Ti ho amato dal primo istante...

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venerdì 25 ottobre 2013

L'Apemaia di Waldemar Bonsels. - Vita nell’alveare.

L'Ape Maia è un altro di quei cartoni animati che possono essere definiti "storici" per la loro importanza. Prodotto nel 1975 in 104 episodi (due serie di 52 ) e frutto di una collaborazione nippo-tedesca, arriva in Italia nel 1979, trasmesso da Rai Uno.
L'Ape Maia non è il primo cartone animato "coprodotto" da Giappone e Germania: Prima c'erano stati Heidi nel 1974 e in seguito Vickie il Vichingo nel 1977.
L' Ape Maia e le sue avventure sono ispirate ai racconti di Waldemar Bonsels (1880 - 1952) , uno scrittore tedesco molto apprezzato in patria e i cui lavori sono stati tradotti in 28 lingue. Ancora oggi in Germania, l'Ape Maia è uno dei personaggi più famosi e riconosciuti dai bambini, anche molto piccoli. 
E' importante sottolineare che Waldemar Bonsels non era comunque uno scrittore per bambini, le sue non erano solo "favolette". A parte Biene Maya ( L'Ape Maia) scrisse lavori molto più complessi e tutti comunque pervasi da un profondo alone di misticità. Bonsels, nelle sue opere, predicava il valore e l'importanza della natura e la sua strettissima connessione con Dio.
Ve la ricordate mamme e papà?! Dite la verità, la guardate anche voi volentieri, come faccio io col pastrugno... eh?! Recentemente, la ripropongono sia su cartoonito sia su rai yoyo... A mio figlio piace molto...  Ecco un episodio, il primo.

Vita nell’alveare.


Il sole nasceva dietro la collina, illuminando a
poco a poco tutto l'alveare. La vita si svegliava
e si svegliavano anche le api che da anni ormai
abitavano al limite del prato, vicino al bosco.
L'Uomo aveva costruito un alveare per
assicurarsi ogni anno una buona quantità di
miele, e le api lo rifornivano puntualmente non
solo di ottimo miele ma anche di cera.
L'alveare era molto popolato; organizzato
quasi come una città, ospitava circa 60 mila api.
Ogni ape svolgeva un compito preciso e
determinato, ma tutte lavoravano insieme
aiutandosi a vicenda.
C'erano api operaie che raccoglievano il
nettare dei fiori per trasformarlo in miele, api
che raccoglievano il polline per nutrire tutto il
popolo dell'alveare, api esploratrici che
cercavano nuovi luoghi per fare altri nidi;
c'erano i fuchi guerrieri addetti alla
sorveglianza e alla difesa e i fuchi servitori al
servizio della Regina. Sì, perché come in ogni
alveare c'era una Regina che governava tutte
le api. Ogni anno, all'inizio della stagione, la
Regina deponeva le uova, dalle quali
nascevano nuove api. Ed è proprio a questo
punto che comincia la meravigliosa storia di
Apemaia.
Era un gran giorno per l'alveare: le uova
deposte dalla Regina stavano per aprirsi. Tutti
avevano un gran da fare. Le api più anziane
correvano a destra e a sinistra, chi portando
acqua calda, chi informandosi sul numero delle
nuove nate e sul loro stato di salute, chi
distribuendo preziose cucchiaiate di pappa
reale. Cassandra, la maestra delle api, correva
da una celletta all'altra facendo l'appello. A un
certo punto sentì una vocina: "Buongiorno!
Che succede qui? Perché tutti corrono?". Era
un'ape appena nata che non aveva ancora
messo fuori completamente le ali e già faceva
domande.
"Buongiorno, Apemaia. Tutto bene? Aspetta
un momentino e sarò da te", disse Cassandra
correndo con un'ampolla di miele verso altre
celle. Apemaia era impaziente. Per lei tutto era
una novità. A chiunque passasse vicino alla sua
cella faceva una quantità di domande. "A che
cosa serve questo? Dove vai con quell'arnese?
Come ti chiami? Perché hai cosi fretta?". Ma
nessuno aveva il tempo di risponderle. Fu così
che si decise a uscir fuori, allargò le ali e si sentì
capace di volare.
"Evviva! Mi sollevo! Volo!"; e, facendo alcuni
giretti intorno alla sua cella, sperimentò per la
prima volta l'ebbrezza del volo.
Si accorse che vicino a lei c'era qualcuno che
dormiva ancora, coperto da una minuscola
foglia. "Sveglia! È ora! Cosa fai ancora a
letto?", urlò nelle orecchie di un'ape piccola
quanto lei. "Guarda, ho le ali e riesco a volare.
Prova anche tu". Willi allora aprì gli occhi e vide
le ali di Apemaia. "Accidenti! Chi mi ha
svegliato da questo sogno meraviglioso?",
disse, sottolineando il disappunto con un
solenne sbadiglio. Apemaia si presentò e i due
fecero subito amicizia. Andarono a curiosare
lungo i corridoi, spiarono le api più anziane che
si affannavano presso le nuove nate e, come
due veterane, imboccarono il corridoio che
portava verso l'uscita. Willi aveva spiegato le ali
e, dopo qualche tentativo mal riuscito, prese
anche lui il volo. Com'era bello non dover
usare le gambe per spostarsi ma affidarsi alle
ali, che sollevavano da terra e portavano da
un posto all'altro con la minima fatica!
Apemaia vide una grande porta oltre la quale
si poteva scorgere una cosa tutta azzurra.
"Guarda Willi, forse quello è il cielo! Andiamo
a vedere", e con una bella planata
atterrarono proprio davanti alla grande porta.
"Alto là! Dove andate?", intimò un guerriero
armato di lancia. "Non sapete che non si può
uscire soli alla vostra età, senza essere
accompagnati dalla vostra maestra?".
Willi fece una faccia preoccupata, non aveva
mai sentito parlare di maestra.
Apemaia, che aveva già conosciuto Cassandra,
lo rassicurò: "Willi, non ti preoccupare, la nostra
maestra si chiama Cassandra ed è un tipo
simpatico. Andiamo a cercarla, vedrai che ci
porterà lei a volare nel cielo".
Avevano fretta di imparare tante cose e
Cassandra fu ben felice di essere la loro
maestra. Quella mattina erano nate altre api, e
tutte insieme formarono un'allegra scolaresca,
pronta ad entrare nella già grande famiglia
dell'alveare. Cassandra sapeva come trattare
le novelline, ma non aveva mai trovato tra le
sue alunne dei tipi svegli quanto Apemaia.
Faceva sempre domande, voleva sapere tutto,
voleva ficcare il naso in tutti gli angoli
dell'alveare. Willi invece era un pacioccone. E
dall'alleanza tra i due nasceva una gran
quantità di pasticci.
Apemaia chiese a Cassandra di portarle a fare
una passeggiata all'aria aperta, per conoscere
un po' di mondo. Fu cosi che la prima lezione si
svolse tra i petali di un fiore e il verde di una
foglia.
C'erano tante cose da imparare. Cassandra
iniziò con la spiegazione di tutti i lavori che si
facevano nell'alveare. Ogni ape doveva saper
fare qualsiasi lavoro.
"La mattina appena sveglie", disse Cassandra
alle sue alunne, "dovrete occuparvi della
pulizia della vostra cella. L'alveare deve essere
sempre lindo, e visto che siamo in tante
ognuna dovrà provvedere personalmente a
tenere in ordine le sue cose". Apemaia arricciò
il naso. "Uffa, si comincia proprio bene!",
diceva tra sé, "io con la scopa non vado molto
d'accordo. Speriamo che ci sia qualche cosa di
più interessante da fare".
Cassandra continuò la sua lezione spiegando
che un altro importante compito delle api era
quello di costruire nuovi favi, e di mantenere in
buono stato i favi più vecchi.
"Ma che cos'è un favo?", domandò Willi
saltando sul suo fiore. "È la casa in cui sei
nato", spiegò Cassandra, "e che domani
servirà per mettervi il miele. Sai Willi, il favo è
fatto con la cera, e anche questo è un risultato
del nostro lavoro". "Ma con che cosa si fa il
miele", s'interessò Apemaia, "e con che cosa si
fa la cera?". Cassandra rispondeva
pazientemente a tutte quelle domande.
"Quando sarete più grandi, andrete a
raccogliere quella goccia di acqua dolce che
c'è nel cuore del fiore. Si chiama nettare, e
serve per fare il miele. Ma prima...". "Ecco!
Sempre quando saremo grandi! Possibile che
adesso non possiamo fare nient'altro che
venire a scuola? Uffa, io mi annoio". Inutile
dire che era Apemaia a protestare. Non le
piaceva l'idea di aspettare tanto tempo, prima
di fare qualcosa di concreto. Vedeva le altre
api andare e venire con le loro ampolle piene
di nettare e moriva dalla voglia di provare
anche lei.
Ma non tanto per lavorare, quanto per
scoprire com'era il mondo. Cassandra capì
questo desiderio e incominciò a parlare degli
amici delle api... ma anche dei loro nemici.
"Intorno all'alveare ci sono i prati e c'è il bosco.
Non siamo solo noi ad abitare qui. Ci sono
tanti altri animali. Prima di andare ad esplorare
il mondo dovete imparare a comportarvi bene
con coloro che incontrerete". L'idea di
incontrare altra gente piaceva molto ad
Apemaia, e anche Willi era attento alle
spiegazioni di Cassandra.
"Gli animali non sono cattivi, e neanche
l'Uomo è cattivo", continuò Cassandra, "ma
bisogna saperci fare. Non serve litigare, non
serve dire sempre e solo tutto quello che non
ci piace o non ci va. Quando incontrerete altri
animali, cercate di vedere in loro anche i lati
buoni. Curt, per esempio, è grande e grosso e
non si può certo dire che sia bello. Ma ha un
cuore d'oro, e difende sempre i più deboli.
Max, il verme, vede sempre tutto nero, si lagna
di molte cose, ma è disposto a farsi in quattro
quando gli si chiede aiuto. E cosi è l'Uomo. Se
non gli andate tanto vicino e non lo molestate
con il vostro ronzio, l'Uomo vi sarà d'aiuto.
L'inverno, quando i fiori non ci sono, è lui che ci
porta la melassa per nutrirci. È lui che costruisce
altri alveari per ospitare il nuovo sciame".
Nessuno della scolaresca osava fiatare.
Certo, Cassandra ne sapeva di cose! Peccato
però che non si potesse cominciare subito a
cercare gli amici del bosco.
Cassandra infatti aveva riportato le api
all'alveare per il pranzo, e aveva deciso di
dimostrare loro come si costruisce un favo.
Apemaia avrebbe voluto restare all'aria
aperta ancora un po', ma anche l'idea di
andare a tavola non era male. Quanto alla
costruzione del favo... avrebbe cercato di
trasformare quel lavoro in un gioco. La cera
infatti era morbida e ci si poteva giocare bene.
Ci si potevano modellare delle statuine, la si
poteva spalmare sul pavimento rendendolo
lucido e scivoloso. "Scivoloso... che idea!",
pensò Apemaia, e rovesciò tutta la cera per
terra cercando di spalmarla il più possibile con
l'aiuto di uno spazzolone. Poi si nascose dietro
l'angolo e... aspettò. Il primo a cadere nella
trappola fu Willi. Arrivava di corsa, non si
accorse del pavimento lucido e scivol...
"Bum!!!". Era finito gambe all'aria, le ali
accartocciate, un gran
bernoccolo sulla testa. Dietro di lui Apemaia
rideva a crepapelle. "Che buffo sei, Willi, non
sai più camminare!", esclamò divertita alle
spalle dell'amico.
Cassandra, che aveva visto la scena, andò su
tutte le furie. "Apemaia, ti sembra bello quello
che hai fatto? Willi è tuo amico, e avrebbe
potuto farsi male! ".
"Ma io... ", si giustificò Apemaia, "non volevo
fargli male, volevo divertirmi".
"Scherzi sciocchi!", tuonò Cassandra, "non
vedo cosa ci trovi di divertente in uno che
rischia l'osso del collo". Intanto Willi giaceva
con il sedere per aria, lamentandosi
debolmente. "Ohi, mamma, vedo le stelle!".
Cassandra, molto seria, intimò ad Apemaia di
ripulire il pavimento dalla cera e di presentarsi
subito dopo in classe. Aveva intenzione di
darle una punizione; ma in quel momento non
sapeva ancora quale. Poi si ricordò che quella
mattina erano state usate molte ampolle per
la raccolta del nettare e che non erano ancora
state pulite. Così, quando Apemaia arrivò in
classe, la spedì a pulire le ampolle. Era un
lavoro ingrato. Il nettare è appiccicoso, non è
facile toglierlo per bene. Bisognava strofinare
e strofinare ancora, e non si finiva mai di pulire
a fondo ogni ampolla.
Era già sera quando Apemaia finì di lustrare
quelle stramaledette pentole.
Ma la lezione era servita. Adesso, prima di fare
un altro scherzo, ci avrebbe pensato due
volte. L'indomani Cassandra riprese le sue
lezioni all'aperto. Voleva insegnare alle api a
orientarsi servendosi del sole.
"Guardate il sole. Nasce a Oriente e cala a
Occidente. A Oriente dell'alveare ci sono la
grande quercia, il tiglio e il bosco. A Occidente
c'è la casa dell'Uomo. Noi stiamo proprio in
mezzo". "Anche di notte c'è il sole?",
domandò Willi, senza pensare troppo a quello
che diceva. "Che sciocco!", disse Cassandra,
"di notte è tutto buio, proprio perché il sole
non c'è. Ma ci si può orientare con le stelle. È
un po' più difficile, ma ci si riesce. Comunque, le
api non escono di notte". Quel giorno
Cassandra aveva deciso di restare a pranzare
all'aria aperta.
Ogni tanto il sole andava a nascondersi dietro
qualche nuvola, ma non c'era ancora il pericolo
della pioggia.
Apemaia e Willi erano così contenti.
Gironzolavano qua e là chiamandosi a
vicenda: "Willi, guarda questo fiore!",
"Apemaia, guarda questo buco nella terra:
chissà chi ci abita".
Ad un tratto sentirono un rumore strano:
"Tong... tong... tong... ", qualcuno si stava
avvicinando saltando da un fiore all'altro.
"Buongiorno, mie care api. Già al lavoro?".
"Buongiorno Flip", rispose Cassandra, "questa
è la nuova scolaresca. Sono api nate ieri, ma
sono già in gamba. Questa è Apemaia, questo
è Willi, questa è... ", e presentò tutta la classe a
Flip, che si tolse il cilindro e salutò con un
inchino.
"Chi sei tu?", domandò Apemaia curiosa.
"Sono Flip, professore di spettacolo, amico
delle api, e gran girovago". "Conosci anche
l'Uomo?", continuò Apemaia con molto
interesse. "Io con l'Uomo non ho mai avuto
molto a che fare però sì, lo conosco; cioè,
voglio dire che l'ho visto un paio di volte. È così
grande e grosso rispetto a noi... ha due occhi
così grandi, e due gambe così lunghe... ".
Apemaia ascoltava estasiata. Possibile che
l'Uomo fosse proprio così grande come diceva
Flip? Chissà quando ne avrebbe incontrato
uno? Stava ancora fantasticando sulla
grandezza dell'Uomo quando arrivò Willi di
corsa.
"Apemaia!!! Vieni subito! Ho trovato un altro
buco, ma dentro c'è qualcuno, perché si sente
fare crac-crac, e si vede un pezzo di coda. Può
essere... ". "Willi, calma. Dov'è questo buco?";
e insieme volarono su un grosso tronco forato
da tanti piccoli buchini. "Sssst, fai piano... non
sappiamo se è un amico o un nemico".
Apemaia camminava in punta di piedi, seguita
da Willi, che aveva davvero un bel po' di fifa.
"Speriamo che non mangi le api, quel coso lì...
speriamo che... Mamma! Il mostro!".
L'urlo di Willi fece accorrere Cassandra; ma
non si trattava di un mostro, bensì di un tarlo,
che scavava la sua galleria nella corteccia del
vecchio tronco. "Calma, non urlare così", disse
Cassandra prendendo per mano il povero Willi
tremante di paura, "non ci sono mostri.
Questo è il signor Tarlo, saluta... ".
"Ehm... buongiorno, cosa ci fa dentro quel
buco?", domandò Willi con un filo di voce."Care api, faccio il mio lavoro: scavo gallerie
nel legno, mi costruisco una casa bella e
comoda per l'inverno". Il tarlo aveva proprio
un'aria inoffensiva. Chiacchierarono un po' del
più e del meno, tanto per fare amicizia, e poi
Cassandra invitò le api a tornare a casa. Forse
per lo spavento, forse per la giornata all'aria
aperta, rientrarono tutti volentieri nell'alveare.
Willi aveva tanta fame e si precipitò verso un
vaso di miele per fare un'abbondante
merenda. Era proprio buono il miele, dolce,
filante, gustoso. Willi non avrebbe smesso
mai... ma anche le api possono fare
indigestione e lui sapeva che troppo miele fa
venire il mal di pancia. "Per ora basta così",
pensò, "più tardi verrò a prendermi
l'aperitivo... ". Mentre riponeva il vaso al suo
posto sopra la grande mensola, si ricordò che il
giorno prima Apemaia gli aveva fatto lo
scherzo della cera sul pavimento. "Devo
trovare il modo di fargliela pagare... ", disse
tra sé, "chi la fa l'aspetti!". E se ne andò in
cerca di uno scherzo geniale da giocare
all'amica.
Ma di genio Willi ne aveva un po' poco.
Nonostante cercasse dentro la sua testolina
qualcosa di divertente, non riusciva a trovare
altro che vecchi scherzi fatti e rifatti.
"Vediamo... potrei cucirle le maniche del
pigiama... potrei appenderle un campanello
sotto il letto, così quando va a dormire, eh
eh!, ogni volta che si muove, il campanello
suona... potrei mettere un catino d'acqua
sopra la porta della sua celletta, che bagno
ragazzi! Potrei... ", e continuava a spremersi le
meningi.
Era quasi sera, quando Apemaia si sentì
chiamare: "Apemaia, vieni a giocare a
nascondino?", domandò Willi con un'aria
sorniona.
"A nascondino? Ma è un gioco da piccoli, e poi
è quasi buio".
"Proprio qui sta il bello", obiettò Willi, "al buio
il gioco è ancora più difficile!".
Corsero verso l'uscita dell'alveare e
cominciarono a giocare.
"Mi nascondo io", propose Willi, "e tu mi
cerchi". Apemaia contò fino a cento e poi
andò a cercare Willi. C'era un gran silenzio, e di
Willi nemmeno l'ombra. Apemaia guardò
dietro la porta, sotto il tavolo, fece un rapido
giro fuori. Le sembrò di sentire un fruscio. "Lo
sento, ma non lo vedo", diceva tra sé. "Eppure
non mi scapperà!".
Mentre ritornava verso l'alveare, vide davanti
a sé una cosa tutta bianca. Si muoveva
lentamente e, quel che è peggio, si muoveva
verso di lei. Apemaia ebbe paura. Quella cosa
strana faceva un verso tenebroso: "Uuhh!
Uuhh! Uuhh!". Non aveva mai visto animali di
quel genere; era bianco dalla testa ai piedi e
non aveva una forma precisa; era come se
fosse ricoperto da un gran lenzuolo.
Cercò di scappare, ma la cosa strana le andava
dietro. Cercò di tornare in fretta all'alveare,
ma la cosa strana le tagliò la strada e dovette
correre da un'altra parte. Non sapeva più che
cosa fare.
Aveva veramente paura. Ce l'aveva fatta ad
arrivare fin sulla terrazza dell'alveare ma non
le riusciva di infilare la porta d'entrata.
La cosa bianca era lì, davanti a lei, e le si
avvicinava lentamente. Apemaia incominciò a
camminare all'indietro, passo dopo passo.
Senza accorgersene, arrivò fino al bordo
estremo della terrazza.
A quel punto la cosa bianca cacciò un urlo
feroce: "Uuaauuhh!", e Apemaia cadde
all'indietro, precipitando nel prato. Stava là,
con le antenne abbassate, la lingua penzoloni
e le gambe che tremavano: stentava a
riprendersi dallo spavento. Sopra la sua testa
invece c'era qualcuno che rideva a più non
posso. "Ah, ah, ah, che scherzo geniale! Che
volo!". Willi si teneva la pancia per il troppo
ridere. "Un fantasma, il fantasma della
notte!". A quel punto Apemaia capì tutto.
Altro che cosa bianca, quello non era altro che
Willi travestito da fantasma. E lei, che non
aveva capito! "Accidenti, Willi, sei diventato
matto? Ti sembrano scherzi da fare a
quest'ora?". Willi continuava a ridere e
Apemaia ad inveire contro di lui, quando
arrivò Cassandra.
"Che fate voi due lì fuori? È un'ora che vi
cerco! Cosa avete combinato?", domandò
con aria di rimprovero. Willi era tanto ingenuo
da non saper nemmeno nascondere le sue
malefatte. Fu così che raccontò a Cassandra lo
scherzo del fantasma, il capitombolo di
Apemaia e tutto il resto. Cassandra andò su
tutte le furie. "Ve la faccio vedere io... altro
che fantasma, voi due filate a letto
immediatamente", e indicò la direzione delle
loro celle. Più tardi li raggiunse e fece loro una
bella predica: "Ieri vi avevo avvisato: niente
scherzi di cattivo gusto. E oggi ci risiamo! Che
razza di amici siete? Possibile che dobbiate
sempre combinare guai?". Non fu facile
addormentarsi quella sera. Apemaia pensava:
"Se non avessi cominciato io, forse Willi non
avrebbe fatto il fantasma oggi... ". E Willi
diceva tra se: "Avrei anche potuto lasciar
perdere. Apemaia si è così spaventata... ".
Entrambi fecero il buon proposito di non
architettare altri scherzi, e solo allora
riuscirono a prendere sonno.
Il giorno dopo, Cassandra lavorò alacremente.
Stava costruendo nuovi favi per raccogliere il
miele, e lo faceva con molto impegno.
Era ancora così infastidita da quello che era
successo la sera prima. che non rivolse una
parola ne a Willi né ad Apemaia. I due le
giravano intorno con un fare servizievole per
farsi perdonare i loro misfatti. Portavano le
scaglie di cera per rendere più solido il nuovo
favo, raccoglievano i pezzi caduti, portavano
le ampolle di miele da travasare, passavano a
Cassandra tutti gli attrezzi necessari. Avevano
capito la lezione e si impegnavano ad essere
delle brave api. Il pomeriggio andarono a
lezione e fecero i compiti con molta
attenzione. Era bello imparare a diventare una
vera ape, ed erano contenti di far parte di una
così laboriosa famiglia.
Cassandra spiegava come l'alveare
funzionasse a perfezione grazie al lavoro di
tutti quanti. Durante le altre lezioni Apemaia e
Willi avevano conosciuto le varie mansioni di
un'ape: la nutrice che si cura dei piccoli,
l'esploratrice che indica il luogo dove trovare
nuovi fiori, la bottinatrice che raccoglie il
nettare e il polline rifornendo di cibo l'alveare,
la costruttrice che fabbrica i favi, l'ape della
pulizia che prepara le celle vuote per il
deposito delle uova e le pulisce con una
sostanza simile alla lacca, l'ape guardiana che
sorveglia l'entrata dell'arnia. Ogni ape,
secondo la sua età, svolgeva ognuna di queste
mansioni: prima una, poi l'altra, poi l'altra
ancora.
"Ma", disse Cassandra, "non è tutto qui. Ci
sono delle api che, specie d'estate, si occupano
del raffreddamento dell'alveare".
"Raffreddamento?", domandò Willi, "che
cosa vuol dire?". "Vuol dire", rispose
Cassandra, "far circolare l'aria fresca dentro
l'alveare, altrimenti con il caldo la cera si
scioglie. Per questo alcune api agitano
rapidamente le ali per raffreddare l'aria e, se
questo non basta, vanno a prendere l'acqua".
"L'acqua? E cosa ci fanno con l'acqua?",
domandò Apemaia incuriosita. "Vedi,
Apemaia", continuò Cassandra, "l'acqua con il
caldo evapora, e rinfresca l'ambiente. Hai mai
visto le api spruzzatrici? Ecco, proprio loro
spruzzano l'acqua portata all'alveare dalle più
anziane, e in questo modo la cera non si
scioglie".
"Senti, Cassandra", intervenne Willi, "non ci hai
mai parlato delle api guerriere".
"È vero", disse Cassandra, "ma aspettavo il
momento giusto. L'ape guerriera è colei che ci
difende, quando veniamo attaccate da un
nemico. È un'ape eroica. Dà la sua vita per
proteggere quella di tutte noi. Conosce tutti i
trucchi del nemico: la rapidità della lingua del
rospo, lo scricchiolio del tarlo della cera, il passo
dell'orso, il verso dell'uccello tiranno che
succhia il nettare dall'alveare, il passo felpato
della moffetta, che non riuscendo ad entrare
nell'alveare ci disturba per farci uscire e poi ci
assale". "E con che cosa combatte",
domandò Apemaia, "dove tiene le sue armi?".
"Ecco il punto. Ognuna di noi ha un'arma, e
anche voi presto l'avrete. Ma bisogna saperla
usare bene. L'ape guerriera combatte con il
suo pungiglione. È un'arma formidabile. Punge
il nemico, a volte in modo mortale. Ma punge
una volta sola perché, dopo aver sferrato il
colpo, l'ape muore. Per questo vi ho detto che
l'ape guerriera è eroica". "E noi, quando
avremo il nostro pungiglione", domandò Willi,
"e quando potremo combattere come le api
guerriere?".
"Calma, Willi", rispose Cassandra, "prima o poi
spunterà anche a te. Ma ricorda: dovrai usarlo
solo per difenderti e mai per attaccare".
Quella sera, Apemaia andò a dormire
pensando al suo pungiglione. Non era ancora
spuntato, e non c'era proprio alcun segno che
potesse anticiparne la comparsa.
Fece un sogno strano. Difendeva l'alveare da
un'invasione di calabroni e per combatterli
usava tutti i mezzi che poteva: scope, cera sul
pavimento per fare scivolare il nemico, reti
davanti alle porte e alle finestre, così che non
potessero entrare. Alla fine il nemico se ne
andò in tutta fretta, ma quanta fatica per
fargli fronte. Apemaia si svegliò con le ossa
tutte rotte; aveva l'impressione di averla
combattuta veramente quella battaglia, e non
riusciva a spiegarsi il perché di tanta
stanchezza, visto che si trattava solo di un
sogno. Si alzò con fatica dal suo letto, fece
qualche passo e andò a specchiarsi.
"E questo che cos'è?", disse, guardando
quella cosa nera che non s'era mai vista. "Vuoi
vedere che... ma sì, evviva! Sono diventata
grande! Mi è spuntato il pungiglione! ".
Con il pungiglione nuovo, Apemaia era
davvero un'ape adulta. Poteva volare verso le
avventure più belle.


Mamma Mi & pastrugno vi salutano sulle note della sigla finale dell'Ape Maia... augurandovi un sereno fine settimana! 

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