Ti ho amato dal primo istante...

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giovedì 18 aprile 2013

Il Pifferaio di Hamelin - Una fiaba tedesca

C’era una volta una graziosa cittadina chiamata Hamelin.
Si trovava sulla cima di un colle, ai cui piedi scorrevano le acque di un grande fiume. La vita nella città era tranquilla: gli abitanti andavano d’accordo e i bambini giocavano felici per le strade.
Ma un brutto giorno …
… tutto cambiò. La città fu invasa dai topi. Topi grassi e voraci, che si riversarono ovunque, più numerosi di un esercito.
I poveri cittadini erano terrorizzati perché i ratti occupavano le loro case facendola da padroni.
Si intrufolavano nelle dispense, sollevavano i coperchi delle conserve, mangiavano dentro le pentole, si infilavano nei barili di acciughe e li prosciugavano, si annidavano nei letti e squittivano senza sosta, con fischi tanto acuti da impedire il sonno dei bravi cittadini. I topi non avevano paura di niente e non si fermavano davanti a nessun ostacolo.
Ormai l’invasione aveva raggiunto proporzioni così gigantesche che il popolo di Hamelin, esasperato, andò a protestare davanti al municipio.
“E’ ora di fare qualcosa. Non ne possiamo più, i topi ci stanno rovinando la vita!” urlavano tutti come un sol uomo.
Una piccola delegazione salì a parlare col borgomastro per trovare una soluzione al problema. “Dovete fare qualcosa” disse il loro portavoce. “Non possiamo più andare avanti così. E’ pericoloso perfino stare nelle case: i topi ci mordono e abbiamo paura per i nostri bambini. Bisogna trovare un modo per liberarsi di questo flagello.”
Il borgomastro si ritirò con i suoi consiglieri e dopo ore di riunione finalmente si affacciò alla finestra.
“Abbiamo deciso di ingaggiare un esercito di gatti. Ce li faremo mandare da tutte le città e i villaggi vicini; in più, metteremo trappole in ogni vicolo e in ogni abitazione.”
La folla applaudì, e tutti tornarono sereni alle loro case.
Il giorno dopo arrivarono carri pieni di gatti e di trappole per topi. I gatti vennero sguinzagliati per la cittadina, e le trappole sistemate strategicamente negli angoli delle strade e delle case. Ma bastò solo un giorno per capire che i rimedi erano del tutto inutili. I topi, più aggressivi che mai, si facevano beffe degli agguati dei felini e non solo sfuggivano alle loro unghiate, ma si rivoltavano contro di loro. Attaccavano i gatti e addirittura li prendevano a morsi. Era una situazione incredibile: il mondo alla rovescia. I gatti fuggivano terrorizzati, inseguiti dai topi. E le trappole? Scattarono una dopo l’altra, e spesso a finirci impigliate furono le code degli stessi gatti e le dita dei bravi cittadini.
Ancora una volta, una folla urlante e delusa si radunò sotto le finestre del borgomastro.
“Ho deciso: donerò mille scudi d’oro a chi riuscirà a liberarci da questo incubo” promise il borgomastro.
Il mattino dopo, a Hamelin regnava una strana calma, come se nell’aria vi fosse qualcosa di sospeso.
Per le vie non si vedeva più nemmeno l’ombra di un gatto, e anche i topi apparivano meno baldanzosi, placati dopo le bisbocce della nottata. I cittadini osarono mettere fuori il naso dalle loro case e riprendere il loro lavoro.
E all’improvviso in città fece il suo ingresso uno strano personaggio. Portava pantaloni a righe colorati da cui spuntavano due buffi calzari a punta, in testa aveva un cappello floscio con una lunga piuma che gli copriva in parte il viso, sulle spalle aveva un manto e in mano un piffero. Chi lo incontrò ne fu subito incuriosito e si avvicinò per osservarlo meglio.
I topi, invece, scappavano al suo passaggio, come intimoriti.
“Chi mi sa dire dove si trova il municipio? Voglio parlare col borgomastro” disse lo straniero. E la strada gli fu indicata.
“Signor borgomastro, sono qui per i vostri topi” disse lo strano personaggio senza troppi preamboli. “Mi è giunta voce che i ribaldi hanno invaso la vostra città, e che non avete trovato rimedio a questo flagello. Io sono un musicista e la melodia del mio piffero possiede un potere straordinario. Se voi mi darete la ricompensa, io libererò Hamelin dai topi.”
“Benissimo” disse scettico il borgomastro. “Se farai quello che dici di saper fare, diventerai cittadino onorario.”
“Non so che farmene della cittadinanza: voglio i mille scudi d’oro che avete promesso.”
“E sia: i mille scudi sono già nelle tue tasche, se tornerai vincitore” promise il borgomastro, mostrando al pifferaio il sacchetto pieno di sonanti monete.
“Entro questa sera, in tutta Hamelin non ci sarà più neanche un ratto.”
Il pifferaio si congedò e si incamminò verso la piazza principale, impugnando il suo strumento. Poi si fermò, si sedette sul bordo della fontana e, portando il piffero alla bocca, sotto lo sguardo curioso degli abitanti iniziò a suonare una dolce melodia.
A poco a poco, topi e topini spuntarono da ogni lato, uscirono a frotte dalle case, dai vicoli e dai tombini e si radunarono ammaliati ai piedi del pifferaio. Alle note del piffero il musicita alternava una canzone che aveva una sola strofa:


Saltate fuori, topi e topetti, fuori di casa, lasciate i tetti. Non addentate lardi e prosciutti, la melodia seguite tutti.

Poi riprendeva a suonare. I topi ormai affollavano la piazza e continuavano ad arrivare da tutte le strade.
A questo punto il pifferaio si alzò e, senza smettere di suonare, cominciò a camminare, facendosi largo tra due ali compatte di topi. Dopo averlo lasciato passare, i topi formarono una fila ordinata e lo seguirono. Lo strano corteo sfilò per le vie, sotto gli sguardi allibiti dei cittadini, e varcò le porte della città.
Seguendo le note, i topi scortarono il pifferaio lungo il colle, attraverso i prati, vigne e campi di grano. La bizzarra processione non si fermava mai. Nessuno dei topolini osava abbandonare il corteo: tutti seguivano ipnotizzati la loro guida, diretti alle acque del grande fiume.
Arrivato sulla riva, il pifferaio magico si fermò di colpo e cantò la seconda strofa della sua stranissima canzone:


Addio per sempre, sorci e sorcetti,
la meta è raggiunta: andate via tutti.
Qui sulla riva vi devo lasciare,
nell’acqua profonda dovrete saltare.

Uno dopo l’altro, seguendo obbedienti le parole del pifferaio, i topi si gettarono nel fiume che scorreva sotto di loro.
Uno, due, tre, dieci, venti, cento, mille, cinquemila topi si inabissarono tra i flutti. Qualcuno tentò di rimanere a galla e nuotare, ma poi fu trascinato sotto dalla corrente.
Nel giro di pochi attimi, la marea devastante dei ratti sparì, inghiottita per sempre dalle acque turbinose del fiume.
Hamelin era libera dal flagello.
Il pifferaio tornò in città e fu accolto dai cittadini esultanti.
La promessa era stata mantenuta: in tutta Hamelin non si vedeva più l’ombra di un sorcio. Il pifferaio si presentò dal borgomastro per ritirare la ricompensa.
“Ho liberato la città, come avevo promesso: ora sono qui per riscuotere i mille scudi che mi dovete.”
Il borgomastro scoppiò in una fragorosa risata. “Non voglio sapere quale strana diavoleria hai usato per eliminare i sorci, e comunque non vedo perché dovrei sborsare mille scudi per un suonatore da strapazzo come te. Cinquanta sono più che sufficienti.”
“Voi avevate promesso, e le promesse vanno rispettate” mormorò il pifferaio, e i suoi occhi divennero due taglienti fessure. “Se non lo farete, ve ne pentirete amaramente.”
“Adesso osi pure minacciarmi? Prendi i tuoi cinquanta scudi e sparisci, o ti faccio gettare in prigione” sbraitò il borgomastro, lanciando ai piedi del pifferaio un sacchetto molto piccolo, che nell’atterrare tintinnò.
“Avete fatto male a prendervi gioco di me. Vedrete di che cosa è capace la mia musica!” Con queste misteriose parole il pifferaio, ignorato il sacchetto di monete, si congedò dal borgomastro e se ne andò. Raggiunse la piazza, si sedette sul bordo della fontana, prese il suo piffero e cominciò a suonare una nenia dolce e malinconica, alternando alle note una strofa che diceva pressappoco così:



Venite fuori, bimbi e fanciulli,
lasciate i giochi, i balocchi, i trastulli.
Con me correte per monti e per valli,
venite tutti, bimbi e fanciulli.

I bambini uscirono dalle case, lasciarono i giochi e tutto ciò che stavano facendo e si radunarono attorno al suonatore, stregati dalla sua musica. Come aveva fatto coi topi, il pifferaio si alzò e cominciò a camminare, seguito da una lunga fila di bambini.
Il corteo attraversò la città e uscì dalle porte, scendendo lungo il colle. Furono inutili i richiami dei genitori, e i tentativi che fecero per strappare i bambini dalle file serrate e ricondurli indietro.
I fanciulli non udirono le grida dei genitori, si liberarono dalla loro stretta e marciarono compatti dietro la loro magica guida. Il lungo corteo si allontanò sempre più dalla città. Così come era successo ai topolini, i bambini erano completamente incantati dalle note e seguirono il pifferaio per prati, vigne e campi. Camminarono per ore e ore, attraversarono valli e boschi, senza provare fame né sete, senza dare segni di stanchezza. La musica li trascinava, e loro la seguivano rapiti, saltando e danzando.
Finalmente, quando raggiunsero i piedi di una grande montagna, il pifferaio si fermò.
Sulla parete della montagna era intagliata una grande porta di pietra. Il pifferaio continuò a suonare la melodia e cantò una nuova canzone:



Apriti, porta grande e maestosa,
rivela la grotta scura e misteriosa.
Nelle tue viscere dobbiamo entrare:
apriti, dunque, e lasciaci passare.

Con un grande rombo e un fragore metallico, la porta girò sui cardini e si aprì, rivelando la cavità di una grotta gigantesca. L’interno era nero come la notte e a malapena si intravedeva l’imbocco di un lungo tunnel serpeggiante che portava nel cuore della montagna.
Il pifferaio oltrepassò l’ingresso, senza mai smettere di suonare la suadente melodia. Uno dopo l’altro, i bambini superarono la soglia della grotta, senza mostrare alcuna paura. Si tenevano per mano e ballavano. Sembrava che invece di sprofondare in quell’antro scuro stessero varcando le porte del Gran Paese dei Balocchi. Ridevano felici e fiduciosi, incuranti della sorte che li attendeva, correndo dietro ai loro compagni. Quando anche l’ultimo bambino fu entrato, inghiottito dalla lunga galleria scura, la porta di mosse pesantemente e si richiuse con fragore. Nel silenzio che seguì si udì solo una vocina:
“Non lasciatemi solo!”
Era un bimbo piccolo, di pochi anni, che per via della piccola statura e di una gambetta debole non era riuscito a tenere il passo degli altri. “Voglio venire con voi, non lasciatemi qui da solo!” Il bambino si lasciò cadere per terra e scoppiò a piangere. Così lo trovarono la sua mamma e il suo papà, e i genitori dei bambini scomparsi.
“Dove sono i nostri figli? Perché sei rimasto qui da solo? Che cosa è successo?” gli chiesero, in preda all’angoscia.
“Sono tutti là, dentro la grotta. Io non sono riuscito a entrare” raccontò tra le lacrime il bambino, indicando la montagna. Gli adulti dapprima non capirono, poi notarono la grande porta di pietra e vi si avventarono contro, cercando di aprirla.
Ma ogni sforzo fu vano. Non poterono far altro che riprendere la strada del ritorno, col cuore gonfio di dolore.
Non appena rimisero piede a Hamelin, i genitori si precipitarono da chi era stato la causa di una così grave disgrazia.
La folla inferocita si accalcò sotto le finestre del borgomastro.
“Maledetto, per colpa della tua avarizia abbiamo perso i nostri bambini. Perché non hai voluto dare la giusta ricompensa al pifferaio?” urlarono.
Il borgomastro tentò di giustificarsi, si scusò e, cercando di rabbonirli, promise: “Offro i mille scudi d’oro a chi darà notizie del misterioso straniero, e ne darò diecimila a chi riporterà i bambini sani e salvi.”
Ma passarono i giorni e del pifferaio non si ebbe alcuna notizia. Tutta Hamelin precipitò nella più cupa disperazione, e il borgomastro colpevole fu costretto a lasciare la città per sfuggire all’ira degli abitanti.
I giorni diventarono mesi. Le strade non risuonavano più delle grida e delle risate dei bambini. Ma chi più di tutti soffriva era il piccolo zoppo, l’unico bimbo rimasto in città.
“Come faccio a giocare senza la compagnia dei miei amici? Io non posso stare senza di loro” si diceva.
E un giorno gli venne un’idea. Raccolse il ramo robusto di un albero e con pazienza, un po’ alla volta, lo intagliò e gli diede la forma di un piffero simile a quello che aveva visto tra le mani del pifferaio. Quando lo finì, con altrettanta pazienza iniziò a soffiarci dentro finché non ne uscì un suono, dapprima incerto, poi sempre più sicuro. Cercò di ricordarsi anche la melodia incantata che aveva sentito suonare dal pifferaio. Si esercitò di nascosto per giorni e giorni, finché non fu in grado di riprodurre per intero la malinconica nenia.
E una notte, mentre tutta la città dormiva, il piccolo uscì di casa senza farsi scoprire, scivolò per le strade buie e uscì dalla città.
Era pronto a ripetere tutto il cammino che aveva fatto mesi prima con i suoi amici. Il cuore gli batteva forte nel petto, ma procedeva rapido e il suo coraggio era più grande della paura.
“Non ho nulla da temere, sento che presto rivedrò i miei amici” si disse, e per farsi animo suonò il suo piffero per tutto il tragitto, camminando senza sosta.
Finalmente, all’alba, giunse alla grande montagna e si sedette ai suoi piedi. “Ora vedrò se la melodia che ricordo è quella giusta e aprirà le porte della montagna” mormorò speranzoso.
E cominciò a suonare.
Il bambino suonò e suonò, poi cantò i versi della magica canzone:




Apriti, porta grande e maestosa,
rivela la grotta scura e misteriosa.
Nelle tue viscere devo entrare:
apriti, dunque, e lasciami passare.

E allora si udì un grande rombo, la porta di aprì e una fiumana di bambini si riversò fuori dalla caverna. I bambini erano tutti sani e vispi e non appena videro il loro piccolo amico gli corsero incontro. “Vai, il pifferaio ti sta aspettando” disse uno di loro. E mentre tutti uscivano il bambino coraggioso entrò da solo nel cuore della montagna.
Nessuno seppe mai che cosa disse il pifferaio al generoso bambino, e lui non volle rivelarlo a nessuno. Quando uscì dalla montagna, il suo viso era raggiante, e in mano stringeva il magico strumento del pifferaio.
“Me l’ha dato in cambio del mio” disse semplicemente. I bambini lo festeggiarono e poi tutti insieme fecero ritorno a casa, il piccolo musicista in testa, alla guida dell’allegro corteo.
Gli abitanti di Hamelin, richiamati dal frastuono e dalle note, uscirono dalla città e corsero incontro ai loro bambini.
Tutti fecero festa al piccolo zoppo e lo riempirono di doni.
Quando divenne grande, fu eletto borgomastro della città.
Su Hamelin tornò la pace e la gioia. E il pifferaio? Nessuno lo vide mai più.


1 commento:

  1. Invito a partecipare allo spettacolo: Il Pifferaio Magico
    presso il Teatro di Documenti di Roma - via Nicola Zabaglia 42: domenica 18 marzo, 15 aprile, 6 maggio 2018, ore 11 e ore 15.45
    sabato 6 maggio 2018 ore 16.30
    IL PIFFERAIO MAGICO
    uno spettacolo di Anna e Carla Ceravolo e con Renato Ferrero.
    Un flagello si abbatte su una città: una terribile invasione di topi. Non c‘è rimedio, né scampo, soltanto un anonimo pifferaio riuscirà inaspettatamente a riportare la normalità. Ma la ricompensa che gli spetta, verrà rifiutata dal borgomastro. . . Indispensabile l‘aiuto dei bambini trasformati in provetti pifferai!

    biglietti: adulti € 8 + € 3 tessera associativa, bambini € 7
    per prenotare: teatrodidocumenti@libero.it
    o per telefono: 06.5744034 – 328.8475891
    Il teatro, situato nel centro di Roma presso il Monte dei Cocci al Testaccio, è raggiungibile con i mezzi pubblici: F.S. Ostiense, F.S. Ostia Lido, Metro B, autobus 3, 23, 30, 75, 83, 170, 280, 673, 716, 719, 781.
    CARTA DEL DOCENTE:
    Sei un docente di ruolo?
    Puoi utilizzare la tua Carta del Docente per l‘aggiornamento professionale al Teatro di Documenti !

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