"Mamma usciamo con le biciclette, non faremo tardi!"
Davide e Guido, capelli rossi e lentiggini sul naso, nelle prime ore
pomeridiane erano soliti girovagare qua e là, pedalando a più non posso
lungo le stradine meno frequentate del centro, alla ricerca di qualche
cosa di nuovo da scoprire per i loro giochi.
"Svolta a sinistra" indicò Guido al fratello, esibendosi in una
vorticosa impennata che avrebbe sicuramente fatto arrabbiare la mamma,
come il suo continuo stare dritto sul sellino e pedalare a più non
posso, senza le mani sul manubrio.
"Ma se andiamo in quella direzione arriviamo al giardino del signor Terenzi e se ci vede sono guai", sbuffò Davide.
"Vieni, fifone, seguimi" lo rimproverò Guido fischiettando e facendo spallucce.
Il giardino del signor Terenzi era ricco di piante sempreverdi e fiori
di ogni tipo, ma il disordine e l'erbaccia regnavano sovrani.
Al centro vi era una antica fontana disadorna dalla quale si diceva
fuoriuscissero strani suoni e, per questo motivo, tutti evitavano di
passeggiare lì vicino.
I due fratelli, però, non avevano mai avuto occasione di sentire quelle strane voci e neppure i loro compagni di scuola.
"Sentivo dire dal fornaio che mettono paura, soprattutto di notte" disse Davide spingendo con forza sui pedali.
"Magari si tratta di qualche animale che è rimasto intrappolato sul
fondo" "E se invece si scopre che i fantasmi esistono?" gridò Guido
tagliandogli la strada con la bici, nel tentativo di seminarlo.
Il giardino era custodito da un vecchio cane, un mastino napoletano
buono come il pane ma così stanco e avanti con l'età che bere l'acqua
dalla ciotola distante pochi centimetri era ardua impresa.
"Dai, scavalchiamo la recinzione, il vecchio Tob non si accorge di nulla tanto è pigro".
Così dicendo Guido buttò a terra la bici ed iniziò la scalata della rete metallica che cingeva la proprietà privata.
Davide lo seguì mal volentieri.
Si avvicinarono pian piano alla fontana e rimasero in silenzio ad
ascoltare: nulla, nessuna voce, nessun lamento, nulla di nulla.
Non si accorsero però che il signor Terenzi li aveva visti dalla
finestra e stava blaterando chissà quali parole, agitando il bastone con
la mano.
I due ragazzi se la diedero perciò a gambe, ma decisero di tornare più tardi, con gli altri compagni di scuola.
Infatti, poco prima dell'imbrunire, un gruppetto di biciclette
sistemate alla bene meglio lungo il ciglio della strada avvertì che i
ragazzi avevano in mente qualcosa: Davide e Guido avevano trascinato fin
là altri due coetanei e si stavano avvicinando alla fontana.
"Pare
che quando si fa buio si sentano degli strani versi provenire dal fondo,
ne avete sentito parlare anche voi?" azzardò timidamente Davide.
I quattro si sedettero sull'erba fresca del prato e rimasero in silenzio ad ascoltare.
Si udiva soltanto in lontananza il latrare di qualche cane e il clacson delle auto che sfrecciavano in curva.
Improvvisamente una delicata melodia salì dalla fontana: era una musica
dolcissima e lieve, non come l'avevano descritta i grandi. E più saliva
in cielo più diveniva meravigliosa.
I ragazzi, increduli, rimasero
affascinati da tanta bellezza. A distogliere la loro attenzione da quel
fatto misterioso fu la luce della casa del signor Terenzi che si accese
ed il vecchio uscì urlando "Ancora questo maledetto rumore, non ne posso
più! Domani farò buttare giù definitivamente quella fontana!".
I ragazzi, in un primo momento, non capirono.
"Ma non è un rumore questo, questa è musica" disse Guido alzandosi.
"Una musica leggera che riempie il cielo, non sentite anche voi?".
I ragazzi fecero cenno di sì con la testa.
Eppure Terenzi aveva detto "rumore..." "Il cuore dei grandi non sente
come quello dei bambini" disse Davide con lo sguardo rivolto al cielo
"Ecco la risposta".
A quelle parole i suoi compagni rimasero in silenzio, sorridendo, felici.
"Che peccato che i grandi non riescono a sentire come noi" replicò
Guido "E a vedere con i nostri occhi le cose fantastiche che ci
circondano. Eppure sono lì, davanti a loro, tutti i giorni".
"Potremmo aiutarli a ritornare un poco bambini, se non ce la fanno da
soli" soggiunse il fratello, rivolgendo ancora un veloce malinconico
sguardo alla fontana.
Ripresero le biciclette e fecero ritorno alle loro case senza fretta, senza parlare.
Si salutarono, dandosi appuntamento a scuola, l'indomani.
(di Greta Blu, lagirandola.it)
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