C'era un mondo lontano fatto di paesi separati,
ciascuno per conto suo.
Ogni paese era diverso dagli altri ed era un
posto chiuso.
Ogni tanto si aprivano le porte dei paesi,
e chi era di qua poteva andare di là e chi era di
là poteva andare di qua. E restarci, anche.
Di solito quando i paesi si mescolavano era
meglio, dopo. Perché erano più movimentati di prima, erano più vivaci, più
colorati.
Ma c'erano anche paesi che non riuscivano proprio
a mescolarsi, e ognuno dava un'occhiata all'altro paese sbirciando dalla porta,
ma poi restava lì dov'era, com'era prima, com'era sempre stato.
Nel Paese dei Bambini Soli, per esempio,
c'erano tanti bambini diversi.
Giocavano tutto il giorno, tutti i giorni.
Ma dopo un po' questo non bastava.
Perché erano tanti, sì, ma ciascuno era solo.
Forse avevano bisogno di qualcos'altro.
Sì, ma di cosa?
Nel Paese dei Grandi Soli c'erano tanti
grandi
che facevano cose interessanti
come
lavorare, parlare, viaggiare.
Ma dopo un po' questo non bastava.
Perché erano tanti sì, ma ciascuno era solo.
Forse avevano bisogno di qualcos'altro.
Sì, ma di cosa?
Nel Paese dei Grandi Soli un uomo e una donna,
che si volevano bene, cercavano di capire insieme di che cosa avevano bisogno.
Siccome si volevano bene, si dicevano tutti i pensieri che passavano dentro la
loro testa. Erano contenti, insieme, ma sentivano che avrebbero voluto
dividere la loro contentezza con qualcun altro.
«Andiamo a chiedere aiuto
a Sapiente» propose un giorno la donna.
«Lui sa tante cose. Forse sa anche dirci come si fa a
dividere la contentezza, e con chi.»
Sapiente viaggiava spesso
da un paese all'altro. Per questo sapeva tante cose di tutti i paesi. Sapiente
parlò a lungo con l'uomo e la donna. Fece loro un sacco di domande sui sogni e
sui desideri.
Li lasciò chiaccherare di
se stessi e della loro vita. Poi li lasciò tranquilli, a pensare.
E alla fine la donna
disse: «Forse desideriamo un bambino».
E l'uomo rispose:
«Sai, stavo per dirlo io. Desideriamo proprio un bambino».
Sapiente li guardò, prima
la donna poi l'uomo, e disse: «Io vi posso aiutare. Non lontano da qui, nel
Paese dei Bambini Soli, ci sono tanti bambini che aspettano qualcuno che si
occupi di loro. Per non essere più soli. Sono sicuro che ce n'è uno che aspetta
proprio voi due».
«Potremo volergli
bene» disse la donna.
«E lui ne vorrà a noi»
aggiunse l'uomo.
«Staremo insieme, faremo
un sacco di cose e ci divertiremo.»
Sapiente sorrise e
disse: «Vi accompagno io».
Mentre andavano, si sfilò
di tasca una chiave e disse: «Questa chiave serve per entrare nel Paese
dei Bambini Soli. E' speciale. Una volta che saremo là, capirete per conto
vostro come e quando usarla».
Nel Paese dei Bambini Soli c'era un bambino che
si chiamava Bibo.
Altri bambini, soli come lui, dicevano: «Eh, una volta io avevo una mamma e un papà, ma poi ci siamo
persi».
Bibo, invece, non si
ricordava di aver avuto una mamma e un papà, mai.
Ricordava solo di essere
sempre stato lì.
Aveva un amico che si
chiamava Milo e stavano quasi sempre insieme.
Giocavano, facevano
disegni, stavano tranquilli. Si volevano bene.
Bibo era molto curioso e
avventuroso.
Ogni tanto se ne andava in
giro da solo, a esplorare il suo mondo.
Così un giorno, mentre
esplorava, trovò una porta un po' nascosta dall'erba alta. Provò ad aprirla, ma
sembrava chiusa a chiave. Provò a spingere forte: niente da fare.
Dall'altra parte c'era il
Paese dei Grandi Soli e, proprio al di là di quella porta, c'erano l'uomo e la
donna insieme a Sapiente. Insieme sentirono tutti quei rumori di bambino che
spinge.
Sapiente disse: «Ascoltate.
Di là c'è un bambino coraggioso e avventuroso, che sta cercando di
aprire la porta da solo. Secondo me è il bambino giusto per voi. Volete
aiutarlo ad aprire?».
Naturalmente sì, lo
volevano.
Quando videro che la maniglia della porta si
abbassava, l'uomo e la donna capirono che quello era il momento giusto per
usare la chiave. Guardarono Sapiente, che annuì e infilò la chiave nella toppa.
Insieme, l'uomo e la donna, fecero girare la chiave nella toppa. E poi,
insieme, tirarono la porta stringendo forte la maniglia. Subito non successe
niente. Ma erano in due ed erano grandi. E tirarono forte. Fortissimo, perché
volevano la stessa cosa.
Dall'altra parte, Bibo spingeva forte.
Alla fine, con un po' di fatica, la porta si
spalancò.
Bibo fece appena in tempo a correre di là che la
porta si richiuse alle sue spalle.
Guardò l'uomo e la donna con la sua solita
curiosità e disse loro: «Aspettavate qualcuno, per
caso?».
«Aspettavamo te» disse la
donna con un sorriso.
E guardò l'uomo, che fece sì con la testa.
«Per caso siete la mia
mamma e il mio papà?» chiese Bibo. Era una domanda avventurosa, ma lui era un
bambino curioso.
E quei due grandi fecero
sì con la testa, tutti e due insieme.
Allora Bibo si infilò tra
i due e diede loro la mano, una di qua, una di là. Una mano per uno.
Sapiente li guardò con un
sorriso e disse: «Andate. Il mondo è vostro».
Adesso che erano in tre,
scoprirono che era molto più facile aprire le porte dei paesi. Di tutti i
paesi.
Insieme andarono nel Paese
dei Baci e delle Coccole, dove impararono un sacco di cose calde e
interessanti.
Esplorarono il Paese delle
Parole Giuste, che sono le parole per dirsi le cose importanti, quelle che non
bisogna mai dimenticare: ti voglio bene, per esempio. Stella, tesoro, cucciolo.
Insomma, le parole così.
Viaggiarono nel Paese dei
Giochi Giocati, e provarono a farne un sacco, ed erano giochi belli perché si
vinceva a turno, una volta io una volta tu, così nessuno si arrabbiava.
E un giorno arrivarono nel
Paese degli Specchi. Era un posto fantastico, un po' magico.
Dappertutto la tua
immagine ti guardava: di qua e di là, di su e di giù, ovunque ti voltassi.
Fu lì, guardandosi dentro
uno specchio e un altro e un altro ancora, che Bibo scoprì una cosa (che noi
sappiamo già perché l'abbiamo vista nel disegno di questa storia): che lui era
blu e i suoi grandi erano arancioni.
Bibo lo sapeva già che
loro erano arancioni, e gli piacevano così, ma non sapeva di essere blu.
E i due grandi sapevano di
essere arancioni e che Bibo era blu, ed era una cosa giusta e semplice e
naturale, perché per loro era il bambino più bello del mondo.♡
Ma Bibo ci rimase male. Pianse anche un pochino. E dopo che
i suoi grandi l'ebbero consolato con i baci e le coccole che avevano imparato
nel Paese dei Baci e delle Coccole, lui disse: «Uffa.
Io volevo essere uguale a voi. Non potevo essere arancione?».
«A noi piaci moltissimo blu come sei» disse la mamma.
«Anche voi mi piacete arancioni»
disse Bibo «E' proprio per questo che voglio essere arancione anch'io. Per caso
non potete dipingermi?»
«Se ti dipingiamo di arancione» disse
il papà ridendo, «la prima volta che farai la doccia ridiventi blu».
«Allora non mi lavo più!» disse Bibo.
«Ma ci penserà la pioggia a lavarti»
disse la mamma con un sorrisetto. «E poi, perché vuoi diventare arancione? Sei
così bello tutto blu. Noi ti vogliamo bene blu, non vogliamo che tu sia
diverso.»
«Ma come facciamo a stare
insieme, se siamo così diversi?» chiese Bibo.
«Finché non ti sei visto nello
specchio non lo sapevi nemmeno, che eravamo diversi» disse il papà.
«Non è importante. Per volersi bene non serve essere
dello stesso colore.»
«Ma perché io sono blu?» chiese Bibo.
La mamma sospirò, lo prese sulle
ginocchia e gli disse: «Perché prima di noi tu hai avuto una mamma e un papà
blu».
«Ma io non me li ricordo» disse Bibo.
«Però c'erano» disse il papà,
e continuò: «Ti hanno fatto nascere, e sei nato bello.
Ma, forse, loro non erano capaci di darti i baci e le coccole e le parole giuste
e i giochi e tutto il resto».
«Come mai?» chiese Bibo. «Voi
siete così bravi a fare queste cose.»
«Sì» disse la mamma. «Ma quando
quella mamma e quel papà erano piccoli, magari nessuno li portava mai nel Paese
dei Baci e delle Coccole o in quello dei Giochi Giocati o in quello delle
Parole Giuste.»
«Poverini» disse Bibo, «si sono persi
un sacco di cose belle».
La mamma continuò: «E’ vero. E poi
non hanno imparato le cose che bisogna fare per far crescere bene un bambino. E
allora ti hanno lasciato nel Paese dei Bambini Soli, perché speravano che prima
o poi sarebbe successo quello che è successo. Che avresti trovato un’altra
mamma e un altro papà, e loro avrebbero trovato te».
«Ma noi siamo diversi» disse il
bambino. «Adesso se ne accorgeranno tutti. »
«E allora?» disse la mamma.
«Abbiamo viaggiato in tanti mondi»
disse il papà, «e tutti quelli che ci hanno visto non si sono accorti che
eravamo diversi. O forse se ne sono accorti, ma non era importante. Non ce l’ha
detto nessuno. Hanno visto solo una mamma, un papà e il loro bambino. Soltanto
questo ».
«I nostri colori sono diversi» disse
la mamma, «ma sono tutti e due belli. Le cose che abbiamo imparato insieme
invece sono uguali».
«I baci e le coccole» disse il papà.
«Le parole giuste. I giochi giocati. Che sono le cose che piacciono a tutti e
tre. Le cose che ci tengono uniti. »
«Ma la mamma e il papà blu dove sono
adesso? » chiese Bibo.
«Noi non lo sappiamo» rispose la
mamma. «Sappiamo solo quello che ti abbiamo appena detto. Che non erano capaci
di occuparsi di te e allora ti hanno lasciato nel Paese dei Bambini Soli.
Adesso siamo noi la tua mamma e il tuo papà. E staremo insieme, sempre. »
«Posso chiedervi una cosa?» disse
Bibo. «E’ una cosa che penso da tanto tempo. Perché non torniamo nel Paese dei
Bambini Soli a salutare il mio amico Milo? Quando vi ho incontrato avevo così
fretta di venire con voi, che non mi sono ricordato di tornare indietro a
spiegargli che andavo via. Si sarà arrabbiato. Sarà triste per questo…»
La mamma e il papà si guardarono
negli occhi, poi dissero: «Va bene».
E i tre partirono per il Paese dei
Bambini Soli.
Quando Bibo aprì la porta ed entrò,
si accorse subito di una cosa cui non aveva fatto caso prima: che lì dentro i bambini erano
tutti di colori diversi. Non ce n’era uno uguale all’altro.
E si accorse che il suo amico Milo,
che se ne stava tutto solo in un angolo, non era blu come lui: era verde.
Bibo andò da Milo e lo abbracciò.
Milo lo guardò dritto negli occhi e gli disse: «Si può sapere dov’eri finito? ».
Bibo disse sottovoce, fra sé: «Ecco,
l’avevo detto io che si era arrabbiato».
Poi lo
abbracciò di nuovo, senza tante parole. E sentì che Milo rispondeva al suo
abbraccio. Sistemata questa faccenda, Bibo prese per mano Milo e lo portò nel
loro angolo preferito, sotto un albero giallo. Poi gli disse in un orecchio,
molto in fretta, tutte le cose che doveva sapere. Che c’erano due grandi
arancioni molto speciali che avevano voluto un bambino blu molto speciale, che
poi era lui, Bibo. Per quello era andato via così senza dire niente. Perché era
successo questo. Che là fuori c’erano un sacco di mondi da conoscere, mondi di
parole e di coccole. E anche mondi di specchi di cui non avere paura, perché se
si hanno le coccole e i baci e le parole giuste e i giochi giocati si impara a
stare insieme. Ed è la cosa più importante. Che forse un giorno sarebbero
venuti due grandi, magari arancioni, magari di un altro colore, a cercare un
bambino proprio come Milo e a portarlo con sé. Milo fece sì con la testa. I due
amici si strinsero forte e si salutarono. Questa volta come si deve. Da
lontano, Sapiente guardava la scena.
Dietro una
porta, nel paese vicino, un’altra mamma e un altro papà aspettavano il momento giusto
per entrare nel Paese dei Bambini Soli.
Forse era
proprio Milo il bambino giusto per loro. Ma questa è un’altra storia, e la
racconteremo un’altra volta. La nostra storia, che qui finisce e qui continua,
è quella di Bibo, che disse addio al Paese dei Bambini Soli e anche al Paese
degli Specchi e ripartì per il suo viaggio con la mamma e il papà arancioni.
Un viaggio
così lungo che non è ancora finito.
Un viaggio
così lungo che non finirà.
(Beatrice Masini, Patrizia La Porta, ediz.CARTHESIA)
Dedico questa fiaba alle mamme speciali di due amici del mio «pastrugno»: la mamma di Van Son e la mamma di Nicole. ♡♡♡
RispondiElimina...ovviamente la dedica la estendo anche ai papà degli amici del mio «pastrugno» ♡♡♡ ... le mamme sono mie amiche! ;) ♡♡♡
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