Ti ho amato dal primo istante...

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martedì 30 aprile 2013

IL PESCIOLINO D'ORO

C’era una volta un vecchio pescatore. Abitava con la moglie in una casupola vicino al mare. Erano molto, molto poveri. Il pescatore andava tutti i giorni in riva al mare e gettava la sua rete. La moglie invece rimaneva a casa a filare e a lavorare nell’orto.
Un giorno, il pescatore gettò la rete e trascinandola a riva la sentì particolarmente pesante. La sua sorpresa fu grande quando si rese conto che la rete era vuota: c’era soltanto un pesciolino d’oro.
Era proprio un pesce tutto d’oro. Prima che il pescatore si potesse riprendere dallo stupore, il pesciolino parlò: “Lasciami andare, ti supplico. Vedrai, non avrai da pentirtene. Chiedimi quello che vuoi e io esaudirò i tuoi desideri.”
Il vecchio pescatore, che nonostante tutti gli anni passati in mare non aveva mai sentito parlare un pesce, disse: “Non ti preoccupare, pesciolino. Non avrei mai osato catturarti, sei così piccolo… Ti lascio libero: torna pure a nuotare felice tra le onde.”
Il pescatore liberò il pesciolino dalle maglie della rete e tornò a casa.
Quando lo vide tornare senza nulla, la moglie gli chiese: “Come mai non hai preso niente? Marito mio, sai che abbiamo poco da mangiare.”
Il marito allora le raccontò che cosa gli era capitato quella mattina: “Povero pesciolino, non ho avuto cuore di trattenerlo e l’ho lasciato andare, senza chiedere in cambio alcuna ricompensa.”
“Sei solo un vecchio idiota!” disse la moglie, andando su tutte le furie. “Lo sai che viviamo nella miseria più nera e ci manca anche il pane. E tu, sciocco che sei, ti sei fatto sfuggire un’occasione simile.”
La donna tanto gli riempì la testa di lamenti che il pover’uomo, il giorno dopo, andò in riva al mare e chiamò il pesciolino.
“Pesciolino, pesciolino, vieni e mostra il tuo capino, e perdonami l’ardire: ho un desiderio da esaudire.”
Dopo poco, il pesciolino d’oro sbucò tra le onde e disse: “Dimmi di che cosa hai bisogno, vecchio, e io ti accontenterò.”
“Abbi pazienza, signor pesce. Mia moglie si è arrabbiata con me perché ieri non ti ho chiesto nulla. Siamo molto poveri e in casa non c’è da mangiare: potresti procurarci del pane?”
Allora il pesce gli disse: “Torna a casa e non preoccuparti. Troverai quanto mi hai chiesto.”
Il vecchio pescatore andò a casa e trovò il tavolo apparecchiato e tanto pane da sfamare un intero villaggio.
Tutto contento, il buon uomo disse alla moglie: “Hai visto che il tuo desiderio è stato esaudito? Adesso hai tutto il pane che vuoi: possiamo mangiarne per un mese di fila e darlo anche ai nostri vicini.”
Ma la donna, invece di rallegrarsi, si arrabbiò: “Sei proprio uno sciocco, un buono a nulla. Che cosa pensi che possa farmene di tutto questo pane? Si seccherà e ammuffirà. Io non ho nemmeno un catino per lavare i panni, perché quello che avevo si è bucato, e tu vai a chiedere solo pane.”
Il poveretto, tormentato dalle urla e dai rimproveri della moglie, uscì di casa.
Arrivato in riva al mare, il vecchio pescatore si sedette e chiamò di nuovo il pesce d’oro:
“Pesciolino, pesciolino, vieni e mostra il tuo capino, e perdonami l’ardire: ho un desiderio da esaudire.”
Il mare era increspato e il cielo si era riempito di nuvole. Il pesciolino d’oro, saltando lieve da un’onda all’altra, arrivò vicino alla riva, levò il capino e disse: “Vecchio, che cosa è successo? Il pane forse non bastava? In ogni caso, esprimi il tuo desiderio e io lo esaudirò.”
“La mia vecchia si è lamentata perché il suo catino è vecchio e bucato. Non potresti procurargliene uno nuovo?” disse il pover’uomo, imbarazzato.
“Torna a casa e non preoccuparti. Troverai quanto mi hai chiesto.” rispose il pesce.
Il vecchio tornò a casa, e non fece in tempo a varcare la soglia che la moglie si scagliò contro di lui, urlando: “Sei proprio un vecchio stupido, un buono a nulla. Ma che cos’hai i quella zucca vuota? Non hai saputo chiedere nient’altro che un catino nuovo, con tutto quello che ci manca. Prima il pane e ora il catino. Ma non vedi in che stato viviamo? Non vedi che la casa cade a pezzi e piove dal tetto? Torna subito dal pesciolino e chiedigli una casa nuova.”
Al vecchio non restò che ubbidire. Tornò sulla riva del mare e chiamò il pesciolino d’oro:
“Pesciolino, pesciolino, vieni e mostra il tuo capino, e perdonami l’ardire: ho un desiderio da esaudire.”
Il mare intanto si era ingrossato e soffiava un forte vento. Cavalcando un’onda schiumosa, il pesciolino scivolò verso la riva e chiede: “Vecchio, che cosa c’è che non va, ora? Non andava bene il catino nuovo per tua moglie? In ogni caso, esprimi il tuo desiderio e io lo esaudirò.”
“Perdonami, pesciolino, quando sono arrivato a casa, la mia vecchia era arrabbiata. Non le basta più il catino nuovo: vuole una casa, adesso. Dice che la capanna dove viviamo è vecchia e cade a pezzi, e ne desidera una nuova.”
Non appena il pescatore ebbe finito di parlare, il pesce gli disse: “Torna a casa e non preoccuparti. Troverai quanto mi hai chiesto.”
Il vecchio pescatore si avviò verso casa, più sollevato.
Accanto all’orto del pescatore e della moglie la vecchia capanna era sparita. Al suo posto sorgeva un’isba nuova di legno di betulla, con le persiane intarsiate, il portico, il tetto spiovente coperto di pietre lucide. Una vera bellezza.
Il pescatore si affrettò verso la moglie, che era sulla soglia, aspettandosi di vederla lieta e sorridente. Ma la vecchia sembrava più rabbiosa che mai.
Lo accolse gridando: “Tu, vecchio sciocco, ti accontenti solo di una modesta isba di legno? Io non voglio più fare la contadina, sono stufa di questa vita di stenti. Torna subito dal pesciolino e digli che voglio… voglio diventare la moglie del governatore.”
Con passo stanco, il pescatore tornò sulla riva. Il mare s’era fatto ancora più grosso e minaccioso, e anche il cielo cominciava a oscurarsi. L’uomo si fece forza e chiamò il pesciolino:
“Pesciolino, pesciolino, vieni e mostra il tuo capino, e perdonami l’ardire: ho un desiderio da esaudire.”
Il pesciolino arrivò cavalcando un grosso cavallone e disse: “Dimmi, pescatore. Non era abbastanza la nuova isba? A tua moglie non è piaciuta? Comunque, esprimi il tuo desiderio e io lo esaudirò.”
“Perdona il mio ardire, pesciolino. La mia vecchia adesso si è messa in testa che un’isba non basta più, e non vuole più fare la contadina. Dice che vuole diventare nientemeno che la moglie del governatore.”
“Torna a casa e non preoccuparti. Troverai quanto mi hai chiesto” disse il pesciolino d’oro.
Il pescatore tornò a casa e invece dell’isba di legno trovò una grande dimora di pietra, con uno scalone di marmo. Salì le scale, superò un lungo corridoio, entrò in una sala e lì vide la vecchia moglie. Quasi non la riconobbe: i poveri vestiti di cotone erano spariti; la donna era vestita di seta e broccato, portava orecchini scintillanti e una collana di perle, e le sue mani erano cariche di anelli d’oro e gemme preziose.
Ai lati della dama c’erano due servi in livrea e una schiera di domestici e domestiche pronti ai suoi ordini.
L’uomo intimorito, si inchinò davanti a lei e le disse: “Come sei diventata bella, moglie mia. Spero che tu sia soddisfatta, ora. Hai ricevuto in dono quanto hai voluto: sei vestita degli abiti più belli, hai dei servitori che ti obbediscono e grandi ricchezze.”
Ma la vecchia, sempre più ambiziosa e superba, gli disse: “Come osi parlarmi in questo modo, vecchio impertinente? Come osi chiamarmi tua moglie, quando sono diventata la moglie del governatore? Servi, portatelo nelle scuderie: d’ora in poi si prenderà cura dei miei cavalli.”
E così il pover’uomo venne trascinato nelle scuderie, frustato e poi abbandonato in un angolo, in compagnia dei cavalli. Passò una settimana, e poi un’altra e un’altra ancora. Il vecchio si era rassegnato a fare lo stalliere e svolgeva i suoi compiti senza lamentarsi, quando un mattino fu mandato a chiamare: doveva presentarsi davanti alla moglie, o meglio, alla moglie del governatore.
La vecchia era già stanca di essere la moglie del governatore. Non le bastava nemmeno questo. Perciò, quando il pescatore fu davanti a lei, gli disse: “Vecchio, ti ho mandato a chiamare perché devi fare un’altra cosa per me. Sono stufa di essere la moglie del governatore. Devi andare dal pesciolino d’oro e chiedergli di farmi zarina. Sì, voglio diventare molto potente, potentissima, la più potente: voglio essere la moglie dello zar.”
Per poco l’uomo non svenne. Poi trovò il coraggio di ribattere: “Vecchia, sei impazzita? Non ti basta essere diventata una gran dama, no: ora vuoi diventare zarina. Non ti ricordi più che fino a poco tempo fa raccoglievi le verdure nell’orto?”
La vecchia andò su tutte le furie, chiamò i servitori e fece frustare ancora il poveretto che, rassegnato e dolorante, si avviò verso il mare.
Quando il pescatore arrivò alla riva, il mare era diventato nero come la pece e i fulmini cadevano all’orizzonte. Onde scure e minacciose si frantumavano a riva. L’uomo chiamò il pesciolino:
“Pesciolino, pesciolino, vieni e mostra il tuo capino, e perdonami l’ardire: ho un desiderio da esaudire.”
Il pesciolino uscì dalle acque schiumanti, si avvicinò a riva e disse: “Dimmi, buon vecchio. Tua moglie non è forse soddisfatta di essere diventata una gran dama? Che altro vuole ancora? Dimmelo, e io esaudirò il tuo desiderio.”
“Perdona la mia richiesta, ma a quella vecchia pazza non basta essere una ricca dama: ora dice che vuole diventare zarina.”
“Torna a casa e non preoccuparti. Troverai quanto mi hai chiesto” disse il pesciolino d’oro, e si tuffò nelle acque scure.
Il pescatore tornò con passo stanco verso casa. Davanti a lui sorgeva il palazzo più sfarzoso che avesse mai visto. Al posto della costruzione di pietra c’era una reggia enorme: le mura, le porte, le finestre e i tetti erano tutti d’oro massiccio. Davanti al portone era srotolato un lunghissimo tappeto di velluto; ai suoi lati due file di guardie dall’aspetto terribile, armate di lunghe alabarde.
Il pover’uomo raccolse tutto il suo coraggio, camminò sull’interminabile tappeto ed entrò nel palazzo dello zar, scortato da due guardie. Attraversò corridoi e sale e finalmente si trovò nella sala del trono.
Di fronte a lui, sopra una poltrona d’oro massiccio tempestata di gemme preziose, era seduta la vecchia moglie. Era avvolta in un lungo manto di zibellino, in testa portava una corona di diamanti e la mano destra reggeva lo scettro del comando.
Il pover’uomo si inchinò al suo cospetto e disse: “Mia potente sovrana, zarina che regni su tutto il nostro popolo, ora che si è avverato il tuo ultimo desiderio, lasciami tornare a vivere nella mia capanna in riva al mare e riprendere il mio vecchio mestiere di pescatore.”
La zarina lo guardò e con voce alta e tagliente disse: “Vecchio, come osi formulare un desiderio di fronte alla tua regina? Guardie, prendetelo e frustatelo. Poi chiudetelo nelle prigioni di corte e lasciatelo lì fino a quando mi piacerà.”
Subito due soldati presero il poverino e lo portarono fuori del palazzo.
Il vecchio venne trascinato via dalle guardie, e al suo passaggio un gruppo di popolani si fece beffe di lui tra urla e schiamazzi.
Il pescatore non aveva mai subito tante umiliazioni in vita sua. Le guardie lo portarono nei sotterranei della prigione, dove venne prima frustato e poi rinchiuso in una stanza senza finestre.
Passarono i giorni, passarono le settimane, e il vecchio deperiva sempre di più.
Un giorno però le porte della prigione vennero aperte, e il vecchio pescatore fu di nuovo trascinato fino alla reggia, nella sala del trono. Lì, in ginocchio, aspettò tremante che la zarina parlasse.
Senza esitare, la zarina disse: “Vecchio, non mi piace più essere la sovrana. Sono stanca di feste di corte, sono stanca delle richieste del popolo. Non mi basta più essere zarina e governare su queste terre: voglio molto di più. Và dal tuo pesciolino d’oro e ordinagli di farmi diventare la signora di tutti i mari. Voglio vivere in un palazzo nelle profondità dell’oceano e avere il pesciolino d’oro al mio servizio.”
Di fronte a tanta follia, il poveretto non osò replicare. Ormai conosceva la sete di potere della moglie, la sua ambizione e la sua ferocia. Senza dire una parola, dopo un profondo inchino, si congedò da lei e andò sulla riva del mare.
Il pescatore non aveva mai visto il mare tanto nero e minaccioso. Cavalloni alti come palazzi si abbattevano contro gli scogli. Il cielo era di piombo, l’acqua schiumava.
L’uomo chiamò il pesciolino d’oro:
“Pesciolino, pesciolino, vieni e mostra il tuo capino, e perdonami l’ardire: ho un desiderio da esaudire.”
Il pesciolino emerse da un gorgo profondo e chiese: “Cosa vuoi ancora da me, vecchio?”
“Perdonami, pesciolino, ma mia moglie, la zarina, non è ancora contenta. Non le basta più essere sovrana. Ora vuole diventare signora del mare, vuole vivere nelle profondità ed essere servita e riverita da te.”
Il pesciolino non disse una parola. Voltò la coda e si tuffò nelle acque turbinose del mare.
A lungo il vecchio aspettò. Attese paziente, perché non aveva avuto alcuna risposta dal pesciolino d’oro.
Dopo una notte, un giorno e una notte di attesa, il pescatore si incamminò verso la reggia, pensando alla triste sorte che lo aspettava.
E lì, invece di una triste sorte, trovò ad attenderlo una sorpresa. La reggia era sparita: non c’erano più mura, finestre, tetti d’oro. Era scomparso anche l’esercito di guardie. Al posto del palazzo trovò la sua misera catapecchia. Sull’uscio era seduta la moglie, vestita di poveri abiti cenciosi, intenta a lavare i panni in un vecchio catino bucato…


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