Ti ho amato dal primo istante...

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venerdì 18 ottobre 2013

IL BUIO E' UTILE




Quella notte Plop chiese: “Che c’è dopo?” per un mucchio di volte. Si mise sulla soglia del nido russando a più non posso; ma non dormiva, aveva soltanto fame. I gufi russano sempre quando hanno fame, non lo sapevate?
“Oh, tesoro, sarò proprio contenta quando potrai cacciare per conto tuo”, sospirò mamma gufo esausta, dopo che Plop ebbe trangugiato il suo settimo pranzo … o era l’ottavo?
“Che c’è dopo?” chiese Plop.
“Un bel niente”, rispose sua madre. “Non è possibile che tu abbia ancora spazio per qualcos’altro.”
“Invece ce l’ho”, disse Plop. “Lo spazio dei topi è pieno zeppo, ma quello delle cavallette ancora no.”
“Questo è troppo!” esclamò mamma gufo, e si sdraiò per dormire.
Con un battito d’ali papà gufo piombò nel nido e gettò qualcosa ai piedi di Plop, che l’inghiottì in un boccone.
Era una cosa liscia e saporita.
“Buono”, disse Plop. “Che cos’era?”
“Un pesce”, rispose suo padre.
“Mi piacciono i pesci”, dichiarò Plop. “Che c’è dopo?”
“Il letto!” disse papà gufo. Poi dette a sua moglie il bacio della buona notte, ossia del buon giorno, e si mise a dormire.
Plop russò speranzoso per un paio di volte, ma era ormai chiaro che il banchetto era finito. Allora rientrò dondolando nel nido e ben presto si addormentò.
Quando si svegliò era pomeriggio inoltrato. Plop uscì sul ramo e si guardò intorno. I suoi genitori stavano ancora a letto, immobili come due statue, ma di sotto gli scoiattoli si rincorrevano su e giù per il tronco facendo sventolare le code all’aria. Plop rimase per un po’ ad osservarli. Uno di loro si mise a correre lungo il ramo proprio sotto il suo becco, poi si fermò di botto e prese a lavarsi la faccia. Lo scoiattolo non sapeva che Plop fosse lì … dopo tutto, i gufi dovrebbero dormire di giorno. Plop non seppe resistere; si chinò tra le foglie ed emise il suo più potente “Iiiik!”
Lo scoiattolo saltò in aria come un pupazzo a molla, con le orecchie tremanti e gli occhi impietriti come due biglie, poi guizzò giù per il tronco e sparì nella sua tana. Plop saltellò divertito. Ma naturalmente l’aveva fatto di nuovo: aveva svegliato sua madre.
“Plop!”
“Sì, mammina?”
“Per favore, tesoro, vai a vedere se scopri qualche altra cosa sul buio.”
“Adesso?” chiese Plop.
“Adesso”, rispose sua madre. “Va’ a chiedere a quella bambina che cosa ne pensa.”
“Quale bambina?”
“Quella seduta laggiù … quella con la coda di cavallo.”
“Le bambine non hanno la coda.”
“Questa sì. Scendi subito, altrimenti non la troverai più.”
Così Plop chiuse gli occhi, respirò profondamente e si staccò dal suo ramo.
L’atterraggio andò un po’ meglio del solito. Plop rimbalzò solo tre volte e rotolò dolcemente ai piedi della bambina.
“Oh! Un gomitolo di lana!” gridò la bambina.
“Veramente io sono un gufo”, disse il gomitolo.
“Un gufo? Ne sei sicuro?” chiese lei, e gli puntò un dito sporco nella pancia piumosa per punzecchiarlo.
“Sicurissimo”, rispose Plop tirandosi indietro e rizzandosi in tutta la sua altezza.
“Ehi, non c’è mica bisogno di offendersi”, disse la bambina. “Se vai in giro rimbalzando in quel modo devi aspettartelo di essere scambiato per una palla. Io non avevo mai incontrato un gufo, prima di te. Tu fai uuuh-uuuuh?”
“No”, rispose Plop.
“Allora non puoi essere un gufo vero”, disse la bambina. “Tutti i gufi veri fanno uuuh-uuuuh!”
“Io sono un gufo vero”, gridò Plop arrabbiato. “E i gufi fanno iiik, così!”
“No, non farlo!” implorò la bambina mettendosi le mani sulle orecchie.
“Be’, non dovevi provocarmi”, disse Plop. “Ad ogni modo, tu non puoi essere una ragazza vera.”
“Che cosa hai detto?” chiese la bambina allontanando le mani dalle orecchie.
“Ho detto che non sei una vera ragazza; le ragazze non hanno la coda! Gli scoiattoli hanno la coda, i conigli hanno la coda, i topi hanno …”
“Questa è una coda di cavallo”, lo interruppe la bambina. “E’ la più lunga della classe”, aggiunse con orgoglio.
“Ma perché vuoi sembrare un cavallo?” chiese Plop.
“Perché … perché va di moda”, rispose la bambina. “Ma tu non sai proprio nulla?”
“Non molto”, ammise Plop. “Mia madre dice che se io ho paura del buio è perché non ne so nulla. A te piace il buio?”
La bambina guardò Plop meravigliata. “Certo”, disse. “Il buio ci deve essere. IL BUIO E’ UTILE.”
“Il buio e tutil … come hai detto?”
“E’ utile. Ci serve. Non possiamo farne a meno.”
“Io potrei farne a meno”, borbottò Plop. “Potrei farne a meno benissimo.”
“Ma Babbo Natale non verrebbe più!” esclamò la bambina. “E il giorno di Natale troveresti la calza vuota.” *
“Io non porto le calze”, disse Plop. “E poi chi è Babbo Natale?”
“Babbo Natale è un vecchio grasso e allegro con la barba bianca; porta un vestito rosso col cappuccio e gli stivali neri.”
“Va di moda?” chiese Plop.
“No”, rispose la bambina. “Lui è vestito sempre così nelle figure. Per quanto, io non riesco a capire come mai tutti lo conoscono, dal momento che nessuno l’ha mai visto.”
“E come mai?” domandò Plop.
“E’ quello che cercavo di spiegarti: Babbo Natale viene soltanto quando è buio. Arriva a mezzanotte correndo nel cielo su una slitta tirata da renne.”
“Renne?” chiese Plop. “Nel cielo?”
“Sono una specie di cervi magici”, spiegò la bambina. “Tutto quello che fa Babbo Natale è magico, se no come potrebbe andare da tutti i bambini in una notte sola e portare nel sacco i giocattoli per tutti quanti?”
“Non mi avevi detto niente del sacco.”
“Lui ha un sacco pieno di giocattoli e li mette nelle calze dei bambini.”
“Nelle calze?” chiese Plop. “Con tutti i piedi dentro? Non può esserci tanto spazio!”
“Ma no, che hai capito? Noi appendiamo le calze vuote ai piedi del letto per fargliele riempire. Io di solito ne prendo in prestito una della mamma, ma l’anno scorso ho appeso la mia calzamaglia.”
“E lui l’ha riempita?” sussurrò Plop senza fiato.
“No … solo una gamba, però nell’altra ci ha messo un topolino di zucchero.”
“Io avrei preferito un topo vero”, disse Plop.
“Veramente pure io”, confessò la bambina. “Desideravo tanto un topolino bianco, ma la mamma dice che se in casa entra un topo, esce lei … e forse Babbo Natale non ha voluto che io rimanessi orfana.”
Plop stava pensando. “Non mi sembra che i gufi abbiano un Babbo Natale … e poi io non ce l’ho una calza da appendere.”
“E’ una vergogna!” esclamò la bambina. “Tutti dovrebbero avere un Babbo Natale. E’ così emozionante  svegliarsi la mattina e andare a toccare i bozzi della calza per cercare di indovinare quello che c’è dentro!”
“Basta!” supplicò Plop. “Come vorrei che venisse da me!”
“Chiudi gli occhi”, disse la bambina. “Forza, se li chiudi avrai una sorpresa.”
Plop chiuse gli occhi e aspettò.
La bambina si tolse svelta svelta lo stivaletto e si sfilò una calza; ne portava un paio sopra l’altro perché gli stivali le stavano un po’ grandi.
“Apri gli occhi!” ordinò; teneva la calza in mano e si reggeva su un piede solo mentre cercava di infilare l’altro nello stivale.
Plop aprì gli occhi … e li richiuse subito. Non riusciva a credere a quello che aveva visto.
“Non la vuoi?” chiese la bambina. “Lo so che ha qualche buco, ma sono sicura che Babbo Natale non ci farà caso.”
“Oh, grazie”, disse Plop prendendo la calza con il becco e mettendosela nel piede, “grazie mille. Vado subito ad appenderla.”
“Ancora no!” rise la bambina. “Dovrai aspettare la vigilia di Natale. Bene, adesso io devo andare; dev’essere quasi ora di merenda. Ciao! Spero proprio che Babbo Natale venga anche da te.”
“Ciao”, salutò Plop facendo il suo buffo inchino dondolante. “Sei davvero simpatica, sai, e … sei una ragazza vera.”
“E tu sai fare un bellissimo iiik”, disse la bambina. “Voglio impararlo anch’io, così metterò paura a mio fratello.” E corse via.
Plop udì a lungo il suo iiik che si allontanava nel campo. Poi raccolse la calza col becco e volò sopra il suo ramo.
“Allora?” chiese mamma gufo.
“Na faffina fife …” prese a dire Plop con la calza in bocca; poi la posò e ricominciò da capo. “La bambina dice che il buio è utile, perché arriva Babbo Natale.”
“E tu che ne pensi, Plop?”
“Che ancora non mi piace PER NIENTE … però la vigilia di Natale voglio appendere questa calza.”
Così Plop la prese e con molta cura la mise vicino al letto in attesa del Natale.

*In molti Paesi, come ad esempio l’Inghilterra, i bambini la vigilia di Natale appendono le loro calze per ricevere doni e dolciumi.

("Il gufo che aveva paura del buio" di Jill Tomlinson)

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