Ti ho amato dal primo istante...

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martedì 10 giugno 2014

Furbo, il Signor Volpe - il Tasso - il Deposito Gigante di Lupino



Il Tasso
Papà Volpe e gli altri suoi tre volpacchiotti scavavano in fretta e diritto davanti a sé. Erano troppo eccitati per sentire fame o fatica. Morivano dal ridere al pensiero che, mentre sulla collina il grosso fattore aspettava che morissero di fame, il pezzo forte del banchetto erano proprio i suoi polli.
«Continuate a scavare!» disse Papà Volpe. «Ormai non è più molto lontano».
A un tratto, sopra di loro una voce grave disse: «Chi va là?»
Le volpi sussultarono. Alzarono gli occhi e videro un lungo muso nero, puntuto e peloso, che spiava attraverso un foro del soffitto.
«Toh, Mister Volpe!» esclamò Tasso. «Mamma mia, come sono contento di avere finalmente trovato qualcuno! Sto scavando in tondo da più di tre giorni e tre notti e non ho la più pallida idea di dove mi trovo!»
Tasso allargò il foro del soffitto e si lasciò cadere a fianco delle volpi. Piccolo Tasso (suo figlio) si lasciò cadere a sua volta.
«Tu sei al corrente di quello che sta succedendo sulla collina?» disse Tasso agitato. «Il caos! Metà del bosco è sparita e ci sono uomini armati di fucili in tutta la campagna! Nessuno di noi può uscire, nemmeno la notte! Finiremo per morire tutti di fame!»
«Chi, noi?» domandò il Signor Volpe.
«Noi, noi scavatori, io, Talpa, Coniglio, le nostre mogli e i nostri figli. Perfino Donnola è obbligata a nascondersi nel suo buco con la moglie e i piccoli. Cosa diavolo dobbiamo fare,  Mister Volpe? Credo che ormai siamo tutti spacciati».
Il Signor Volpe guardò i suoi figli e sorrise. I figli gli restituirono il sorriso con aria di complicità.
«Mio caro, vecchio Tasso» disse, «tutto questo pasticcio è colpa mia …»
«Lo so che è colpa tua!» esclamò Tasso furibondo. «E i fattori non molleranno fino a quando non ti avranno preso. Disgraziatamente, questo vuol dire che avranno anche noi. Tutti».
Tasso si sedette e mise una zampa attorno al suo piccolo.
«Siamo perduti» mormorò. «Qui sopra, la mia povera sposa è così debole che non può scavare un solo metro».
«Anche la mia» disse il Signor Volpe. «Malgrado ciò, in questo stesso momento, sta preparando per me e per i miei figli il più succulento festino di polli paffuti e succulenti».
«Sta’ zitto!» urlò Tasso. «Non prendermi in giro! Non lo sopporto!»
«Ma è vero!» gridarono i volpacchiotti. «Papà non sta scherzando. Abbiamo un sacco di polli!»
«E poiché è tutta colpa mia» disse il Signor Volpe, «vi invito a partecipare al banchetto. Invito tutti, tu, Talpa, Coniglio, Donnola, le vostre mogli e i vostri figli. Ci sarà da mangiare per tutti.»
«Sul serio?» gridò Tasso. «Dici davvero?»
Il Signor Volpe avvicinò il muso a quello di Tasso e bisbigliò con aria misteriosa: «Sai da dove veniamo?»
«Da dove?»
«Dal Pollaio Numero Uno di Olio».
«No!»
«Sì! Ma non è niente al confronto del luogo dove andiamo ora. Tu sei venuto al momento giusto, mio caro Tasso. Puoi aiutarmi a scavare. E il tuo piccolo non dovrà che correre da tua moglie e da tutti gli altri e portare la buona notizia». Il Signor Volpe si voltò verso Piccolo Tasso: «Dì loro che sono invitati al festino di Volpe. Poi falli scendere tutti qui e seguite questa galleria fino a casa mia».
«Sì, Signor Volpe» disse Piccolo Tasso. «Sì, signore. Subito, signore. Oh, grazie, signore!»
Si arrampicò svelto fino all’imboccatura del tunnel e scomparve.
Il Deposito Gigante di Lupino
«Cosa ti è capitato alla coda, vecchio mio?»
«Non ne parliamo, ti prego» disse il Signor Volpe. «E’ un argomento penoso».
Continuarono a scavare la nuova galleria in silenzio. Tasso era uno scavatore provetto e quando dava un colpo di zampa, la galleria avanzava a pieno ritmo. Presto, si ritrovarono sotto un altro assito.
Il Signor Volpe sorrise con aria astuta, mostrando i suoi denti bianchi e puntuti.
«Se non mi sono sbagliato, caro Tasso» disse, «ora siamo sotto la fattoria che appartiene a Lupino, quel brutto nano panciuto. In particolare, sotto il posto più interessante di tutta la fattoria».
«Oche e anatre!» gridarono i volpacchiotti leccandosi i baffi. «Anatre tenere e succose e oche belle grasse!»
«E-sat-ta-men-te» disse Papà Volpe.
«Ma come fai a sapere dove siamo? » disse Tasso.
Il sorriso del Signor Volpe si allargò ancora di più sui denti bianchi.
«Ascolta» disse, «questa fattoria la raggiungerei anche a occhi chiusi. Per me sotto è come sopra».
Si raddrizzò e spinse una tavola di legno, poi un’altra. Infilò la testa attraverso l’apertura.
«Sì!» urlò, e con un salto fu nel locale. «Ce l’ho fatta di nuovo! Dritto al bersaglio!»
Tasso e i tre volpacchiotti si precipitarono dietro di lui. Rimasero a occhi spalancati e a bocca aperta. Erano così felici che non riuscivano a parlare, perché quel che vedevano ora era il sogno di ogni volpe, di ogni tasso, un paradiso per gli animali affamati.
«Questo, mio caro Tasso,» dichiarò il Signor Volpe, «è il Deposito Gigante di Lupino. Tutte le sue scorte sono immagazzinate qui, in attesa di partire per il mercato».
Contro i quattro muri dell’immenso locale, accatastati sugli scaffali e sui ripiani che partivano da terra fino al soffitto, c’erano migliaia e migliaia di anatre e di oche tra le più belle, e le più grasse, già spennate e pronte per la cottura! E sopra, appesi al soffitto, dovevano esserci almeno un centinaio di prosciutti affumicati e una cinquantina di pezzi di pancetta.
«Che gioia per gli occhi!» gridò il Signor Volpe, saltando e danzando. «Eh, cosa ne dite? Mica male, come bottino».
Subito, scattando come molle, i tre volpacchiotti affamati e Tasso, che avrebbe mangiato un elefante, si gettarono su quel cibo succulento.
«Fermi!» ordinò il Signor Volpe. «La festa la dirigo io. Perciò sarò io a scegliere».
Gli altri indietreggiarono, leccandosi i baffi. Il Signor Volpe fece il giro del deposito, esaminando quella magnifica esposizione alimentare con occhio da intenditore. Un filo di saliva gli scivolava lungo la mascella.
«Non dobbiamo esagerare» disse, «non sprechiamo l’occasione. Non devono sapere che siamo stati qui. Dobbiamo essere ordinati e attenti e non prendere che qualche assaggio oculato. Queste quattro anatre grosse, per cominciare». Le prese da un ripiano. «Oh, come sono belle e grasse! Non c’è da meravigliarsi che Lupino le venda così care al mercato … Molto bene, Tasso, dammi una mano a tirarle giù … Anche voi, ragazzi, potete aiutarmi … Svelti … Santa pazienza, avete proprio l’acquolina in bocca! E ora … sarà bene prendere qualche oca … tre dovrebbero bastare. Prendiamo le più grasse … Oh Signore, non ci sono oche più belle nella cucina di un re … piano … ecco … e che ne direste di due bei prosciutti affumicati? … Adoro il prosciutto affumicato, e tu, Tasso? Passami uno sgabello, per favore…»
Il Signor Volpe salì sullo sgabello e porse tre prosciutti sontuosi: «E che ne dici della pancetta, Tasso?»
«Io vado pazzo per la pancetta!» esclamò Tasso danzando per l’eccitazione. «Prendiamone un trancio! Quello grosso, là, in alto!»
«E delle carote, papà» disse il più piccolo dei tre volpacchiotti. «Prendiamo qualche carota».
«Non dire sciocchezze» lo sgridò Papà Volpe. «Sai bene che non ne mangiamo mai».
«Non per noi, papà, ma per i conigli. Mangiano solo ortaggi».
«Perbacco! Hai ragione!» esclamò Papà Volpe. «Pensi veramente a tutto, piccolo mio! Prendiamo dieci mazzi di carote».
Presto, tutto il magnifico bottino fu accumulato per terra. I volpacchiotti erano accovacciati di fianco, il naso fremente, gli occhi brillanti come stelle.
«E ora» disse il Signor Volpe, «prendiamo in prestito dal nostro amico Lupino due di quelle carriole nell’angolo. Ci saranno molto utili».
Tasso e Volpe presero le carriole e vi caricarono oche, anatre, prosciutti, pancetta e carote. Le fecero scandere attraverso l’apertura del pavimento e si infilarono anch’essi nella galleria. Il Signor Volpe rimise le tavole dell’assito al loro posto.
«Ora, ragazzi» disse designando due dei tre volpacchiotti, «prendete una carriola per uno e correte dalla mamma. Ditele che le voglio bene e che abbiamo invitato i Tassi, le Talpe, i Conigli e le Donnole, che deve essere veramente un festino grandioso e che ritorneremo a casa non appena avremo finito un altro lavoretto».
«Sì, papà! Subito, papà!» risposero.
Ognuno afferrò una carriola e i due sparirono nella galleria.
COSA AVRA' ANCORA IN MENTE IL SIGNOR VOLPE?

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