Nel
cuore della foresta di Tohowabohu, laggiù dove ancora nessun essere umano ha
messo piede, viveva Bodo.
Era
mostruosamente grande e mostruosamente grosso ed aveva la pelle verdissima.
Bodo
era un drago, l’ultimo della sua specie.
Ma
Bodo non era un drago qualsiasi.
In
vita sua non aveva mai urlato con rabbia o sputato fuoco.
Bodo
raccoglieva fiori e stava a guardare le farfalle in volo.
Al
mattino salutava il sole con una canzone e alla sera dedicava alla luna una
danza notturna.
Un
mattino, mentre salutava il sole, Bodo udì dietro di sé una vocina: «E’ così che si comporta
un drago?» gli chiese un piccolo coniglio. «Nessun drago si comporta certo
così!» insistette.
Bodo
guardò l’animaletto con gli occhi sgranati. «Così? E allora come si comporta un
drago?»
«Non
lo sai? I draghi vanno in giro urlando con rabbia, fanno un rumore pazzesco e
spaventano gli animali».
«Spaventano
gli animali?» domandò Bodo stupito. «E perché mai i draghi fanno una cosa
simile?»
Il
coniglio scosse la testa di fronte a tanta ignoranza. «I draghi sono nati per
spaventare» spiegò il coniglio. «Fanno paura a chiunque. E stammi bene a
sentire: mai e poi mai avevo sentito parlare di un drago che raccoglie fiori e
canta canzoni».
Bodo
rifletté attentamente e chiese: «Ma come si fa a spaventare gli animali?»
Il
piccolo coniglio si colpì la fronte con la zampa. «Ma allora non sai proprio
niente! Devi correre saltando qua e là e urlare di rabbia, camminare con passo
pesante e battere le zampe a terra con forza»
«E un
drago si comporta così?»
«Un
drago si comporta proprio così».
«Niente
fiori?»
«Niente
fiori!»
Bodo
si alzò. «Adesso ti spaventerò» disse con decisione e fece due passi indietro. «Bada
che ora comincio!»
Sollevò
lentamente la zampa anteriore sinistra, e poi quella posteriore destra. Fece
una giravolta, urlò «Buh!» e tentò di fare una faccia cattiva.
A
quel punto sentì che qualcuno stava piangendo.
Bodo
smise subito di essere un drago cattivo.
Si
guardò intorno preoccupato.
Seduto
sul prato c’era il coniglio che piangeva disperato.
Bodo
si chinò verso di lui e chiese a voce bassa: «Scusa, ti ho spaventato?»
Il
coniglio scosse la testa con tale forza che le lacrime arrivarono fino alle sue
lunghe orecchie. «No, non mi hai spaventato» sussurrò lui. «Sembravi un rinoceronte
che fa la danza della pioggia».
«E
allora perché piangi?»
«Perché
ho bisogno di qualcuno che sia bravo a spaventare».
«Ma chi
vuoi spaventare?»
«La
mia paura. Voglio spaventare la mia paura».
Bodo
non capiva più niente.
Il
coniglio guardò in su verso di lui e spiegò: «Ogni sera ho talmente paura che non riesco a prendere sonno».
«Ma
cos’è che ti fa così tanta paura?» chiese il drago.
«Non
lo so».
Di
nuovo le lacrime solcarono il musetto del coniglio. «Quando me ne sto sdraiato
solo soletto nella mia buca, tutto è buio e silenzioso. Allora avverto una
strana sensazione alla pancia e inizio a tremare. In quel momento so che la
paura è lì. Per questo volevo sapere se sei bravo a spaventare».
Ma
Bodo pensava e ripensava: «Si può spaventare la paura?»
Il
coniglio fece spallucce. «Se la paura può spaventare me, allora anche tu puoi
spaventare la paura».
“Capisco”
pensò Bodo.
«Credi
di potermi aiutare?»
Il
drago si ricompose e si piazzò con tutta la sua imponenza in mezzo al prato. Fece una faccia cattiva e urlò in modo così
forte e penetrante che tutto il bosco si mise a vibrare.
Il
coniglio batté con entusiasmo le zampe. «Mi tremano le ginocchia» ammise. «Sei
riuscito a spaventarmi».
Il
drago orgoglioso scoppiò in una bella risata.
Quella
sera, dopo che il sole era scomparso dietro alla collina e in cielo la luna
aveva preso il suo posto, il drago gigantesco si chinò sul piccolo coniglio
sdraiato nella sua buca.
«Spaventi
adesso la mia paura?» lo supplicò il coniglio.
Bodo
si alzò in piedi, sollevò le zampe anteriori, fece la faccia più cattiva
possibile, urlò e strillò rumorosamente nel cuore della notte, saltando a più
non posso tutt’intorno.
Dopo
un po’ si chinò di nuovo verso il coniglio e a bassa voce chiese: «Allora, se
n’è andata via la paura?»
Non
ottenne alcuna risposta. Udì solo il coniglio russare tranquillo e felice.
Bodo
lo guardò soddisfatto e si mise a sedere sul prato.
Riflettendo,
si domandò: «Chissà, dovrei forse chiedere scusa alla paura?»
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