ah, è così?”, disse il ragazzo. “Sei caduto dal nido?”
Plop si drizzò in tutta la sua altezza. “Non sono caduto … ho volato! Non sono un bravo cascatore, ecco tutto. Volevo vedere se hai intenzione di fare i fuochi d’artificio.”
“Fuochi d’artificio?” chiese il ragazzo. “No davvero. Come ti è venuto in mente?”
“Be’, per via del falò”, rispose Plop.
“Che c’entra!” esclamò il ragazzo. “Questo è un fuoco da campo, e a me tocca sorvegliarlo finché non tornano gli altri.”
“Dove sono andati?” domandò Plop.
“A giocare al buio, beati loro!”
Ti piace giocare al buio?” chiese Plop.
“Certo! E’ super”, disse il ragazzo. “IL BUIO E’ DIVERTENTE. Tutti i giochi normali, come il nascondino, diventano divertenti se li fai al buio. Quello che preferisco è il gioco dove uno rimane alla base con una torcia in mano, e quando sente o vede una cosa qualsiasi che si muove, la illumina. Gli altri devono riuscire a strisciare fino alla base senza essere scoperti. E’ bellissimo!”
Dal bosco si udì un gran trambusto e poi un grido: “Ti ho preso!”
“Ecco, ci stanno giocando adesso”, spiegò il ragazzo. “Il povero Tommy si fa sempre prendere per primo. Ha i piedi talmente grossi! Sai, per non farsi scoprire bisogna strisciare come un’ombra. Uffa! Doveva proprio toccare a me rimanere a sorvegliare il fuoco!”
“A che serve il fuoco?” chiese Plop.
“Be’, noi ci cuociamo le patate, ci scaldiamo la cioccolata … facciamo anche i cori seduti intorno al fucoo.”
“E perché?”
“Ma perché è divertente, ecco perché. E poi i boy-scout devono sempre avere un fuoco da campo.”
“E’ questo che sei? Un boy-scout?”
“Certo, intelligentone, altrimenti non sarei qui, no? Aspetta, devo mettere qualche altro pezzo di legno nel fuoco.”
Plop osservò il ragazzo che ravvivava le fiamme.
“Pensi che io potrei … potrei diventare un boy-scout?” chiese.
“Ne dubito”, rispose il ragazzo. “Sei un po’ troppo … sotto peso. Forse potresti essere un ‘lupetto’, ma devi avere almeno otto anni.”
“Io ho otto settimane”, mormorò Plop.
“Allora pare che dovrai aspettare un bel pezzo, vero?” disse il boy-scout. “Ad ogni modo”, ridacchiò, “in divisa ti scambierebbero per un ufo!”
Plop sembrava così deluso che il ragazzo lo consolò: “Non te la prendere. Stasera puoi rimanere per i cori.”
“Magari!” gridò Plop. “Sarebbe … super!”
“Però faresti bene ad andare prima a casa per chiedere  il permesso a tua madre.”
Così Plop svolazzò nel nido, dove trovò ad aspettarlo la mamma.
“Dove sei stato?” gli chiese lei, con il tono burbero che hanno tutte le mamme quando si sono preoccupate molto.
“Sono stato a parlare con un boy-scout, e lui dice che il buio è divertente, e dice pure che posso rimanere per il fuoco, perciò posso, mamma, vero?”
“Va bene, va bene, d’accordo” rispose sua madre.
Così per una notte Plop fu un vero boy-scout. Si appollaiò sulla spalla del suo nuovo amico e venne presentato a tutti gli altri. Gli fecero un sacco di feste e Plop si divertì un mondo. La cioccolata non gli piacque, però assaggiò una patatina; il suo amico vi soffiò sopra per raffreddarla, perché sapeva che i gufi ingoiano il cibo tutto intero, e una patata bollente nella pancia sarebbe stata piuttosto spiacevole per Plop!
Poi gli scout si strinsero intorno al fuoco e cantarono a più non posso mentre le scintille ballavano. Intonarono canzoni allegre e canzoni tristi, canzoni lunghe e canzoni corte. Plop non cantò perché preferiva ascoltare, ma di quando in quando si eccitava e si metteva a svolazzare sulle teste dei ragazzi strillando “Iiiik! Iiiik!” e facendo ridere tutti.
Cantarono finché il fuoco non si ridusse a un tappeto di brace rossa; al suo riflesso Plop sembrava tutto dipinto di rosa.
Finalmente fu l’ora di tornare a casa, per i ragazzi e per Plop. Lui disse ciao a tutti, si inchinò e si inchinò ad essere indolenzito, poi spiegò le ali e volò sul suo ramo.
“Allora?” gli chiese la madre.
“Te l’ho già detto. Il boy-scout dice che il buio è divertente.”
“E tu che ne pensi, Plop?”
“Che ancora non mi piace PER NIENTE … però i fuochi da campo sono super! Mi hai portato una bella sorpresa?”
“Certo.”
Plop la mandò giù in un solo boccone.
“Buono”, disse. “Che cos’era?”
“Una cavalletta.”
“Mi piacciono le cavallette”, dichiarò Plop. “Che c’è dopo?”

("Il gufo che aveva paura del buio" di Jill Tomlinson)

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