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lunedì 22 aprile 2013

IL GATTO E IL DIAVOLO

James Joyce ha dedicato a suo nipote Stephen Joyce questo racconto
Villers-sur-Mer, 10 agosto 1936


IL GATTO E IL DIAVOLO

Caro Stevie,
qualche giorno fa ti ho mandato un piccolo gatto pieno di dolciumi, ma poi mi è venuto in mente che forse non conosci la storia del gatto di Beaugency.
Beaugency è una deliziosa antica cittadina sulle rive della Loira, il fiume più lungo della Francia. La Loira è anche un fiume molto largo, almeno per la Francia; a Beaugency poi è così largo che da una riva all’altra ci sono almeno mille passi.
Un tempo, per attraversare il fiume, gli abitanti di Beaugency dovevano prendere il battello: mancava, infatti, un ponte. Loro non erano in grado di farsene uno da soli, né avevano abbastanza soldi per farselo costruire da qualcuno. Era un bel problema.
Il diavolo, che legge sempre i giornali, venne a sapere come stavano le cose; così indossò il suo più bel costume e andò a far visita al sindaco di Beaugency, che a quel tempo era un certo Alfred Byrne.
Questo sindaco era un tipo che amava bei vestiti. Aveva un lungo abito di velluto scarlatto e portava al collo una pesante catena d’oro che non toglieva mai, neanche quando andava a dormire. Il diavolo gli disse che aveva letto sui giornali tutta la storia e affermò di essere in grado di costruire un ponte, in modo che la gente di Beaugency avrebbe potuto passare il fiume a proprio piacimento, avanti e indietro.
Disse che sarebbe stato il più solido ponte mai costruito, e che lui ci metteva solo una notte per fare il lavoro. A questo punto il sindaco gli chiese cosa volesse come compenso.
Neanche un soldo, disse il diavolo, tutto quello che chiedo è che il primo passante che attraverserà il ponte mi appartenga.
D’accordo, disse il sindaco.
E venne la notte.
Gli abitanti di Beaugency se ne andarono a letto e si addormentarono.
Venne l’alba.
E appena misero il naso fuori della finestra cominciarono a gridare:
Per la Loira, che magnifico ponte!
Sotto gli occhi avevano infatti un magnifico ponte, solido, di pietra, lungo quant’era largo il fiume.
Tutti si precipitarono all’imboccatura del ponte e guardarono dall’altra parte. Ed ecco comparire il diavolo, avvolto da una nuvola di fumo nero, deciso a portarsi via il primo passante. Ma nessuno si faceva avanti; avevano una paura del diavolo, naturalmente.
Improvvisamente si udirono degli squilli di tromba – era il segnale che invitava i cittadini a fare silenzio – e il sindaco Messer Alfred Byrne comparve tra la folla, indossando il suo abito di velluto scarlatto e portando al collo la sua pesante catena d’oro: aveva in mano un secchio d’acqua e teneva in braccio – l’altro braccio, s’intende – un gatto.
Quando il diavolo lo vide avvicinarsi al ponte smise di danzare e aguzzò la vista. La gente parlottava e commentava, mentre il gatto osservava il sindaco, perché a Beaugency anche i gatti hanno il diritto di guardare in faccia il sindaco. Quando ne ebbe abbastanza (perché anche un gatto si stufa di guardare il sindaco) si mise a giocherellare con la catena d’oro.
Il sindaco era ormai arrivato all’imboccatura del ponte: tutti trattenevano il respiro, e una volta tanto le comari trattenevano anche la lingua.
Il sindaco depose il gatto all’inizio del ponte e senza lasciargli il tempo di capire cosa succedesse, gli rovesciò addosso il secchio d’acqua.
Il gatto, costretto a scegliere fra l’acqua e il diavolo, prese rapidamente partito, e dopo aver attraversato il ponte a grandi balzi si gettò tra le braccia del diavolo. Il quale era così arrabbiato da sembrare quasi indiavolato. “Ach, voi Belgentiluomini, bei tipi di gente gentile che voi siete – urlava da una parte all’altra del ponte – altro che persone, gatti siete, nient’altro che gatti!” “E tu piccino mio, mio poverèl micino? Non avere la paura, micio bello! Tieni freddo? Vieni; vieni, che il diavolo ti porti. Ora andiamo a scaldarci tutt’e due, giù da me”.
E in un lampo disparve.
E’ da quel giorno che gli abitanti vengono chiamati “i gatti di Beaugency”.
In compenso il ponte è sempre lì, e i bambini ci vanno a passeggio, a piedi, in bicicletta, e si fermano anche a giocare.
Spero ti sia piaciuta, questa storia.
Nonno James.

 

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