Ti ho amato dal primo istante...

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giovedì 18 aprile 2013

"IL GATTO CON GLI STIVALI" - storia "alternativa"

Sicuramente tutti voi, grandi e piccini, avrete letto e conoscerete la storia de "Il gatto con gli stivali"... ebbene ... io e il mio pastrugno abbiamo trovato questa storia lievemente modificata nel libro (bellissimo) scritto da Marina Iuele "7 piccole storie che conosci già - riscritte per te" ;) 



Un vecchio mugnaio, sentendosi prossimo alla fine dei suoi giorni, fece chiamare i suoi tre figli per dividere fra loro quel che aveva.  – Figlio mio – disse rivolgendosi al maggiore – a te che sei il primo dei miei figli spetta il mulino: continuerai la tradizione di famiglia e macinerai farina per tutte le famiglie del villaggio – stabilì. – A te che sei il secondo – proseguì quindi rivolgendosi al figlio di mezzo – lascio il mio somaro: col suo aiuto dovrai crearti un lavoro con cui tu possa sfamare te stesso e la tua famiglia – disse il padre. – E a te – sussurrò sempre più debolmente il genitore al terzo figlio dopo averlo a lungo e intensamente guardato – a te lascio il mio gatto.
Questi aspettava che il padre proseguisse, ma quello continuava a guardarlo senza dire più nulla. – Un gatto, padre? – si sentì costretto a chiedere il terzo figlio. – E come potrò guadagnarmi da vivere con un gatto?! – si lamentò. – Ai miei fratelli hai lasciato … - ma, prima che proseguisse oltre e pronunciasse parole lamentose, il vecchio padre alzò una mano come a dire “Fermati” e tanto bastò al figlio per tacere. – Tu avrai uguale e miglior fortuna dei tuoi fratelli. Io ho molta fiducia in te – proseguì amorevolmente il padre, e il figlio, nel suo cuore, gli credette e smise di chiedere.
“Ma sì” pensò in cuor suo “qualcosa succederà e io troverò il modo per vivere bene” e abbozzò un sorriso.
Ed io sorrido a te, padre buono,
perché fra tutti hai lasciato il più prezioso dono,
quello che tuo figlio mai potrà scordare,
anche quando i tuoi consigli non potrà più ascoltare.
La tua fiducia gli darà il coraggio
di affrontare qualunque tempo in non importa quale viaggio.
E, lo sapevi?, è proprio grazie a questo dono
che un ragazzo diventa … un uomo.

I primi due figli del mugnaio erano molto contenti dell’eredità ricevuta e già progettavano: - Potremmo fare una bella Società. Tu col tuo somaro, io col mio mulino potremmo organizzare un servizio di consegna a domicilio per i clienti. Così oltre al prezzo della farina potremmo far pagare una somma aggiuntiva … e diventeremo ricchi nel giro di pochi anni!
Il figlio più piccolo, invece, guardò il suo gatto e gli disse: - Per certo sei un gatto dal buon carattere ed io ti voglio bene … ma come farò a guadagnarmi da vivere con te? Proprio non lo capisco. Meglio per te che tu te ne vada e mi lasci solo, perché per come sono messe le cose io posso garantirti solo tre cose: freddo d’inverno, caldo d’estate e … fame tutto l’anno!
Il gatto, che fino a quel momento tutti avevano solo visto sonnecchiare vicino alla poltrona del suo padrone, improvvisamente si tirò su due zampe, strizzò l’occhio al ragazzo e prese a parlare così: - E che gatto di fiducia sarei allora? Come posso deludere così i desideri di tuo padre? Tu, caro mio, devi fare solo due cose: procurarmi un paio di stivali e poi … affidarti al mio ingegno! – e nel dir questo si passò lentamente una zampa sui baffi per stirarseli e lucidarseli. E poi aggiunse: - Fame? Altro che fame! Se ti affidi a me, fra tre mesi saremo a corte!
Il ragazzo, intanto, era rimasto come impietrito: la bocca spalancata, gli occhi sgranati e non un solo muscolo che si muoveva. Chi aveva mai sentito parlare un gatto? Un gatto che voleva degli stivali poi … davvero incredibile!
Tuttavia, qualcosa nel suo modo così elegante ispirava sicurezza e il giovanotto … decise di credergli! Sì: decise di avere fiducia in lui! Del resto quel gatto era un regalo di suo padre, come avrebbe potuto dubitare della sua eccezionale natura?
Così, non appena riuscì a riaversi dallo stupore, farfugliò un – Avrai i tuoi stivali, gatto! – e fu ricambiato da un largo sorriso dell’astuto animale: erano diventati amici.
Di lì a poco il ragazzo si recò al monte di pietà, impegnò il suo bel mantello di panno, l’unica cosa che possedeva, e col ricavato comperò un bel paio di stivali nuovi e lucidi per il gatto. – E ora – sentenziò il gatto – cominciamo. Andiamo! – e invitò il giovane a uscire di casa.
Passeggiarono per un lungo tratto lungo la strada finché il gatto … - Tu aspettami qui – disse indicando l’ombra ai piedi di un grosso albero. Il giovano si sdraiò, incrociò le dita dietro la nuca e prese a godersi il fresco dell’estate che stava appena nascendo e il cinguettare festoso degli uccellini.
Il gatto, intanto, aveva già architettato il suo piano. Indossò i suoi nuovissimi stivali, partì per la caccia e, da quell’abile cacciatore che era, non gli ci volle molto per tornare, dopo nemmeno un’ora, con una grossa lepre nel sacco. – Si mangia finalmente! – esclamò il ragazzo esultando. – Al tempo padroncino, al tempo … - disse il gatto sfilando abilmente di mano il sacco di cui il ragazzo si era impadronito. – Impara l’attesa … non sempre quel che desideriamo arriva subito nelle nostre mani! – disse il gatto con molta serietà. E nel dir questo invitò il giovane a ritornare all’ombra fresca e si avviò verso la reggia per presentarsi … al Re.
Arrivato che fu, si prosternò ai piedi del trono e, tenendo lo sguardo basso in segno di gran rispetto, tirò fuori la lepre e l’offrì al Re dicendo: - Ecco, Maestà: il mio signore, il Marchese di Carabas, invia me, suo umile servo, a recapitarvi questo piccolo omaggio … nella speranza che possa rallegrare la vostra tavola.
Il gatto sapeva, e lo sapevano tutti i sudditi del regno, che il Re era un buongustaio. Il dono fu accettato con gran piacere. Il sovrano aveva una sola domanda da porre al buon servo, che però … era già svanito nel nulla. – Figlia – disse il Re – tu conosci il Marchese di Carabas? Io non l’ho mai sentito nominare, né so dove abita: vorrei tanto ringraziarlo per il suo gentile dono ma … come fare?
La principessa sua figlia, che era rimasta molto ben impressionata dalle parole del gatto, rispose: - Non l’ho mai sentito nominare, padre – ma in cuor suo rimase una certa curiosità.
Il gatto intanto era già fuori a procurare la cena per sé e per il suo padrone. La mattina seguente, proprio all’ora della colazione reale, ecco rispuntare il gatto! Stavolta teneva fra le zampe quattro fagiani dorati. – Eccelsa Maestà, il mio padrone, il Marchese di Carabas, mi manda a omaggiarvi di questi deliziosi fagiani, affinché Voi possiate gustarli a colazione!
E, quasi senza aspettare i ringraziamenti del Re, un istante dopo … era già scomparso!
Il Re sfogliò tutto il libro della Nobiltà nell’inutile ricerca di quel nobile Marchese … ma niente: il suo libro non riportava alcun “Marchese di Carabas”. Il piccolo mistero cominciò a incuriosire seriamente il Re! E anche la principessa sua figlia … che a quello sconosciuto Marchese pensò per tutto il giorno!
Per un mese intero, almeno una volta al giorno, piccoli cinghiali, lepri prelibate, uova di tortora e molte e svariate delizie culinarie … vennero recapitate al Re per conto del Marchese di Carabas dal fedele gatto-servo!
Il Re era davvero impressionato dalla ricchezza di quel nobiluomo: se poteva permettersi tali e tanti doni … certamente era molto ricco.
Malgrado le sue ricerche, ormai quotidiane, non aveva però trovato nessuna notizia sul misterioso Marchese!
Venne luglio. Il gran caldo aveva fatto maturare il grano nei campi.
Una mattina il gatto, sapendo che il Re sarebbe uscito con la figlia per fare un giro rinfrescante sulla carrozza dorata, svegliò presto il padrone che dormiva sotto un pino e, tutto eccitato, gli disse: - Presto, presto, padroncino! Spogliati dei tuoi stracci e immergiti nel laghetto, tra poco passerà di qui la carrozza reale! – Ma io non so nuotare! – ribatté il ragazzo allibito.

Per poterti purificare…
non devi certo saper nuotare!
Se vuoi aprir la porta alle novità
la ricetta eccola qua:
i vecchi stracci tu lasciali andare,
così abiti nuovi e splendenti potranno arrivare.
Lascia che l’acqua si porti via
ogni possibile malinconia!
All’esistenza dà una mano
ma in fretta, perché … arriva il sovrano!

Presto padroncino, presto! – insistette il gatto. – Abbi fiducia in me. Tu devi solo sederti in mezzo al lago, vedrai che non è molto profondo. E’ sufficiente che tu tenga fuori la testa, in modo tale che la principessa possa vederti! – Come la principessa? – ribatté il giovane ancora più agitato. – Non mi avevi parlato della principessa, io … - Non c’è più tempo, padrone … cosa vuoi fare? – lo interruppe il gatto con fare sbrigativo.
Esiste il tempo per dubitare, ma non è questo. Ora devi… andare!
Quando il suo padrone discese finalmente nell’acqua, il buon gatto corse incontro alla carrozza reale, si gettò in mezzo alla strada, cominciò a disperarsi, a mettersi le zampe in testa e strapparsi (per finta, non era mica tonto il nostro gatto!) tutti i peli. Le sue (finte) lacrime sgorgavano a fiotti, accompagnate da urla strazianti: - Vi prego, Maestà, fate soccorrere il Marchese di Carabas, mio signore e padrone! … Alcuni balordi, sapendo quanto è ricco, lo hanno gettato in mezzo al lago ad annegare! – e qui la sceneggiata raggiunse il suo apice, perché il gatto si ribaltò sulla schiena e finse di esser quasi svenuto per lo spavento e il gran dolore. – Povero, fedele servo! – s’impietosì la principessa. – Che sia portato sulla carrozza!
I paggi subito si prodigarono, raccolsero con molta cura il gatto e lo portarono sulla carrozza. La principessa, personalmente, lo prese in braccio e cominciò ad accarezzarlo perché rinvenisse. – Come stai dolce gattino? – lo interrogava preoccupata. – Mah … un po’ meglio ora che sono con Voi … ma credo che le vostre carezze mi faranno sentire ancor meglio fra poco … - disse il gatto sbruffone per prendersi altre carezze ancora!
Del resto, l’intelligenza viene sempre ricompensata!
Intanto il Re non vedeva l’ora di conoscere finalmente questo Marchese di Carabas! Mandò subito paggi, maggiordomi, ciambellani, consiglieri e tutti gli uomini del suo seguito a soccorrere quel generoso e nobile suddito, mentre due corrieri a cavallo partirono a gran velocità verso la Reggia, per prendere dal guardaroba reale un abito adatto al nobile ospite.
Tornati che furono, il Marchese di Carabas fu vestito e calzato a pennello e vi dirò che, con gran disinvoltura, sapeva portare quegli abiti regali, quasi come se li avesse sempre indossati!
Quando fu pronto, venne portato innanzi alla principessa che, vedendo quel bel giovane tutto in ghingheri, dal portamento così fiero e nobile … se ne innamorò in un istante, e decise che presto l’avrebbe fatto suo sposo!
Il giovane, con fare molto garbato e nobile, ringraziò Sua Maestà, rese omaggio alla regale figlia con un profondo inchino e prese posto nella carrozza dorata, nella quale era stato invitato a salire e che proseguì il viaggio.
Il gatto, con un balzo … (felino!) abbandonò le braccia della principessa, dicendo: - Preziosa Maestà, non oso stare nello stesso luogo in cui siede il mio padrone, vi prego di congedarmi.
La principessa, una volta ancora, apprezzò molto l’umiltà del gatto e volentieri allargò le braccia affinché lui potesse abbandonarle.
Ma il nostro gatto aveva ben altri progetti, che corse a realizzare eseguendo la mossa successiva del suo geniale piano!
Corse a perdifiato per un lungo tratto, fino a lasciare la carrozza alle sue spalle.
Lungo la strada, ogni volta che incontrava dei contadini al lavoro nei campi, gridava loro: - Ehi, brava gente, sta per passar di qui la carrozza del Re: se vi domanderanno di chi è questa terra, rispondete che è del Marchese di Carabas. Vedrete che lui vi ricompenserà generosamente!
E infatti, arrivando con la carrozza, il Re si affacciava a chiedere: - Ma di chi è questa bella terra?
E i contadini, con un inchino, puntualmente rispondevano: - E’ del Marchese di Carabas, Sire.
E il gatto sempre avanti.
Il gatto sapeva bene che ogni Marchese … possiede un castello: toccava dunque a lui procurarne uno al suo giovane padrone!
C’era, lungo la strada, il castello dell’Orco, che era anche il vero padrone delle terre intorno. Il gatto chiese d’essere ricevuto.
Quando fu davanti all’Orco, gli fece una grande riverenza, ben sapendo che così avrebbe solleticato la vanità del padrone di casa. – Hai chiesto di vedermi gatto, che vuoi? – lo interrogò l’Orco, abbastanza curioso perché mai prima d’ora un gatto aveva chiesto di esser ricevuto da lui.
Il gatto fingendo un’ingenuità che certo non aveva, disse candidamente: - Son venuto a importunarvi, signore, perché da tanto tempo ho un dubbio e solo voi me lo potete sciogliere: è vero che voi siete capace di trasformarvi in qualsiasi animale vivente?... C’è chi dice di sì e chi dice di no.
L’Orco sbottò in una gran risata: - Vorrei proprio vedere chi dice di no! Guarda!... – e subito, dinnanzi al gatto mezzo morto di paura, l’Orco si trasformò in un enorme leone. – Ba… ba… basta! – gemette il gatto. – Vedo con i miei occhi che sapete trasformarvi in un animale grande quanto voi e feroce, ferocissimo! – Bene! – disse risoluto l’Orco. – Ora potrai dirlo anche a quegli sbruffoni che dicono che io non mi so trasformare! – Oh, potete starne certo, signore! – replicò il gatto. – Solo … - Che altro c’è, gatto? – ribatté l’Orco che stava cominciando a seccarsi. – No, nulla, una sciocchezza … - disse il gatto stringendosi nelle spalle e disegnando con una zampetta un semicerchio sul pavimento … - Che sciocchezza? Se qualcun altro parla male di me, io voglio saperlo! – insistette l’Orco sempre più irritato … E, si sa, qualunque persona (o animale!) di buon senso … non ha nessun interesse a fare irritare un orco! – Mah … dicono che trasformarsi in un grosso animale è assai più facile che prendere le sembianze di una maestosa aquila … - azzardò il gatto. – Ah, ma se è solo per quello – rise di gran gusto l’Orco – eccoti accontentato! – e subito si trasformò in un’aquila dalle piume lucenti.
Ma, come tutti sanno, le aquile amano le alture, e così la nostra volò via dalla finestra per raggiungere in cielo le nuvole più alte.
Com’era bello volare! Quanta emozione l’Orco-aquila provava nello sfrecciare in ogni direzione nel cielo! Poteva andare ovunque, senza limiti, senza confini! Questa sensazione di libertà non l’aveva mai provata! Dall’alto, nel cielo, una voce gentile echeggiò e si udì: - E’ bellissimo volare, gatto! Non avevo mai sperimentato una sensazione così bella! E’ meraviglioso, se solo tu potessi provare! Grazie! Non voglio più tornare Orco, resterò aquila e volerò, volerò ovunque nel cielo azzurro! – la voce dell’Orco era così soave che non sembrava nemmeno più lui.
Il gatto approfittò subito del momento, e gli chiese: - Signore, forse allora non abiterai più questo castello? … - No, gatto, abiterò nel vento! Tieni pure tu il mio castello, a me non serve più!
Il gatto non aspettava altro.
Ora il castello era senza padrone.
Finalmente era tutto suo … anzi, del Marchese di Carabas!
Il gatto si rivolse lesto lesto a tutti coloro che lavoravano nel castello e, con lo sguardo vittorioso, annunciò: - Tra poco giungerà al castello la carrozza dorata del Re, la principessa e il vostro nuovo padrone: il Marchese di Carabas. Voglio che sian ricevuti con tutti gli onori e con gran pranzo ricco di ogni prelibatezza.
E così andò. Fu preparato il più ricco e sontuoso pranzo che mai fosse stato servito in tutto il regno.
La principessa era sempre più innamorata e anche il giovane figlio del mugnaio, ormai … Marchese di Carabas, ricambiava i sentimenti di quella giovane e bella fanciulla …
Guardando il suo sguardo innamorato, però, il giovane, che aveva ben appreso gli insegnamenti del padre, non poté tacerle la verità … - Io ti devo parlare – disse alla principessa. – Oh, parleremo a lungo, ma dopo il nostro matrimonio, magari … facendo insieme il pane – disse la giovane sorridendo. – Ma come? Tu sai … - tentò di dire il ragazzo. – Non ti ho riconosciuto subito, avvolto in quegli abiti così belli … - lei gli rivelò. – Ma i tuoi occhi … io non li ho mai scordati, fin da quella volta in cui venni al mulino di tuo padre … - La ragazza con paniere! – si ricordò improvvisamente il giovane. – Ero io -  rise lei. – Pensi che le principesse non facciano la spesa? Io voglio sapere come vive la gente del mio regno. Voglio sapere se le persone sono felici, vivono serene … Che sovrana sarei se no?

Oh illuminata principessa:
quest’occasione non pensavo mi venisse concessa!
E’ giunto il giorno in cui posso osservare
chi mostra saggezza nel governare.
Tu hai compreso che per ben regnare
è necessario conoscere e saper ascoltare!
Solo così si costruisce l’unione
e la parola magica è … COLLABORAZIONE!

Il giovane era stupito e pieno di felicità. Ora poteva davvero sposare la ragazza che amava: ora che lei sapeva che lui era il figlio del mugnaio! – Io so che sei il ragazzo che amo. So che sei un ragazzo onesto: il resto … sarà un nostro piccolo segreto … - disse al suo futuro sposo sorridendo.
E proprio in quello stesso giorno fu decisa la data delle nozze fra il Marchese-mugnaio e la principessa.
E il gatto?
Oh, non pretese poi molto: si scelse un cantuccio in cucina, proprio vicino al focolare. Da lì i cuochi gli lanciavano sempre qualche frittella o qualche gustoso bocconcino.
Si tolse per sempre gli stivali, non rivolse mai più la parola a nessuno e … tornò al suo antico mestiere: quello del buon gatto di famiglia.
Spesso il suo vecchio padroncino lo andava a trovare, lo riempiva di carezze e di coccole, e pensava: “Oh, caro papà …”.

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