Il
Signor Volpe esaminò di nuovo il muro con attenzione. Vide che il cemento tra i
mattoni era vecchio e si sgretolava. Così liberò un mattone senza troppa
difficoltà e lo asportò. All’improvviso, dal buco spuntò un musetto puntuto e
baffuto.
«Andate
via!» squittì. «Non potete entrare! E’ privato!»
«Santa
Pace!» gridò Tasso. «Topo!»
«Hai
una bella faccia tosta, animale!» disse il Signor Volpe. «Avrei dovuto
immaginarlo che t’avrei incontrato, prima o poi».
«Fuori!»
urlava Topo. «Smammate! Questa è proprietà privata».
«Smettila»
disse il Signor Volpe.
«No,
che non la smetto!» gridava Topo. «E’ casa mia! Ci son venuto per primo!»
Il
Signor Volpe fece un sorriso radioso. I suoi denti scintillavano.
«Mio
caro Topo» disse carezzevole, «io sono una volpe affamata e se non fili via a
tutta velocità, mi-ti-mangio-in-un-boccone!»
Il
discorso fece effetto. Il topo scomparve dalla loro vista in un batter
d’occhio. Il Signor Volpe scoppiò a ridere e cominciò a togliere altri mattoni
dal muro. Quando ebbe ingrandito il foro, vi si introdusse, seguito da Tasso e
dal volpacchiotto.
Si
trovarono in una vasta cantina umida e oscura.
«Eccoci!»
disse il Signor Volpe.
«Che
significa?» fece Tasso. «Qui è vuoto».
«Dove
sono i tacchini?» domandò il volpacchiotto, gli occhi spalancati nell’oscurità.
«Credevo che Pertica allevasse tacchini».
«Ne
alleva» disse Papà Volpe, «ma a noi, per ora, non interessano. Abbiamo da
mangiare in quantità sufficiente».
«Allora,
cosa cerchiamo, papà?»
«Guardati
bene attorno. Vedi nulla che ti interessi?»
Tasso
e il volpacchiotto scrutarono nella penombra. Quando i loro occhi si furono
abituati all’oscurità, quello che videro era un enorme assortimento di grandi
orci di vetro, disposti su dei ripiani, contro i muri. Si avvicinarono. Si
trattava proprio di orci. Ce n’erano a centinaia e su ciascuno si poteva
leggere SIDRO.
Il
volpacchiotto fece un gran salto in aria.
«Oh,
papà» gridò. «Guarda cosa abbiamo trovato! Sidro!»
«E-sat-ta-men-te»
disse Papà Volpe.
«Formidabile!»
urlò Tasso.
«La
Cantina Segreta di Pertica» disse il Signor Volpe. «Ma fate attenzione, amici
miei, niente rumore. Questa cantina è proprio sotto la fattoria».
«Il
sidro fa particolarmente bene ai tassi» disse Tasso. «Lo prendiamo come
medicina. Un bicchiere grande, tre volte al giorno, ai pasti e un altro quando
ci corichiamo».
«Questo
trasformerà il banchetto in baldoria» disse il Signor Volpe.
Mentre
parlavano, il volpacchiotto aveva preso un orcio da un ripiano e ne aveva
bevuto un sorso.
«Ouh!»
disse ansimando. «Ouauh!»
Avete
indovinato che non si trattava del solito sidro, insipido e frizzante, che si
compra nei negozi. Era roba forte fatta in casa, un liquore robusto che
bruciava la gola e infiammava lo stomaco.
«Ah-h-h-h-h-h!»
faceva il volpacchiotto, con il respiro mozzato. «Questo sì che è sidro!»
«Basta
così» disse Papà Volpe, togliendogli l’orcio e portandolo alle sue labbra.
Ingollò un formidabile sorso. «E’ miracoloso» farfugliò cercando di ritrovare
il fiato. «E’ favoloso! E’ magnifico!»
«Tocca
a me, ora» disse Tasso prendendo l’orcio e rovesciando indietro la testa. Il
sidro gorgogliò e gli gloglottò per la gola.
«E’ …
è come oro fuso» sussurrò. «Oh, caro Mister Volpe, è … come bere raggi di sole
e arcobaleni!»
«Voi
invadete il mio campo!» urlò Topo. «Mettetelo subito giù! Non ne rimarrà più
per me!»
Topo era
appollaiato sul più alto dei ripiani della cantina, e li spiava da dietro un
orcio enorme. Nel collo dell’orcio era inserito un piccolo tubo di gomma che
Topo usava per aspirare il sidro.
«Tu
sei ubriaco» disse il Signor Volpe.
«Fatti
gli affari tuoi!» gridò Topo. «Grossi, brutti ottusi! Se venite qui a far
chiasso, ci faremo catturare tutti. Filate e lasciatemi centellinare il mio
sidro in pace».
In
quel momento, sentirono una voce di donna che urlava, nella casa, al di sopra
della cantina.
«Sbrigati
ad andare a prendere il sidro, Mabel» diceva, «sai bene che il signor Pertica
non ama aspettare. Soprattutto dopo aver passato tutta la notte sotto una
tenda!»
Gli
animali si agghiacciarono. Si immobilizzarono, a orecchie ritte e corpi tesi.
Poi sentirono il rumore di una porta che si apriva. La porta era in alto, su
una scala di pietra che conduceva in cantina.
E
ora, qualcuno cominciava a scendere i gradini.
Chi stava scendendo in cantina?
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