Ti ho amato dal primo istante...

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martedì 23 aprile 2013

RICCIOLI D’ORO - Una fiaba scozzese

C’era una volta una famiglia di orsi: Papà Orso, Mamma Orsa e Piccolo Orso.
Vivevano tutti in una casa di legno nel cuore di una grande foresta.
La casa era bella e piena di comodità. La cucina era il regno di Mamma Orsa, che preparava sempre golosi pranzetti. Nella cucina c’erano una stufa a legna, una dispensa piena di barattoli di miele, una credenza con piatti e pentole e un tavolo con tre sedie per sedersi a mangiare.
Accanto alla cucina c’era un salotto con il camino e tre poltrone: una piccola per Piccolo Orso, una media per Mamma Orsa e una grande per Papà Orso, che si sedeva davanti al fuoco con la sua pipa e il suo giornale.
Una scala di legno portava proprio sotto il tetto, dove c’era la camera da letto dei tre orsi.
Una mattina, dopo aver preparato la zuppa di latte, Mamma Orsa la versò nelle scodelle e le mise sul tavolo apparecchiato insieme a un cesto di biscotti appena sfornati.
“Papà Orso, Piccolo Orso, venite! La colazione è pronta” gridò. Papà Orso e Piccolo Orso arrivarono affamati e si sedettero a tavola. Piccolo Orso avvicinò al muso una cucchiaiata di zuppa fumante e subito strillò: “Uuuhhh! E’ troppo calda, scotta!”
“Andiamo a cogliere more, mentre la zuppa si raffredda” propose Papà Orso. Detto fatto, i tre orsi presero tre cestini, uno piccolo per Piccolo Orso, uno medio per Mamma Orsa e uno grande per Papà Orso, uscirono di casa e imboccarono il sentiero che portava alla radura segreta. Era il loro posto preferito: lì c’erano tanti cespugli di more e mirtilli, e delicate piantine di fragole.
La famiglia degli orsi era appena uscita, quando davanti alla casetta sbucò una bambina che si era persa e stava cercando qualcuno che la aiutasse a ritrovare la strada.
La bambina si chiamava Riccioli d’Oro e aveva due grossi difetti: era molto curiosa e molto impaziente.
Quando si trovò davanti alla casetta, invece di bussare alla porta sbirciò attraverso le persiane della finestra. Poi spiò attraverso il buco della serratura.
Non vedendo nessuno e non sentendo voci né rumori, la bambina sollevò il chiavistello. La porta era solo accostata, perché la famiglia degli orsi era uscita senza chiudere a chiave.
Erano bravi orsi, non avevano mai fatto male a nessuno e non pensavano di certo che qualcuno potesse farne a loro.
Erano orsi fiduciosi: mai e poi mai avrebbero immaginato che qualche intruso potesse infilarsi in casa loro.
Riccioli d’Oro aprì la porta ed entrò. Arrivò in cucina e vide la tavola apparecchiata. Sul tavolo c’erano le tre scodelle fumanti. Se fosse stata una bambina beneducata, avrebbe aspettato il ritorno dei proprietari, ma siccome non lo era e in più aveva molta fame, si sedette davanti alla scodella più grande. Affondò il cucchiaio nella zuppa fumante e si accorse che scottava. Così decise di cambiare posto. Si sedette davanti alla scodella media e affondò il cucchiaio nella zuppa. Ma anche quella fumava: di sicuro era troppo calda. Riccioli d’Oro si sedette allora davanti alla scodella più piccola e disse tra sé: “Mmm, che aspetto invitante ha questa zuppa di latte. Non fuma, quindi non scotta. Sembra perfetta. Ho una fame … Ne mangerò solo un pochino e nessuno se ne accorgerà.”
Prese il cucchiaio più piccolo e assaggiò la zuppa di latte. Era squisita: né troppo dolce né troppo calda né troppo densa. Era proprio perfetta. Prese un biscotto dal cestino e lo intinse nella zuppa di latte. Che bontà! Una cucchiaiata di zuppa di qua, un morsino di biscotto di là, in quattro e quattr’otto la zuppa di latte era finita e la scodella era vuota.
“Uffa!” esclamò Riccioli d’Oro, stizzita. “La zuppa è finita e io ho ancora fame. Aspetterò che si raffreddi quella nelle altre scodelle. Intanto mi riposo.”
Andò in salotto e vide le tre poltrone. Scelse per prima quella di Papà Orso. Si dovette arrampicare perché era alta, ma quando si sedette scoprì che no, non andava bene. Era troppo grande, troppo dura, troppo scomoda per lei. Provò allora la poltrona di mezzo, quella di Mamma Orsa, ma era troppo soffice per i suoi gusti. A quel punto si sedette sulla poltroncina più piccola, la poltrona di Piccolo Orso. Era una piccola poltrona a dondolo, con i cuscini a quadretti rossi e il poggiatesta.
Com’era comoda e divertente quella poltrona … Riccioli d’Oro cominciò a dondolarsi, prima piano, poi sempre più veloce, avanti e indietro, avanti e indietro. Alla fine non riuscì più a fermarsi e volò all’indietro insieme alla poltroncina che crack, si ruppe.
“Accipicchia!” esclamò Riccioli d’Oro. “Ahia, che male mi sono fatta.” Si rialzò tutta ammaccata, senza nemmeno far caso alla poltroncina rotta. E non contenta di aver mangiato una zuppa che non era sua e aver distrutto una poltroncina che non era sua, decise di andare a esplorare il resto della casa.
La scala di legno la attrasse subito. “Chissà dove porta!” disse Riccioli d’Oro. E da ficcanaso qual era, salì le scale. Un po’ di paura l’aveva, ma la sua curiosità era molto, molto più forte.
La scala portava nella camera sotto il tetto dove dormivano i tre orsi. C’era un letto grandissimo, quello di Papà Orso, e lì accanto un letto medio, quello di Mamma Orsa, e lì vicino un lettino piccolo, quello di Piccolo Orso. Tutti e tre i letti avevano cuscini e trapunte colorate.
“Mi è venuto sonno” disse Riccioli d’Oro con un gran sbadiglio. Provò ad arrampicarsi sul letto grande, ma era troppo alto e non ci arrivava. Si aggrappò alla trapunta, ma riuscì solo a trascinarla giù dal letto e a stropicciare tutte le lenzuola. Allora provò il secondo letto, ma era troppo soffice. Riccioli d’Oro vi sprofondò e il cuscino scivolò a terra. No, non andava bene. La bambina allora si distese nel lettino più piccolo. Non troppo alto né troppo lungo né troppo soffice: era semplicemente perfetto. Così chiuse gli occhi e si addormentò all’istante.
I tre orsi intanto erano tornati dalla loro passeggiata, convinti che la zuppa si fosse raffreddata. Papà Orso si sedette a tavola e vide che qualcuno aveva affondato il cucchiaio dentro la sua scodella.”Qualcuno ha assaggiato la mia zuppa di latte” borbottò. Anche nella scodella di Mamma Orsa c’era un cucchiaio che prima non c’era. “Qualcuno ha assaggiato anche la mia zuppa di latte” disse Mamma Orsa, lamentosa.
Anche Piccolo Orso si sedette al suo posto. Il cucchiaio era nella scodella, e la scodella era vuota. “Qualcuno ha mangiato tutta la mia zuppa” piagnucolò Piccolo Orso. Ormai era chiaro: qualcuno era entrato in casa e aveva mangiato la zuppa di Piccolo Orso. I tre orsi si guardarono intorno con molta attenzione. Andarono in salotto e scoprirono che qualcuno aveva spostato le poltrone accanto al camino.
“Qualcuno si è seduto sulla mia poltrona” disse Papà Orso. Il cuscino infatti era tutto storto.
“Qualcuno si è seduto anche sulla mia poltrona” disse Mamma Orsa, vedendo il suo soffice cuscino tutto schiacciato.
“Qualcuno si è seduto sulla mia poltroncina, e l’ha anche rotta!” disse Piccolo Orso, e scoppiò a piangere. Si inginocchiò a terra e provò a ripararla, ma non ci fu nulla da fare: i braccioli erano spezzati. “Su, su, non piangere. Domani te la riparo per bene, e tornerà come nuova” lo consolò Papà Orso. “Non capisco proprio chi può essere stato.”
In quel momento si sentì un rumore venire dall’alto. “Avete sentito? Dev’esserci qualcuno di sopra: andiamo a vedere” disse Papà Orso.
“Ma io ho paura, non voglio salire” piagnucolò Piccolo Orso.
“Non fare lo sciocchino, andremo tutti insieme” disse Mamma Orsa.
E così la famiglia degli orsi salì le scale che portavano alla camera da letto.
“Qualcuno si è sdraiato sul mio letto” disse Papà Orso, quando vide la trapunta a terra.
“Oooh, se è per questo qualcuno si è sdraiato anche sul mio letto e ha fatto cadere il cuscino” disse Mamma Orsa.
“Venite!” strillò spaventato Piccolo Orso. “C’è qualcuno nel mio letto!”
I tre orsi si avvicinarono al lettino in punta di piedi. “Ma è una bambina” disse Papà Orso. “Guardate come dorme bene!”
“Sssh … Lasciamola riposare, dev’essere molto stanca” disse Mamma Orsa.
“Sì, ma sta dormendo nel mio lettino, e io volevo proprio riposarmi” piagnucolò Piccolo Orso.
Riccioli d’Oro dormiva profondamente, così profondamente che non la svegliò il vocione rombante, burbero e roco di Papà Orso, e nemmeno la voce grossa e morbida di Mamma Orsa. Ma non appena udì nel sonno la vocetta acuta e sottile di Piccolo Orso, spalancò gli occhi e balzò a sedere sul letto. E quando si vide circondata dai tre orsi, urlò e urlò e urlò.
“Non avere paura” disse Papà Orso.
“Non ti faremo del male” disse Mamma Orsa.
“Puoi rimanere, se vuoi” disse Piccolo Orso.
Ma Riccioli d’Oro era spaventata, anzi, terrorizzata. Balzò giù dal letto e corse alla finestra. Trovandola chiusa, scese le scale a precipizio, infilò la porta e fuggì via più veloce che poteva, dileguandosi nel bosco.
E da quel momento nessuno dei tre orsi vide mai più Riccioli d’Oro.


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