C'era un tempo una grande città dai tetti sempre coperti di neve e con le strade lastricate di ghiaccio.
Il re della bianca città di Candida si chiamava Astolfo e amava le comodità perché era molto pigro. Se ne stava infatti seduto tutto il giorno su un confortevole trono, servito da numerosi valletti.
«Voglio uscire!», diceva il re, e subito i domestici lo portavano a spasso. «Solo io faccio ciò che voglio senza stancarmi», pensò un giorno, vedendo i sudditi avanzare a fatica nella neve. D'improvviso però si rese conto di non aver mai camminato e montò su tutte le furie.
Rientrato a palazzo, Astolfo si sfogò: «E' mai possibile che tutti camminino mentre io, il re, non ho mai fatto un passo a piedi?». Così dicendo Astolfo si guardò i piedi e constatò di portare solo le calze.
«E non possiedo neppure un paio di scarpe!». Subito chiamò i tre migliori ciabattini di Candida, ai quali ordinò un paio di scarpe regali: «Devono essere uniche e preziose, ma, soprattutto, pronte per domani». I tre calzolai lavorarono tutta la notte.
All'alba, i tre calzolai erano a corte. Il primo recava due scarpini d'oro.
«Queste scarpe mi rendono onore. Splendono come la mia nobiltà», disse il re dandogli un gran compenso.
Il secondo, un artigiano raffinato, portò due stivaletti ricamati, tutti di morbidissima pelle, suole comprese.
«Mi compiaccio. Questi stivali esaltano la mia eleganza», disse il re e gli diede una borsa di monete d'oro.
Il terzo ciabattino era un ragazzo e porse al re un paio di robusti zoccoli di legno. A quella vista re Astolfo gridò furibondo: «Come osi venire al mio cospetto con due volgari pezzi di legno?».
Il piccolo ciabattino avrebbe voluto spiegarsi, ma la collera del re lo aveva così spaventato che non riuscì ad aprire bocca.
«Impertinente, sfacciato! - urlava Astolfo, fuori di sé. - Guardie, chiudetelo subito in prigione!».
Appena Astolfo tornò calmo, calzò gli scarpini d'oro, così luminosi e splendenti che gli sembravano raggi di sole.
«Nessun sovrano ha mai avuto scarpe così preziose - gongolò il re. - Si organizzi oggi stesso un ricevimento per festeggiare il re che cammina».
La sera, tutta la nobiltà era a corte. Come apparve re Astolfo in cima allo scalone, si udì un «ohhh!» di meraviglia. «Non abbiamo mai visto scarpe così sontuose»,commentavano gli invitati.
Pieno di orgoglio, Astolfo sorrise alla folla, ma, non appena mosse il primo passo, le scarpe d'oro scivolarono sul lucido pavimento. Se una andava avanti, l'altra indietreggiava; se una si spostava a destra, l'altra andava a sinistra. Dopo un ridicolo balletto, re Astolfo precipitò dalle scale tra le risate soffocate degli ospiti.
Dopo il primo insuccesso, il re non si perse d'animo e, il giorno dopo, indossò gli stivali di pelle.
«Sono così morbidi - pensò - che mi sembra di camminare sulle nuvole. Certamente nessuno ha mai calzato stivali così comodi ed eleganti», e uscì a pavoneggiarsi per le vie di Candida.
Ma, dopo pochi passi, il ghiaccio tagliente squarciò le morbidissime suole di pelle degli stivali.
Il re finì a gambe all'aria e mostrò ai sudditi i regali piedi nudi.
«Re Astolfo non sa camminare», «Il nostro re è ricco ed elegante, ma non sa stare in piedi da solo», mormorava la folla ridendo di lui.
Dopo il nuovo insuccesso, Astolfo era triste: «Sono un incapace! Ho scarpe così splendenti che mi sembra di avanzare nel sole e così morbide che mi sembra di affondare nelle nuvole, ma sulla terra non riesco a fare neppure un passo».
Guardava con invidia la gente che camminava spedita, calzando solidi zoccoli di legno.
«Zoccoli di legno! Tutti gli abitanti di Candida portano solidi zoccoli di legno. Ma anch'io ho un paio di zoccoli!», esclamò il re e buttò all'aria tutto il palazzo per trovarli.
Come infilò gli zoccoli ai piedi, Astolfo rimase fermo un istante in equilibrio, poi avanzò con prudenza di un passo, poi di due, di tre, di quattro.
Discese piano le scale e le risalì più spedito. Attraversò una lunga sala e, in un coraggioso slancio, piroettò sul lucido marmo.
«Non sono caduto una sola volta, anch'io so camminare!», gridava fuori di sé dalla felicità.
«Re Astolfo cammina? No, re Astolfo pattina, salta, vola - cantava il re, sicuro e disinvolto come un atleta. - Con gli zoccoli ai piedi sono un vero campione».
«Re Astolfo cammina! Il nostro re corre!», diceva la gente e usciva per vederlo saettare sul ghiaccio. Astolfo concluse le sue acrobazie e ringraziò la folla con un inchino.
Allora gli spettatori lo applaudirono. «Bravo! Bis!», gridavano fieri della sua agilità.
Astolfo non era mai stato così felice e non dimenticò certo l'autore di quegli zoccoli straordinari.
«Ti nomino Gran Ciabattino e Unico Artefice degli Zoccoli Reali - gli annunciò il re, spalancando la porta della prigione. - Ti voglio al mio fianco in tutte le passeggiate».
Da allora re Astolfo dimenticò gli scarpini d'oro e gli stivaletti di pelle e, per tutta la vita, ebbe a cuore i solidi zoccoli di legno. Infatti, anche per un re, le scarpe più adatte sono quelle che servono per camminare.
(Loretta Serofilli e Andrea Benevelli)
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